Se questo
è un uomo
di Primo
Levi
Postfazione di Cesare Segre
Copertina di Fabrizio Farina
Einaudi
Narrativa romanzo
Pagg. 209
ISBN: 9788806176556
Prezzo: € 9,80
Ancor oggi, anzi ora più che in passato,
ci sono non pochi che dubitano che vi sia stato effettivamente l'olocausto.
Accanto a quelli che per ideologia lo negano ci sono molti scettici e,
purtroppo, tanti, troppi agnostici che si disinteressano completamente del
problema.
I giovani, poi, nati molti anni dopo
la fine della seconda guerra mondiale, ne hanno una vaga conoscenza, spesso
maturata visionando pellicole sull'argomento, con il risultato che un'immane
tragedia sta per venire sepolta dalla polvere del tempo e dell'indifferenza degli
uomini.
I campi di sterminio, i famigerati
lager non sono purtroppo una leggenda, ma una realtà che non deve essere
dimenticata.
In questo senso la lettura di libri
come Se questo è un uomo di Primo
Levi non solo è opportuna, ma indispensabile e
dovrebbe essere oggetto degli studi scolastici, per sapere, per capire, per
evitare che un giorno ci siano nuovi olocausti.
Ogni volta che lo apro, che ne scorro
le pagine soffermandomi su un punto o sull'altro, ritrovo l'emozione provata
nel corso della prima lettura, perché il pregio della narrativa di Levi è di
essere non romanzata, ma la descrizione della pura e semplice verità. L'autore,
che racconta in prima persona essendo stato rinchiuso ad Auschwitz, non ricorre
all'enfasi, né va alla ricerca della facile commozione, ma, con tono quasi
distaccato, parla della sua esperienza e, pur descrivendo sofferenze e
patimenti, ha il pregio di effettuare riflessioni che donano all'opera una
valenza generale, non limitandola a una dolorosa esperienza personale.
In lui c'è pacatezza, desiderio di
comprendere per rendere partecipe il lettore di una grande tragedia che supera
ogni umana immaginazione.
Le lunghe giornate invernali, coperti
da abiti che non riparano dal freddo, l'alimentazione insufficiente, i carichi
di lavoro eccessivi, la spersonalizzazione dell'individuo che perde il suo
nome, sostituito da un numero tatuato sul polso, portano in pochissimo tempo a
un generale abbrutimento, in uno stato quasi vegetativo, dove ciò che conta è
solo il presente, essendo il futuro anche prossimo del tutto inimmaginabile. E'
in queste condizioni che all'eccesso emergono le caratteristiche degli
individui.
I deboli si lasciano andare, sono le
vittime designate delle prossime selezioni fra chi ancora potrà vivere e chi
invece sarà avviato alle camere a gas.
I raziocinanti rafforzano il loro
spirito di conservazione e operano per sopravvivere giorno per giorno, per
lavorare meno, per mangiare un po' di più, arrivando perfino al punto di
collaborare con l'aguzzino. E se fra questi la quasi totalità cerca di
instaurare un rapporto con il carnefice che gli consenta di tirare ancora un
po' avanti, ce ne sono altri che, per attitudini, diventano simili alle crudeli
SS e questi sono i Kapò, indispensabili peraltro nella gestione del campo di
concentramento, vigilato da un ristretto numero di militari nazisti.
Levi ci descrive così una varia
umanità, per lo più cenciosa, spettri che si agitano nelle tormente di neve,
che s'impantanano nel fango primaverile, che boccheggiano nell'arsura estiva,
tutti figuranti di una danza macabra che porterà all'annientamento della
dignità umana e alla distruzione del Terzo Reich.
Ci sono pagine che non si possono
dimenticare, sopra tutte le ultime, con i russi ormai alle porte e con i
nazisti che eliminano gli ultimi prigionieri rimasti, fatta eccezione, per un
motivo che non si saprà mai, per i ricoverati nell'ospedale da campo, forse
perché ritenuti insanabili. Fra questi c'è l'autore che, questa volta con una
commozione che passa dalla pagina all'animo del lettore, ci racconta delle
giornate di ritrovata libertà nell'attesa dell'arrivo dell'Armata Rossa. E'
forse l'unico momento in cui, ipotizzando un futuro, l'uomo non è più così
pragmatico e l'essere consapevole di esistere ancora, nonostante tutto, lo porta a scrivere
della penosa fine di alcuni suoi ultimi compagni di sventura. Riaffiora così,
se pur frenata, la pietà “Somogyi si accaniva a
confermare alla morte la sua dedizione.”
Se
questo è un uomo è un capolavoro?
Lo è, per lo stile narrativo, per il
modo di affrontare il tema trattato, per la capacità dell'autore di raccontarci
la pura e semplice verità, pur essendo parte della vicenda.
Primo
Levi (1919 – 1987). Ha scritto anche La chiave a stella, I sommersi e i
salvati, Se non ora, quando?, Il sistema periodico, I
racconti, L'altrui mestiere, La ricerca delle radici, La tregua, L'ultimo
Natale di guerra e Dialogo (con Tullio Regge).