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  Editoriali  »  Riflessioni sul “copione”, di Maria Carmen Lama 08/09/2016
 

Riflessioni sul “copione”

di Maria Carmen Lama





Molto probabilmente ogni uomo sin da quando comincia a sentire interesse verso una donna, si costruisce a poco a poco un copione che gli serve come semplificazione dei suoi approcci. È una costruzione che procede nel tempo e che, a seconda dei risultati di volta in volta raggiunti, l’uomo migliora in qualche parte meno adeguata fino a rendere il copione stesso sofisticato, ricco, quasi perfetto. Il seduttore, o l’aspirante tale, nella sua classica insignificanza, ne è il prototipo.

Il copione prevede diverse fasi, che vengono aggiustate gradatamente anche mentre il dialogo “interessato” è in corso, e tutte le fasi hanno lo scopo della “conquista”.

È come se qualcuno andasse in cerca di qualcosa che anche altri ricercano e dovesse dimostrare, prima di tutto a se stesso e poi anche agli altri cercatori, che delle cose cercate lui ne ha trovate più di tutti, che le sue sono le migliori, e che, quindi… lui è stato il più bravo!

Questa, chiamiamola così, procedura di conquista serve moltissimo, all’uomo che la mette intenzionalmente in atto, ad accrescere a dismisura la sua autostima: ecco, io sono bravo, bello, intelligente, e non può essere diversamente, altrimenti non ci sarebbe stato per me un così grande numero di conquiste delle cose che ho cercato.

Nella ricerca dei funghi, per esempio, so che ci si distanzia con una certa dose di superiorità dagli altri cercatori quando si trovano più funghi e addirittura non si svela mai il luogo dove si sono trovati in così tanta quantità, per evitare che qualcun altro possa superare il primato nel portarsi via i funghi migliori e in grande quantità.

Ora, però, la donna non è né una cosa né un fungo prelibato, né niente altro che un essere umano che ha un’anima sensibilissima (qui ci sarebbe da scrivere un trattatello per spiegare il perché dell’affinarsi nel tempo di questa sensibilità, che fa parte ormai dell’archetipo collettivo, v. Jung); e oltre all’anima, ha un’intelligenza acuta (non sto generalizzando, ma parlo delle donne migliori soltanto…), ha uno sguardo sulle cose che è unico, personale, ha sentimenti ed emozioni che spesso superano in intensità la sua stessa immaginazione, ha un modo di osservare il mondo e di riflettere su tutto quel che apprende del mondo e degli esseri umani e degli esseri viventi e non, che è declinato al femminile.

Ha desideri, progetti, visioni del presente e del futuro che a volte la sorprendono per l’audacia con cui la sua mente formula tutte queste cose. Si pone di fronte agli altri esseri umani nella condizione di stupore per quello che sente da loro, sia in parole e discorsi, sia in atmosfere e sensibilità, e questo sia in positivo sia in negativo, cioè… nel bene e nel male.

Quando inizia a sentire un certo interesse verso un uomo, si pone nella situazione non di chi vuole conquistare qualcosa, ma di chi vorrebbe vedere nell’altro qualcosa di eccezionale che non le faccia più distogliere l’attenzione da ciò che ha intuito.

Se questo avviene, la positività dell’esperienza la lascia quasi stordita, quell’uomo l’ha conquistata senza averne avuta alcuna intenzione, soltanto la sua presenza è fonte di un piacere, prima di tutto estetico e poi anche emozionale e fisico, tanto grande che vorrebbe ripeterne l’esperienza, come quando si legge un romanzo che avvince, o si guarda un’opera d’arte che è sublime nella sua essenza, ma anche, spesso, nella sua semplicità.

Il romanzo vuole conquistare? L’opera d’arte vuole conquistare? I loro autori vogliono conquistare? NO.

