|
|
|
|
|
|
|
Editoriali
» L'Italia dimentica la lingua italiana nel mondo, di Ferdinando Camon |
22/11/2016 |
|
L'Italia
dimentica la lingua italiana nel mondo
di
Ferdinando Camon
Post
su Facebook 26
ottobre 2016
Il
governo stanzia 50 milioni di euro per aiutare la diffusione della
lingua italiana nel mondo. Bellissima notizia. Potenziare la lingua
italiana nel mondo è un modo perché noi italiani
contiamo di più. Abbiamo una fitta rete d’istituti di
cultura all’estero, ma finora non avevano fondi. Parlo per
esperienza mia e della mia generazione. Ve la riassumo. Ho girato il
mondo per presentare le traduzioni dei miei libri. Gli istituti
locali cercavano di aiutarmi ma avevano poco o niente. A Budapest il
direttore mi dava ogni mattina una mancetta, per mangiare fino a
sera. Ha chiesto in prestito una Seicento Fiat con la quale ho fatto
il giro delle università ungheresi per parlare agli studenti.
Dormivo in un alberghetto senza doccia. Un’università,
Pecs o Seged, non ricordo, aveva una doccia per gli studenti. Lunga
fila in attesa. Io ero tutto sudato. Il mio accompagnatore grida:
“Prima lo scrittore, prima lo scrittore”. Ho fatto la
doccia per primo, vergognandomi da morire. Per risparmiare, in
un’università m’han fatto dormire
nell’appartamento del rettore, che per l’occasione se
n’era andato. Ho visto sul pavimento dei triangoli neri che
camminavano: erano cimici. A Lione sono andato benché avessi
una gamba rotta e ingessata dall’inguine alla caviglia. Mi
muovevo con due stampelle. Mia moglie era con me per aiutarmi a
salire e scendere dai treni. Quindi avevo un biglietto per due. Mi
han rimproverato, e me ne hanno rimborsato metà. A Varsavia mi
davano l’importo per una pizza. La pizzeria era piccola, si
aspettava in strada. Ordinavi e poi uscivi. L’ordinazione aveva
un numero. Quando sulla porta s’accendeva il tuo numero,
entravi. A Stoccolma gli studenti che volevano iscriversi ai corsi
d’Italiano erano così numerosi, che molti venivano
esclusi. L’istituto Goethe, a chi s’iscriveva alla lingua
tedesca, dava un premio. In Lettonia un editore voleva tradurre il
mio “Altare”, ma non aveva i soldi per comprare la carta,
e rimandava di anno in anno. Con sofferenza sua e mia. Quando ha
potuto, ha comprato la carta e ha fatto il libro. Me ne ha mandato
una copia. Ogni tanto la guardo e mi sento felice. In Russia ero
tradotto dal massimo editore sovietico, che era l’editore
ufficiale di Stalin. I russi non pagavano in rubli ma in viaggi. Mi
facevano viaggiare. Eran generosi, mi offrivano l’albergo, un
accompagnatore, un’auto e un autista. Ho guardato la Russia
dalla finestra dalla quale Ivan il Terribile guardava la folla che lo
supplicava di tornare a Mosca. M’avevan promesso un lungo
viaggio in Siberia. L’ambasciata sovietica a Roma m’informa
che l’invito è pronto. In quel momento i russi tirano
giù un Boeing americano pieno di passeggeri sopra l’isola
di Sachalin, 269 morti. L’avevano scambiato per un aereo spia.
Tutti ci scriviamo articoli furiosi, anch’io. L’invito
non è più arrivato. Anni dopo, una comitiva sovietica
viene a lanciare il nuovo corso sovietico, la Glasnost e la
Perestroika, si fermano anche nel Veneto, nella Villa Reale di
Piazzola sul Brenta. M’invitano a raggiungerli. Ci vado.
Discorsi, poi pizza. In pizzeria il loro capo, che si chiamava
Mikalkov ed era il Presidente degli Scrittori Sovietici, padre del
regista di Oci Ciornie, mi fissa e sbotta: “Ma quello era un
aereo spia!”. Era stato lui a bloccarmi l’invito. Contava
sul fatto che uno scrittore italiano, pur di viaggiare un mese in
Siberia, sarebbe passato sopra a 269 cadaveri. In Francia ho fatto
tradurre Primo Levi, ci ho messo mesi e mesi. Alla fine, è
stampato. Sontuosa presentazione alla stampa e all’intellighenzia
locale. Io ero invitato dall’Istituto, che alla fine evitò
di pagare l’albergo. Pago io e torno a casa. Lunghe telefonate
di scuse, penose più per me che per loro. Ecco, queste cose io
le ho patite (e suppongo che Tabucchi e Pontiggia e i miei coetanei
abbian patito le stesse pene, o anche peggiori) e spero che i nuovi
scrittori non debbano patirle più. Non aiutare la lingua
italiana all’estero era un errore. Finalmente lo correggono.
Perché dove arriva la tua lingua oggi, arriveranno i tuoi
prodotti domani.
www.ferdinandocamon.it
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|