L'omertà
moltiplica gli orchi
di Ferdinando Camon
"Avvenire" 3
maggio 2016
Quando i soldati russi arrivarono al lager e videro i prigionieri, morti e
moribondi, chinarono la testa per la vergogna. Si vergognavano di appartenere
all'umanità che aveva commesso quella colpa. Adesso è la nostra volta. Arriva
la notizia di questa bambina di sei anni che si è ribellata a un adulto di 43
che voleva violentarla, ed è stata presa per un braccio e buttata giù
dall'ottavo piano. Vorremmo non crederci, ma un gip dice purtroppo di avere
testimonianze “inoppugnabili”, e questa parola ci schiaccia. Apparteniamo a un
paese dove succedono queste cose, e ci vergogniamo. Non era la prima violenza
per quella bambina, era già stata abusata da quell'uomo. E il fatto non
riguarda una bambina e un adulto, perché altre bambine erano state violentate,
dallo stesso uomo o da altri. Alcune di queste bambine erano figlie della donna
con la quale l'uomo viveva. E c'è un altro omicidio nel quartiere, un altro
bambino volato giù dall'ottavo piano. I media dicono: “C'è un orco nella zona”,
e per “orco” intendono un uomo sbagliato o malato, che violenta e uccide i
piccoli e non si pente e non smette ma ripete la violenza e gli omicidi. Se le
notizie restan queste, il concetto di uomo-orco, o di
orco-uomo, dovrà essere modificato. Perché il caso di questa bambina di sei
anni che s'è ribellata ed è stata scaraventata giù si complica di tante
complicità. C'è una testimone oculare, un'amichetta della vittima, che ha visto
la scena della violenza e dell'uccisione, e l'ha raccontata alla polizia, ma
c'è anche sua mamma, che ha visto tutto eppure le raccomandava: “Stai zitta, è
un segreto”. Se questa donna conosce un orrendo omicidio ma lo nasconde, come dev'essere giudicata? Indifferente? Assente? No. Da
profano, da non-conoscitore del Diritto, rispondo per istinto: “Presente e
complice”. C'è una donna che ha delle figlie piccole, qualcuna di queste
piccole veniva violentata dall'uomo, si lamentava con lei perché la violenza le
causava dolore, e la donna (“non ci regge il cuore di chiamarla madre”, direbbe
Manzoni) rispondeva: “Ti passerà”. Come dev'essere
giudicata questa donna? Cinica? Insensibile? No. Da profano, da non-conoscitore
del Diritto, rispondo per istinto: “Parte attiva e complice”. È lei che
tollera, permette, favorisce la violenza sessuale sulla figlia piccola. E
quando la permette? Sempre: quando la violenza si compie e in tutto il tempo
futuro, perché sta sempre zitta, non denuncia mai. Se le cose stanno così
(speriamo sempre di no, ma le smentite non arrivano) qui “orco” è un termine
collettivo, che comprende l'uomo (chiamiamolo così) che fa queste cose, ma
anche tutta l'umanità spicciola che gli ruota intorno e tace. L'”orco-palazzo”,
l'”orco-quartiere”, l'”orco-famiglia”. La forza che crea l'orco collettivo è
l'omertà. A violentare e uccidere questa piccola bambina è un uomo-orco, a
uccidere l'altra vittima volata giù anch'essa dall'ottavo piano è lo stesso o
un altro uomo-orco, a creare i ripetuti casi di pedofilia nella zona è lo
stesso o un altro o altri uomini-orchi, ma a creare questo habitat dove i casi
di violenza e omicidio si ripetono, è l'omertà. L'omertà sta alla
proliferazione degli orchi come la pioggia in un bosco sta alla proliferazione
dei funghi. L'omertà non è una inerzia, è una forza. È la forza che espande
l'orco-individuo in orco-quartiere. L'omertà non vuole che il delitto venga
scoperto e punito, perché questo crea disordine e il disordine è pericoloso,
mentre l'omertà si trova bene nell'ordine del male. L'omertà non vuole che i
carabinieri scoprano e portino via l'assassino, perché non ama i carabinieri e
non ama lo Stato. L'omertà non è paura del male, è accettazione del male. Tra
la donna che ha visto tutto ma consiglia alla figlia di tacere, e la figlia che
risponde: “Io devo dire la verità”, la speranza è che quella sia il passato e
questa il futuro. Il passato, prima o poi, passerà. Aiutiamo il futuro a venire
avanti.
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