Ma se un’esperienza di vicinanza (nei diversi modi in cui si verifica, con una persona, con un romanzo, con un quadro…) ha quel particolare tocco di eccezionalità, ecco che la donna rimane conquistata. Allora, non c’è in questa esperienza nulla che accentua il valore della donna, nulla che possa accrescere la sua autostima, ma soltanto l’aver scoperto qualcosa di assoluto, di bello, di interessante in qualcos’altro (persona, romanzo, opera d’arte… e si potrebbe continuare… poesia, musica, opera lirica ecc.. ecc…)

Se l’uomo fosse capace di ribaltare la sua prospettiva, capirebbe molto di più l’anima della donna, non andrebbe dietro a mille gonnelle, non cercherebbe di fare collezioni delle sue conquiste, come ritorno a sé della sua propria bravura, avrebbe una maggiore consapevolezza di tutte le cose belle che lo circondano e che se ne stanno lì a loro volta inconsapevoli di potere destare tanto interesse. Quando le cose belle vengono scoperte come tali, acquistano maggior valore agli occhi di chi le ha scoperte. Ma non c’è alcun ritorno della luminosità dello sguardo dell’osservatore, semmai una gioia per la serendipity che l’ha accompagnato nella scoperta, come un colpo di fortuna inaspettato.

Tutto questo certamente lascia indifferenti il romanzo, il quadro, la poesia e tutto il resto, ma spesso non lascia indifferente una persona che si sente scoperta come interessante, soprattutto perché magari fino a quel momento non aveva pensato a se stessa come possibile candidata ad una selezione per qualcuna delle sue qualità, ritenute normali.

In questo tipo di sguardo esattamente opposto sta la differenza tra l’uomo e la donna.

La donna infatti non ha mai avuto un copione, semmai una visione del bello, un’intuizione del bene, un ideale di positività. Quando s’imbatte in qualcosa che ne ha le sembianze, ecco che si è lasciata conquistare senza che l’altro abbia fatto nulla per includerla nel numero delle sue “conquiste”.

Riguardo all’essere conquistate da un uomo, in particolare, le donne che hanno questo tipo di approccio verso gli altri, non possono poi più trovare qualcun altro che eguagli il cielo che hanno tenuto per sé. In questo si configura l’esclusività del proprio amore, che non ammette interferenze di sorta.

Per l’uomo è esattamente l’opposto: oggi è la “sua” conquista numero 1, domani la 2, poi la 3, ecc… poi la conquista n… 20, o 10, o 30, o 100, o come il dongiovanni, mille e trecento ecc..

Non ha capito niente l’uomo. Non ha capito niente dell’amore, non ha capito niente delle donne, non ha capito niente della bellezza, dell’arte, della poesia, non ha capito proprio nulla nulla!!!

E questi copioni che si ripetono nei secoli dei secoli, sono di una sconsolante piattezza, di una noia mortale, di un’insignificanza abnorme, di una desolante frustrazione.

Non sto generalizzando, nemmeno per l’uomo, perché voglio pensare -e sono certa- che ci siano uomini con un approccio, verso le donne, più intelligente del copione.

Esiste nella vita civile una sorta di protocollo, un’etichetta, che le persone per bene, le persone intelligenti e sensibili sanno rispettare, riuscendo, proprio per questo, ad essere molto più desiderabili.

Questo vale anche, e forse ancora di più, per quei dialoghi virtuali in cui le persone non si conoscono de visu, ma solo attraverso le cose che scrivono. Quando uno dei due interlocutori (generalmente un lui…) in ciò che scrive sottende scopi “di conquista” allora si può stare certi che chi sta dietro lo schermo con questi atteggiamenti tipici, da copione, appunto, ha una vita insignificante, un’intelligenza meno che mediocre.

E questo, anche quando alcune cose che scrive e il modo in cui le scrive potrebbero far pensare ad una persona intelligente; che poi si smentisce clamorosamente quando con insistenza e con superficialità tratta temi che non possono avere alcun altro interesse se non solo come livello astratto, filosofico, di discussione e che, se non viene compreso, dà subito la misura dell’essere completamente fuori strada, del non aver capito nulla.

Perché si possa sviluppare un dialogo fecondo, si dovrebbe metabolizzare questo scritto dall’inizio alla fine. Solo con una comprensione fatta “propria” e con comportamenti conseguenti si potrebbe riuscire a trovare sintonia anche tra persone virtuali. E qui ci si ferma. In ogni senso.



 
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