Una
donna
di
Annie Ernaux
L’orma
Editore
Narrativa
Pagg.
99
ISBN
9788899793470
Prezzo
Euro 15,00
L’elaborazione
del lutto
Mi
è occorso poco tempo per leggere questo libriccino e ancor
meno per rileggerlo, perché le pagine sono poche (in tutto 99)
e lo stile è talmente scorrevole che scivola via, come una
goccia di pioggia sul vetro di una finestra.
In
breve la storia è questa: la madre dell’autrice, anziana
e malata di Alzheimer, ricoverata in una struttura specializzata,
muore. L’evento, per quanto certo e comune a tutti gli esseri
viventi, diventa un dramma per la figlia; quella consapevolezza che
chi l’ha messa al mondo e l’ha cresciuta non c’è
più e che non potrà più rivedere accanto a sé
necessita di un inconscio, ma indispensabile processo di elaborazione
che si estrinseca nel ricordo, a partire da quello che ha appreso da
altri della vita della sua genitrice quando questa era ancora una
bimba. Poi, il tempo scorre e dal matrimonio della madre nasce lei,
Annie, ed è allora che la memoria frutto di accadimenti che
l’hanno toccata si fa più dolorosa, emergono caratteri,
dolcezze, contrasti, è un film la cui pellicola si svolge
senza poterla fermare. Affiorano anche punte di rimorso per quello
non detto o fatto e che si sarebbe dovuto dire o fare, e anche quello
che si è detto e si è fatto, e non si sarebbe dovuto né
dire né fare. E’ un percorso obbligato, l’unico
perché possa essere attutito il dolore e sia accettata la
morte di una persona cara come un evento del tutto naturale. E’
una cesura netta con il passato, tanto che il libro si conclude con
queste parole: “Non ascolterò più la sua voce.
Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di
ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono
stata. Ho perso l’ultimo legame con il mondo da cui provengo.”.
A
primo colpo può sembrare un racconto banale, perché in
fin dei conti tutti ci siamo passati, ma il genio dell’artista
è nel rendere del tutto eccezionale ciò che è
solitamente normale, è la capacità di dire e scrivere
con parole semplici, ma mirate quella che è la vita,
appassionando chi legge, avvincendolo, consentendogli di essere
partecipe all’elaborazione di un lutto che, se non ha già
sperimentato, prima o poi diventerà una fase della sua
esistenza.
E’
il primo libro che leggo di questa autrice francese che ha ricevuto
nel 2022 il prestigioso Premio Nobel per la letteratura e mi è
piaciuto, mi ha avvinto dalla prima all’ultima pagina, ho
partecipato alla elaborazione del suo dolore come se sua madre fosse
stata mia madre, perché anch’io ho percorso dentro di me
lo stesso doloroso itinerario dopo la scomparsa della mia genitrice.
Io non ho saputo però raccontarlo, mentre lei ha vergato sul
foglio le parole di un intimo tormento, fino a quando – ne era
ben consapevole, avendone timore – lo stratagemma della
memoria, che tanto serve a mantenere in vita un defunto, sarebbe
crollato con la definitiva certezza della perdita della persona cara.
E’
un libro di grande sensibilità e di rara bellezza e quindi è
senz’altro più che meritevole di lettura.
Annie
Ernaux
(Lillebonne, 1 settembre 1940) è una scrittrice francese
vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura 2022. Di famiglia
operaia, ha vissuto fino all’adolescenza in Normandia,
mantenendo in seguito un forte legame con l’ambiente sociale
d’origine e le tematiche della differenza di classe. Ha
esordito con il romanzo Gli
armadi vuoti (Les
Armoires vides,
1974), nella tradizione del realismo sociale, cui è seguito Il
posto (La
place,
1984), ricostruzione del proprio ambiente familiare. Nei romanzi
successivi ha continuato a indagare, in un linguaggio «vero»,
che si vuole oggettivo e depurato da evasioni stilistiche o di
finzione romanzesca, i luoghi e le sensazioni della propria
autobiografia al femminile: Passione
semplice (Passion
simple,
1991), La
vita esteriore (La
vie extérieure,
2000, nt), Perdersi (Se
perdre,
2001, nt), L’uso
della foto (L’usage
de la photo,
2005, nt), L'altra
figlia (L'autre
fille, 2016). Gli
anni (Les
années,
2008), pubblicato da L'orma nel 2016, è vincitore del Premio
Strega Europeo 2016 e finalista del Premio Sinbad 2015 -
Narrativa straniera. Con L'Orma ha pubblicato Memoria
di ragazza (2017), La
vergogna (2018)
e La
donna gelata (2021).
Nel
2022 è vincitrice del Premio Nobel per la letteratura con la
seguente motivazione: "per il coraggio e l'acutezza clinica con
cui scopre le radici, le estraneità e i vincoli collettivi
della memoria personale".
Renzo
Montagnoli
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