Senilità
di
Italo Svevo
Garzanti
Edizioni
Narrativa
Pagg.
XXXVI-202
ISBN
9788811363552
Prezzo
Euro 8,00
Vivere
nel grigiore
Secondo
romanzo, dopo Una vita, Senilità venne dato
alle stampe nel 1898 per i tipi della Ettore Vram. Tuttavia, non era
sconosciuto al pubblico, almeno quello locale, perché era stato
pubblicato in 79 puntate (dal 15 giugno al 16 settembre 1898),
peraltro con parecchi refusi, sul quotidiano irredentista triestino
"L´Indipendente". In breve è la storia di Emilio Brentani, un
uomo di poco conto, incapace di prendere le decisioni che contano,
infelice per aver tanto bramato l´amore e il piacere senza averli
però raggiunti. In lui ormai vive una sorta di rassegnazione e di
abulia, tipica dell´uomo che si lascia prendere e trasportare dal
vento dell´esistenza, chiuso nei suoi ricordi, atteggiamento questo
proprio di una vecchiaia spirituale, da cui appunto il titolo
Senilità. Detto così sembrerebbe un romanzo con una trama
pressoché assente, ma non è così; ovviamente non aggiungo altro,
perché ben mi guardo di togliere a chi interessato il piacere della
lettura. Svevo, che rammento non è il cognome dell´autore, che si
avvale di uno pseudonimo, perché in effetti si chiamava Aron
Hector Schmitz ,
e parlava indifferentemente in tedesco e in italiano, laddove
l´italiano è una lingua mutuata dal triestino, non nutre simpatia
nei confronti di Emilio Brentani, ma si fa supportare da una nota
ironica in quanto per certi aspetti il personaggio principale
assomiglia all´autore stesso, costretto a un lavoro, quello di
banca, che non gli piace e che pratica solo per necessità
economiche. Pur tuttavia, al di là di quello che può essere lo
spunto autobiografico, Senilità ha uno scopo ben più ampio,
mettendo ben in evidenza le frustrazioni, l´insoddisfazione
dell´intellettuale della piccola borghesia, dividendo la società
fra lottatori, che cercano di emergere, e contemplatori, che si
limitano a essere spettatori del palcoscenico su cui si svolge la
commedia dell´esistenza. E nel romanzo queste due classificazioni
sono ben rappresentate da quattro personaggi, quasi a voler
dimostrare che l´autore ha saputo ben osservare, senza intervenire
nel ciclo della vita, rientrando quindi nella categoria dei
contemplativi.
Da
ultimo una notizia e cioè che dal romanzo nel 1962 è stato tratto
un film, con lo stesso titolo, diretto da Maro Bolognini e
interpretato da un eccellente Anthony Franciosa, nella parte di
Emilio Brentani, nonché da Claudia Cardinale, Betsy Blair e Philippe
Leroy.
Per
quanto superfluo il consiglio è senz´altro di leggere questo
libro.
Italo
Svevo,
pseudonimo di Aron
Hector Schmitz (Trieste, 19 dicembre 1861 - Motta di Livenza, 13
settembre 1928) Di
famiglia ebraica per parte di madre, e di padre tedesco, compì gli
studi medi in Baviera; nel 1879 si iscrisse all'Istituto superiore di
commercio di Trieste, ma l'anno seguente, per problemi economici
familiari, dovette trovare un impiego in una banca, dove lavorò per
vent'anni. Fu questo anche il periodo del suo apprendistato
letterario: cimentatesi in articoli, abbozzi di racconti, pagine
autobiografiche, nel 1890 fece uscire a puntate, su «L'Indipendente»,
la sua novella 'L´
assassinio di via Belpoggio'.
Nel
1892 pubblicò il suo primo romanzo, 'Una
vita'.
Nonostante la già evidente abilità del narratore, il romanzo passò
inosservato; identica sorte toccò sei anni dopo al suo secondo
libro 'Senilità' (1898),
storia dell'amore di un non più giovane letterato per la sfuggente
Angiolina.
Seguì
a queste delusioni un lungo periodo di silenzio.
Dopo
essersi sposato con Livia Veneziani e aver avuto un figlio, nel 1899
entrò come socio nella ditta commerciale del suocero, della quale
assunse in seguito la direzione. Per ragioni di lavoro risiedette in
Inghilterra, Francia e Germania.
Fu
questa una fase di quasi totale rimozione della letteratura.
Nel
1905 conobbe J. Joyce (che a Trieste viveva facendo l'insegnante
d'inglese). Solo nel 1923 pubblicò un'altra opera, il romanzo 'La
coscienza di Zeno',
che Joyce fece conoscere al famoso scrittore e critico V. Larbaud e
che nel 1925 venne favorevolmente recensito da Eugenio Montale sul
periodico «L'Esame». Del 1927 la novella 'Vino
generoso' e
del 1928 la raccolta di racconti 'Una
burla riuscita'.
Proprio nel 1928 Svevo moriva per un incidente
automobilistico.
Postumi:
1930 'La
novella del buon vecchio e della bella fanciulla';
1949 le novelle 'Corto
viaggio sentimentale';
1954 un volume di Saggi e pagine sparse; 1960 le Commedie, sei testi
(tra cui è da ricordare soprattutto 'Il
marito').
La
cultura di Svevo poggia sulla conoscenza dei classici italiani,
tedeschi, francesi, ma anche sulla dimestichezza con la filosofia di
Schopenhauer e soprattutto, sulla "frequentazione" del
pensiero di Freud.
Nell'ambito
della
letteratura italiana l'opera di Svevo segna il trapasso dal verismo a
una nuova visione e descrizione del reale, più analitica e
introversa, svincolata da certe «cristallizzazioni»
tradizionalmente presenti nella narrativa, quali il personaggio, le
ordinate categorie temporali, l'univocità degli eventi.
I
dati realistici vengono usati sempre più come specchi per chiarire i
complessi e contraddittori moti della coscienza.
Al
centro delle proprie storie Svevo pone pur sempre un solo personaggio
(al quale gli altri fan da coro, per lo più antagonista): un
individuo abulico e infelice, incapace di affrontare la realtà e che
a essa costantemente soccombe, ma che nello stesso tempo tenta di
nascondere a se stesso la propria inettitudine, sognando evasioni,
cercando diversivi, giustificazioni e compensi.
L'opera
di Svevo è stata di volta in volta avvicinata (non senza ragione) a
quella di Proust, Joyce, Kafka, Musil, Pirandello, e costituisce uno
dei momenti più importanti della letteratura europea del
Novecento.
Parzialmente
tratta da: Enciclopedia
della Letteratura Garzanti
Renzo
Montagnoli