Sotto
la Sua mano
di
Piero Chiara
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Narrativa
Pagg.
168
ISBN
978-8804115649
Prezzo
Euro 10,00
Contro
il logorio della vita
Anni
fa c’era una pubblicità in televisione di un noto amaro
definito come il rimedio contro il logorio della vita moderna. Se a
questo logorio aggiungiamo attualmente i drammi della guerra in
Ucraina e in Siria, quelli del terremoto che ha colpito soprattutto
la Turchia e quello dei naufragi in cui incappa gente disperata, una
persona normale non si può dimostrare insensibile, ma ci sono
evidenti contraccolpi sulla sua psiche. Non è più
sufficiente la magica bevanda, ma per avere un minimo di
tranquillità occorre estraniarsi e il modo migliore è
di leggere un libro che non ponga ulteriori problemi, ma che
costituisca un sano svago pur senza che riporti delle totali
banalità. Per questo abbiamo un autore, purtroppo già
scomparso, che è senz’altro uno dei migliori narratori
che ci sia stato nel nostro paese e mi riferisco a Piero Chiara, il
cantore delle piccole realtà e anche l’uomo che con la
sua innata ironia, nel prendere in giro i comportamenti umani,
finisce con l’accettare se stesso, riservando analogo
trattamento a chi legge le sue opere.
Prendiamo
questi tre racconti, riuniti in un unico volume a cui è stato
dato come titolo quello del primo, Sotto la Sua mano. Sono
pochi, certamente, ma oltre a essere abbastanza lunghi sono anche
vari. L’inventiva dello scrittore è dimostrata
ampiamente, cosa di cui non dubitavo, ma in uno dei tre arriva a
superarsi e mi riferisco proprio al primo, quello del titolo. Come
noto ad Arona c’è il santuario eretto in onore di San
Carlo Borromeo, con la sua gigantesca statua, da tutti chiamata il
Sancarlone, meta di continui pellegrinaggi, complice anche il
panorama che si può godere salendo dall’interno fino in
cima, alla testa. Ebbene, la creatività di Chiara trasfusa ad
ampie mani nel racconto parte da epoca remota, addirittura romana ai
tempi dell’imperatore Settimio Severo, allorché il
procuratore Tito Cornasidio, appassionato di antichità,
compra, pur con i dubbi del caso, i resti del famoso colosso di Rodi,
resti costituiti da una certa parte anatomica che per decenza non
nomino, ma che con un po’ d’intuito il lettore può
indovinare, reperto che, attraverso diverse peripezie, giunge in
Italia fino ad arrivare nei pressi di Arona dove per cause di forza
maggiore viene abbandonato per essere poi ritrovato secoli dopo e
utilizzato nella fusione della statua del Sancarlone, per la
precisione per la testa e per le mani. A rendere un po’ più
attendibile l’invenzione Chiara parla di una sua visita a un
sacerdote suo lontano parente per una ricerca in cui viene
casualmente a conoscenza di questo ritrovamento in epoca romana.
L’ironia è assicurata, lo stile fresco, giovanile
dell’autore coinvolge il lettore che si costringe a credere
come vera la vicenda e proprio per questo le risate non mancano. Chi
pensa che possa trattarsi di un’offesa alla religione stia
tranquillo, perché San Carlo Borromeo non viene toccato nella
sua santità, anzi è pure lui vittima di questa sorta di
scherzo che è tuttavia una necessità, stante la penuria
di bronzo e la necessità di ultimare la statua.
Il
secondo racconto si intitola La banca di Monate e già
da qui è più che mai logico aspettarsi qualcosa di
particolare, perché se è vero che Monate, con il suo
lago, esiste, è altrettanto vero che con quel termine sono
designate le fesserie, o per restare nello spirito di Chiara, le
coglionate. Si tratta di una satira del mondo finanziario, ritratto
garbatamente, ma anche con tono deciso; è inoltre
rappresentativo dell’Italia nel periodo che si apre con la fine
della Grande Guerra e che si chiude con l’avvento del fascismo,
in un luogo in cui si sviluppano tante iniziative industriali,
accompagnate dal sistema bancario. Sinteticamente è quasi un
giallo con una soluzione finale che ahimè anticipa i tempi e
rispecchia di come adesso va il mondo.
Terzo
e ultimo è Il giocatore Coduri, una descrizione
perfetta di questo personaggio, quasi un’istituzione del bar
del paese, un personaggio a suo modo misterioso che sembra
insostituibile, anche perché perde regolarmente e altrettanto
regolarmente paga, tanto che ci si chiede come faccia ad avere così
tanto denaro; per il resto è insignificante tanto che quando
muore, se ci si attendeva qualche contraccolpo, questo non c’è,
perché era una figura che si notava quando era presente, ma
la cui assenza si fa presto a dimenticare.
Da
leggere.
Piero
Chiara nacque
a Luino nel 1913 e morì a Varese nel 1986. Scrittore
tra i più amati e popolari del dopoguerra, esordì
in narrativa piuttosto tardi, quasi cinquantenne, su
suggerimento di Vittorio Sereni, suo coetaneo, conterraneo e grande
amico, che lo invitò a scrivere una delle tante storie che
Chiara amava raccontare a voce. Da Il
piatto piange (Mondadori,
1962), che segna il suo esordio vero e proprio, fino alla morte,
Chiara scrisse con eccezionale prolificità, inanellando un
successo dopo l'altro.
E’
stato autore particolarmente fecondo e fra le sue numerose
pubblicazioni figurano Il
piatto piange (1962), La
spartizione (1964), Il
balordo (1967), L’uovo
al cianuro e altre storie (1969), I
giovedì della signora Giulia (1970), Il
pretore di Cuvio (1973), La
stanza del Vescovo (1976), Il
vero Casanova (1977), Il cappotto di
Astrakan (1978), Una
spina nel cuore (1979), Vedrò
Singapore? (1981), Il
capostazione di Casalino e altri 15 racconti(1986).
Renzo
Montagnoli
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