Acqua ferma
Vito osservava lo specchio d'acqua immobile, in
parte ombreggiato da alcuni salici; la calura del pomeriggio lì non era ancora
arrivata e, benché fosse ben presente il lezzo del liquido stagnante e
l'inevitabile moltitudine di moscerini e di zanzare, si poteva chiaramente
avvertire un senso di refrigerio.
Più osservava la superficie immobile, più si
sentiva irresistibilmente attratto dalla stessa; era uno specchio nel quale si
rifletteva la sua immagine, immobile anch'essa, come fermata nel tempo.
E la mente vagava a ritroso alla ricerca di tante
altre identità che avevano contrassegnato la sua vita; ecco, dapprima sfocata,
e poi sempre più nitida, l'immagine di una donna, sua madre, sorridente a un
bimbo in fasce, lui stesso.
Come istantanee emergevano figure sopite, ma mai
dimenticate, ricordi di un passato accantonati nella memoria per essere fatti
riemergere quando era necessario, e ora non era solo necessario,
ma indispensabile: il tempo correva e nel giorno della vita sempre più
prossima si faceva la sera. Come prolungare la luce, come ritardare il buio, se
non ricorrendo alle esperienze trascorse? Con quale forza avrebbe potuto
pensare di ricominciare nuovamente, se non partendo dal passato?
Volti
diseguali si disegnavano sulla superficie dello stagno, appartenuti o
appartenenti a persone che avevano segnato la sua vita: il primo amore, il
nonno che troppo presto lo aveva lasciato, quello dell'amico fidato che poi non
si era rivelato tale, la moglie defunta, che tanto aveva amato e per la quale
ormai provava solo affetto, perché l'amore è tale solo se può essere
ricambiato; l'insulso sorriso di una donna che lo aveva tradito, lo sguardo
sereno e allegro di suo padre che non poteva più essere replicato dai suoi
occhi ormai spenti.
Ad un tratto apparve una figura senza volto che gli
tendeva le braccia esili, che invocava la sua
presenza: quella del figlio tanto desiderato e mai avuto.
Possibile che nella sua vita ci fosse posto solo per
tristezze? No, non erano tristezze, erano le gioie di effimeri momenti che
provavano invece che aveva vissuto.
Poi, lentamente prese corpo l'immagine di una donna
dai rossi capelli, un'immagine vitale che lo scosse dal torpore; era anch'essa
nella sua mente? Sì, sempre era presente; poco a poco era entrata in lui, nella
sua vita, come un messaggio di speranza: un misto di dolcezza e di vitalità, il
futuro che non avrebbe mai sperato.
“Andiamo, si è fatto tardi” e Vito si volse: lei
era lì, accanto a lui, i capelli rossi appena mossi da un refolo di vento. Lo
prese sottobraccio, stringendolo a sé. Vito quasi si aggrappò a lei, poi,
quando vide il suo sorriso gentile, si ritrasse.
“Un attimo
solo”. Raccolse un sasso e lo gettò nello stagno; l'acqua, non più ferma, fu
percorsa da cerchi sempre più larghi.
“Ecco, adesso possiamo, dobbiamo andare” e si
incamminarono con passo leggero, mano nella mano.