Sotto
la sabbia dorata
Prigionia
in Africa
di
Daniele Astolfi
Edizioni
Tabula Fati
Pagg.
144
ISBN 979-12-5988-159-5
Prezzo
Euro 12,00
Guerra
e prigionia
Fra
le cose lasciate alla sua morte da Antonio Astolfi figura anche un
manoscritto ingiallito, centoquindici fogli di carta che
costituiscono il suo diario della guerra in Africa e della successiva
prigionia. Il nipote Daniele, oltre a sentirsi in dovere di leggerli,
li ha anche opportunamente trascritti, a beneficio non solo suo e dei
familiari, ma, grazie alla pubblicazione, anche di terzi che così,
leggendo, sono venuti a conoscenza del dramma che ha colpito tanti
italiani che hanno combattuto in Libia. Personalmente il mio
interesse è stato un po’ diverso, perché pagina
dopo pagina ho cercato di ripercorrere gli stessi itinerari, di
rivivere gli stessi eventi della guerra mio padre, che era presente
nella stessa epoca e nei medesimi luoghi, non come fante delle
Camicie nere, bensì come sottufficiale dell’artiglieria
contraerea. Avevo sperato, dalla foto di copertina che riproduce un
cannone da 90/53 (il pezzo antiaereo più moderno in dotazione
al Regio Esercito) che anche Antonio Astolfi fosse un artigliere e
magari un compagno di batteria di mio padre, ma come ho indicato non
è così; rimane però la stessa esperienza, nello
stesso teatro e nei medesimi giorni. Quindi leggendo del nonno
dell’autore è come se rivivessi l’analoga vicenda
di mio padre, con gli stessi sentimenti e perfino le stesse
sofferenze. Antonio Astolfi aveva già una pratica d’Africa
avendo militato in Libia prima della guerra e mi par di capire che
gli fosse maturato qualche dubbio sull’invincibilità
degli italiani, dubbio accentuato già all’inizio del
conflitto, con i disordini organizzativi, con i mezzi inadeguati, con
lo scarso cibo e la ancor più scarsa acqua; la controffensiva
nel dicembre 1940 del generale inglese Archibald Wavell tolse ogni
dubbio, acclarò drammaticamente la nostra impreparazione e
così Antonio Astolfi fu partecipe di una sanguinosa ritirata
che si concluse per lui con la prigionia. Come mio padre fu tradotto
al campo di Ismailia in Egitto, un lager dei peggiori, dove il cibo
era una rarità e pure l’acqua non abbondava, forse più
simile a un lager tedesco che a una struttura di detenzione. Per
fortuna mio padre vi rimase poco a differenza di Antonio che vi
soggiornò diversi mesi. E poi i trasferimenti in treno, con
gli egiziani che non si limitavano a sfottere i prigionieri, ma
tiravano loro dei sassi e, quando passavano sotto i ponti, gli
orinavano in testa. Poi, finalmente, uscì un raggio di sole
con il trasferimento, via nave, in Sud Africa, al grande campo di
Zonderwater dove, per fortuna, il comandante, il sudafricano Hendrik
Prinsloo, si rivelò persona dotata di grande umanità
(mio padre mi ha parlato spesso di questo campo, di un soggiorno che
non poteva definirsi ideale perché mancava la libertà,
ma di mesi trascorsi senza più patemi d’animo,
nell’attesa con la certezza, più che con la speranza, di
un ritorno in patria che ogni giorno si avvicinava).
E
infine il rientro in Italia, un’Italia tutta da ricostruire, e
con la gente che stentava a credere a quanto raccontavano i reduci.
Ma la vita, quella vera, fra gli affetti, ricominciava.
Da
leggere, per chi desidera una diretta testimonianza storica, per chi
non può sapere cosa significhi il sacrificio, affinché
si possa comprendere che i libri di storia, per quanto utilissimi e
completi, non possono mai riportare i timori, le ansie e il dolore di
chi, in quei fatti così scientificamente descritti, è
stato ignoto protagonista.
Daniele
Astolfi,
nato ad Arsita (Te) nel 1959, risiede a San Giovanni Teatino (CH).
Laureato in Sociologia all’Università “Carlo Bo”
di Urbino. Giornalista pubblicista, collabora con il quotidiano “Il
Messaggero”. Vicesegretario (collaboratori) del Sindacato
Giornalisti Abruzzesi. Ha pubblicato alcune sue poesie in Cuore,
viaggio nel pensiero (Alfonso
Mammarella Editore 1991) e in Una
luce in fondo al tunnel a
cura di Luigi A. Medea (Cannarsa Editore, 1992). Attualmente ricopre
il ruolo di export manager in un’azienda italiana.
Renzo
Montagnoli
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