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  Racconti  »  Noir  »  Candele 28/01/2006
 

Nella giornata grigia, uggiosa, con una pioggerellina insistente che consigliava, ove possibile, di stare al coperto, un uomo camminava lentamente, senza ombrello, quasi non avvertisse quel fastidio. Giunto nella piazza della cattedrale salì in fretta i gradini del tempio, sostò cinque minuti sotto il colonnato, giusto il tempo di fumare una sigaretta, poi entrò.

L'interno, nonostante le grandi vetrate dipinte, era quasi immerso nell'oscurità e aumentava il senso di grandezza della costruzione, un gotico giustamente famoso per la sua eleganza, meta di migliaia di turisti che, tuttavia, in quel giorno di pioggia, erano assenti.

Si segnò, poi volse lo sguardo all'intorno, cercando di focalizzare ogni particolare, fino a quando la sua attenzione si concentrò sul confessionale. Lo raggiunse rapidamente, si accomodò e suonò il campanello di chiamata.

Nell'attesa, si asciugò i capelli con il fazzoletto e rimase a fissare il graticcio, oltre il quale avrebbe preso posto il confessore. Era assorto, senza pensare a nulla, una sorta di catalessi che gli consentiva di recuperare energie e pensieri, quando udì chiaramente avvicinarsi dei passi;  poi sentì che qualcuno si accomodava dall'altra parte e infine…

 

- Buongiorno, sono Padre Pierre, il confessore.

L'uomo ebbe un sorriso di compiacimento e accostò il volto al graticcio - Buongiorno, Padre, sono un peccatore che chiede il perdono di Dio.

- Parla, figliuolo, libera la tua anima dal peso che la grava e Dio, nella sua misericordia, monderà i tuoi peccati. Non aver timore, perché il peccato è nella natura umana. Da quanto non ti confessi?

-  Da una vita. E per quanto riguarda il peccato lei ha ragione: è in tutti noi, anche in quelli che ho ucciso.

- Ucciso? E' grave quello che stai dicendo.

- Sì, Padre, perché ho violato il comandamento che impone di non uccidere, ma non perché ho ucciso.

- Credo di non capire, puoi spiegarti meglio?

- Mi è stato comandato di uccidere e io l'ho fatto.

- Comprendo la lacerazione del tuo animo, nel conflitto fra la tua coscienza e gli ordini che hai dovuto eseguire, magari quale militare in azioni di guerra.

- Padre, non sono un militare, sono un assassino di professione, un sicario.

Il sacerdote si portò le mani alla fronte e esclamò - Dio mio!

- Mi scusi se l'ho turbata, ma in confessione è l'unica volta che dico la verità.

- Non ti rendi conto di quanto sconvolgente possa essere questa verità; lo capisci, spero?

- Quale verità?  Quella che ho ucciso su commissione, o quella che ho violato il comandamento?

- Non c'è nessuna differenza.

- E invece c'è, ed è una grande differenza. Nel primo caso ho fatto tutto per lavoro, dietro ricompensa, tale e quale un soldato; nel secondo caso ho disobbedito alla legge di Dio.

- Lasciami pensare un momento, per cercare di spiegarti meglio.

- Va bene, tutto il tempo che vuole, Padre.

 

Si passò nuovamente il fazzoletto sui capelli e con calma trasse una rivoltella dalla custodia sottoascellare, infilò la mano in una tasca della giacca e prese un silenziatore che avvitò alla canna dell'arma. Improvvisamente fu scosso da un suono cupo e profondo; istintivamente guardò verso l'alto e le note della toccata e fuga di Bach cominciarono a diffondersi nel tempio. L'organista ci metteva il suo impegno, ma non era certo un esecutore di valore; comunque, l'atmosfera del luogo riusciva a far sorvolare su qualche passaggio non proprio perfetto. Si immerse nella musica e  lentamente avvertì crescere in lui una piacevole sensazione di serenità che lo distaccava dal mondo e gli faceva sorgere un senso di onnipotenza del tutto appagante.    

 

Padre Pierre diede un leggero colpo di tosse, come ad annunciare che era pronto a riprendere la conversazione - Se ho ben capito, tu uccidi per denaro persone che nemmeno conosci, ma  che non sono senza peccati, come prima mi hai detto.

- Sì, è proprio così.

- Vedi la differenza sta in questo: il militare deve disobbedire a un comandamento e, se non lo fa, viene punito; tu, ogni volta, cerchi il committente, fai come un contratto di tua spontanea volontà e di conseguenza già prima dell'incarico disobbedisci alla legge di Dio, senza nessuna costrizione.

