Favole di Natale
di Gabriele D'Annunzio
Presentazione di Luca D'Arcangelo
Edizioni Solfanelli
Narrativa - fiabe
Pagg. 95
ISBN: 978889757123
Prezzo: € 7,00
Di questo autore fecondo ed eclettico
(poeta, narratore, drammaturgo e commediografo) mi mancava solo il genere
fantastico ed ecco allora che ho scoperto, grazie all'editore
Solfanelli, anche questa autentica chicca,
cioè cinque favole, di cui quattro attinte da leggende popolari abruzzesi.
La prima del volume, intitolata Un albero in Russia, non è una vera e
propria fiaba, ma una sorta di avventura natalizia di due aristocratici russi e
assomiglia più alla bozza di un normale racconto, non destando peraltro
particolare interesse.
Invece, assai più importanti sono le
altre quattro, una rivisitazione della tradizione popolare abruzzese tramandata
oralmente e che D'Annunzio ha fissato sulla carta a modo suo. E quando dico a
modo suo, pur riconoscendogli innegabili qualità letterarie, soprattutto nell'uso
appropriato della lingua italiana, devo purtroppo lamentare l'eccessiva
leziosità dello stile, con descrizioni sì di grande effetto, ma talmente
minuziose che, oltre a non lasciar spazio alla fantasia del lettore, finiscono
con il far passare in secondo piano la trama vera e propria.
Certo, è ben noto che l'eccesso è
radicato in D'Annunzio, sia come uomo che come autore, e questo deriva da una
vera e propria fobia narcisista, da un compiacimento di fare ogni cosa per dare
risalto a se stesso. Così l'opera non acquisisce quel carattere di autonomia
che la impreziosisce, ma diventa un mezzo per pervenire a un'autocelebrazione.
Lucio D'Arcangelo, che ha stilato un'eccellente presentazione di questo
volume, ne è ben conscio se scrive “ Al
D'Annunzio narratore è stata spesso rimproverata la tendenza ad usare la
descrizione a scapito della narrazione vera e propria.” E ovviamente corre al riparo, citando Henry James che dell'autore
italiano ha scritto “ D'Annunzio possiede
la qualità supremamente interessante del narratore: quella di fissare, per così
dire, il tono di ogni gruppo di oggetti cui si avvicina, di fissarlo con
densità e intensità “. Al riguardo però non bisogna dimenticare lo stile di
questo scrittore americano, caratterizzato da lunghe frasi e digressioni,
infarcite di aggettivi, con una minuzia di descrizioni analoga a quella di
D'Annunzio e così si può facilmente spiegare il giudizio entusiasta.
Molto più personalmente ritengo che
D'Annunzio poteva
essere un grandissimo scrittore se fosse stato un uomo con un po' più di
umiltà, che certo gli difettava.
Comunque, le favole si lasciano
leggere, pur con i limiti stilistici di cui ho detto e sono più adatte a degli
adulti che a dei bimbi. Fra tutte la mia preferenza va
a alla breve Il tesoro dei poveri, in
cui, guarda caso, l'autore ha privilegiato la trama e il messaggio alla
scrittura vera e propria. Questa favola è veramente bella e da sola vale
l'intero libro, anzi consiglio vivamente di leggerla, perché il suo significato
è talmente profondo che vi sembrerà di trovarvi di fronte a un D'Annunzio
diverso, e forse, quando la scrisse, diverso lo fu veramente, perché antepose a
se stesso una vicenda che nel finale è impreziosita da tonalità poetiche di
notevole effetto.