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Editoriali
» Attrici violentate o consezienti, di Ferdinando Camon |
29/10/2017 |
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Attrici
violentate o consenzienti?
di
Ferdinando Camon
Quotidiani
veneti del Gruppo Espresso-Repubblica 14 ottobre 2017
Se
un’attrice gli piaceva, lui la intratteneva, le parlava di
qualche particina, ma ben presto le saltava addosso. È il
produttore cinematografico americano Harvey Weinstein. Adesso, con
anni di ritardo, le attrici lo denunciano. La moglie di lui,
umiliata, lo abbandona. Tra parentesi, la moglie è di una rara
bellezza. Il che toglie a lui (bruttarello) l’alibi di perdere
la testa per il fascino fisico delle donne che gli capitavano a tiro:
ma no, era, ed è, sessualmente incontrollato. Non sto
scrivendo questo articolo per sostenere la tesi che tutti sostengono,
“povere donne costrette a sopportare questi vergognosi abusi
per avere una particina in qualche film”. No, io penso che lui
va punito ma le donne che aggrediva non sono innocenti. Neanche nei
confronti delle altre donne. Di fronte alle altre donne, sono più
colpevoli di lui. Un’attrice italiana, molto famosa, lo accusa
di averla molestata per quattro anni. Orribile, ma come mai quattro
lunghi anni? Non poteva denunciarlo, o almeno evitarlo, dopo la prima
molestia? Cosa ha ottenuto lei, in cambio, durante tutti questi anni?
Se ha ottenuto di entrare in qualche film, non ha fregato le altre
concorrenti? Che le donne manifestino contro questo lercio
maschilista, è nobile, ma non sarebbe altrettanto nobile che
protestassero contro le loro colleghe che facevano carriera
sfruttando il proprio richiamo sessuale?
Adesso lo denunciano.
Va bene, è giusto. Anche Hillary Clinton si dichiara offesa
dal rapporto con quest’uomo, che le ha finanziato la campagna
elettorale, e per purgarsi dell’offesa gli restituisce i
finanziamenti. Bello! Ma, e i voti? Quei soldi son diventati voti,
anche se non sufficienti a vincere, come fa a restituire quei voti? E
se avesse vinto e fosse diventata presidente degli Stati Uniti? E,
visto che siamo a Hillary, cos’ha fatto Hillary, quando suo
marito, presidente in carica, veniva accusato degli stessi
comportamenti sessuali “inopportuni”? Lo ha abbandonato?
No, perché sperava che lui l’aiutasse poi a succedergli
nella stessa presidenza.
Un importante
giornale americano si pone la domanda su come nascondere i rapporti
con Harvey Weinstein, dopo aver sempre lanciato i film da lui
prodotti, e si accorge di avere un problema: quest’uomo è
un potente inserzionista del giornale stesso. Perché è
il patron della società di produzione e distribuzione Miramax.
Il che vuol dire che gl’interessi di Weinstein sono un po’
anche gl’interessi del giornale. Posso fare un altro passo, o è
troppo rischioso? Questo produttore si permetteva di molestare le
donne, perché contava sulla protezione della grande stampa.
Dunque, la grande stampa non è neutrale nelle molestie a
quelle donne. C’è un’attrice e top model francese
che adesso si sfoga: “Stavo parlando con lui, sul divano, e lui
si alzò e mi saltò addosso”. E allora cos’ha
fatto lei? Niente. Perché? Perché “tutti sapevano
che lui faceva così, e nessuno ha mai fatto niente”. Per
quanto tempo? “Decenni”.
Adesso, notizia di ieri,
pare che lui si voglia suicidare, lo dice la figlia in una drammatica
telefonata al 911. Ma un’altra notizia dice che si fa
ricoverare in un centro di rieducazione sessuale. Un centro che
dovrebbe togliergli la dipendenza dal sesso. Lui vuole sesso. Ma non
lo vuole gratis, in cambio offre qualcosa: visibilità,
notorietà, in qualche caso fama. Vergognosa la richiesta, ma
vergognosa anche la risposta.
Veniamo a noi. Abbiamo avuto (e i
sondaggi dicono che potremmo riavere) qualche potente uomo politico
che chiedeva sesso e bellezza, per decenni, alle donne carine che
capitavano nel suo entourage. In cambio offriva denaro, particine in
tv, nel cinema, anche bricioli di carriera politica. E case. Noi ce
le ricordiamo tutte, sono ancora davanti ai nostri occhi. Sono
famose, e la fama è potere. Ma ce ne fu una che, invitata a
cena, ci andò, si trovò nel mezzo del bailamme sessuale
esibizionistico, disse a un’amica: “Mi pare un troiaio”,
e se n’andò. Non ricordiamo più il suo nome.
Colpa nostra, vuol dire che anche noi siamo corrotti. Questa è
la scelta: restare e diventar famose, o andarsene e sparire
nell’anonimato. Le donne che denunciano il produttore americano
han fatto a suo tempo la prima scelta. Se la prendano con se stesse.
www.ferdinandocamon.it
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