- Se non lo facessi io, lo farebbe un altro, perché il destino delle vittime è segnato.

- E allora, seguendo il tuo ragionamento, perché chiedi di parlare con Dio mio tramite e chiedi l'assoluzione, se non hai peccato?

- Perché sono venuto meno a un suo comandamento, e non di mia spontanea volontà come dice lei, ma perché forse ho sbagliato una volta e quell'errore mi ha portato ai successivi.

L'uomo si fermò un istante, chiuse gli occhi e iniziò a raccontare.

- Le narro la storia di un giovane, timorato di Dio, che studiava in Seminario, da cui è uscito suo malgrado per necessità familiari; nell'ambiente povero di periferia, sfumati i miei sogni, ho trovato chi mi ha dato una speranza di un mondo migliore e più giusto, un mentore che mi ha prospettato un grande disegno che avrebbe portato a una più equa distribuzione della ricchezza e io gli ho creduto. Si potrebbe chiamare quest'idea un movimento politico, ma clandestino, visto che il raggiungimento dello scopo prevedeva di colpire il potere nei suoi simboli più rappresentativi. L'obbedienza era, e doveva essere totale; si arrivò così a un giorno in cui fui comandato di uccidere il più odioso di questi simboli e io lo feci nella convinzione assoluta di fare del bene all'umanità. Proprio per questo mi sentii in dovere di violare il comandamento, identificando la mia persona con l'angelo giustiziere, come se fossi stato uno strumento di Dio.

L'organizzazione fu scoperta, dovetti fuggire, andai via dal mio paese, trovando momentanei aiuti presso membri dell'organizzazione; ero e sono un esule, senza più patria, senza famiglia, e che per vivere è disposto a tutto. Una volta che si è violato il comandamento, una volta che volontariamente si è forzata la propria coscienza non ci sono più remore e così, quando mi fu proposto di uccidere dietro compenso una persona, accettai.

Si fermò un attimo, passandosi la mano sulle labbra secche, poi riprese - Lei mi domanderà ora perché chiedo il perdono di Dio? Semplicemente perché nella mia coscienza s'annida il dubbio che, contravvenendo alla legge di Dio, possa essere meritevole di una punizione, nonostante, chiamiamole così, tutte le circostanze attenuanti che mi hanno portato a violare il comandamento. Ormai la mia mente è confusa e non comprende più quale sia veramente il giusto. Attendo,  Padre.

Il sacerdote, affranto, rispose con voce angosciata - Figliuolo, non ci possono essere punizioni sufficienti per i tuoi peccati; tu li hai confessati e solo Dio, nella sua misericordia, può darti l'assoluzione. Ti consiglio, però, di porre fine a questa vita, di costituirti, di espiare le tue colpe, prima secondo la giustizia degli uomini, per poi sottoporti a quella di Dio, quando verrà l'ora. Prometti, almeno, che altri non avranno a patire per le tue azioni, che cesserai questa vita scellerata.

 

La musica frattanto era aumentata di volume, negli splendidi passaggi del brano di Bach, e il sicario ritenne che il momento fosse propizio; si udirono appena due leggeri schiocchi, come due esplosioni soffocate, poi silenziatore e pistola furono riposti nelle loro sedi.

Uscì dal confessionale, dal quale fluiva un sottile rivolo di sangue, si approssimò all'altare e ripensò a tutti quelli che aveva ucciso; li contò mentalmente, poi prese venti candele, le dispose ben allineate, accendendole una a una. Recitò silenziosamente una preghiera, poi restò brevemente assorto nei suoi pensieri.

Rivide tutta la sua vita, in rapide sequenze, una lunga serie di delitti, effetto di quella prima disobbedienza alla legge di Dio e si sentì quasi un predestinato; una torbida scia di sangue scorreva davanti ai suoi occhi e concluse che se l'angelo sterminatore era venuto meno al comandamento di non uccidere per un ordine divino forse anche lui non faceva altro che obbedire al grande libro del destino che il cielo aveva disegnato.

Si sentì soddisfatto, appagato da quel colloquio, che gli aveva rischiarato la mente, allontanando i dubbi e facendo radicare certezze.  

Le note dell'organo gli giungevano lontane, come se scendessero dal cielo; e fu proprio un acuto dello strumento che lo fece sobbalzare. In chiesa non c'era nessuno, tranne il musicista, ma le precauzioni non erano mai troppe e in fondo, se era ancora in libertà, era dovuto alla sua prudenza.

Guardò verso l'organo, poi prese un'altra candela e l'accese. 

        

  

   

 

 

 

 
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