A
quando una vita migliore in questo mondo?
di
Lorenzo Russo
Ogni
qualvolta un nuovo essere arriva in questo mondo si ripete la stessa
procedura.
Bisogna
dargli una sculacciatatina per farlo rinvenire dal letargo in cui
giaceva nel grembo materno, perché sembra che quasi si opponga
a venire al mondo, forse intuendo istintivamente le difficoltà
di questa vita.
Infine
e sotto lo sguardo premuroso della sua mamma incomincia a dar segni
di vita, con strilli forti e reclamanti il diritto di essere nutrito.
E
la mamma si prende cura del suo pargolo e lo fa con grande dedizione
per tutta la sua vita.
I
suoi sguardi premurosi sono consolazione e spinta a comunicare con
lei, e il pargolo si esprime all'unica sua maniera possibile, con
smorfie e sorrisetti che tanto piacciono alla sua mamma.
Si
ripeteranno sempre, le smorfie, interrotte solamente dagli strilli
che vogliono comunicare di aver fame.
La
fame è il primo e vero problema di ogni essere umano in questo
mondo e il non poterlo appagare è sorgente dei maggiori
conflitti.
Purtroppo
questo mondo non è di per sé un ente assistenziale in
grado di appagare a tutti ogni bisogno di sopravvivenza.
Per
sopravvivere bisogna darsi da fare per procurarsi i beni necessari.
Ed
è qui che incominciano le lotte vere, condotte da chi non è
in grado di ottenerli, sia per incapacità proprie, sia perchè
preferisce pretenderle da chi è più creativo e
produttivo.
Oggigiorno
è un comportamento abbastanza esteso, addirittura inserito nel
sistema assistenziale sociale finanziato con le prestazioni dei più
produttivi e abili, come di coloro che non possono esentarsi.
Capita,
così, che il sistema previdenziale non funzioni più e
si arrivi al collasso dell'intero sistema ogni qualvolta si dovesse
verificare una crisi.
Le
crisi economiche sono il lato debole del sistema del profitto senza
limiti e si manifestano quasi sempre periodicamente.
Capita,
poi, che ai conflitti interni si aggiungano quelli esterni, con il
risultato dell'aumento della povertà per la fuga dei capitali
in paesi non coinvolti dalla crisi e il fiorire dei mercati al nero
per chi abbia ancora qualche soldo da spendere.
La
povertà genera fame e la fame fa dell'uomo una bestia, un
essere senza coscienza e cultura, se non quella di appagare i suoi
bisogni.
Sono
eventi che avvengono ripetutamente come si riscontra nella storia
dell'uomo, da creare l'impressione che l'uomo non sia capace di
evolversi, il che conferma il mio concetto che l'uomo sia stato messo
qui per volontà superiore e per motivi non riconoscibili,
almeno per il momento.
Visto
così l'uomo è innocente, almeno per quanto riguarda il
suo comportamento in questa vita.
Di
una colpa commessa altrove non si ha mai avuto notizia, se non quella
predicata con zelo dagli adepti religiosi, sempre pronti a intimidire
i popoli ignoranti per il proprio tornaconto.
La
coscienza umana funziona attraverso la memoria e la distinzione tra
il bene e il male.
Il
Bene e il Male rappresentano la realtà esistenziale dell'uomo,
due condizioni di vita che si alternano perchè non riescono a
manifestarsi nello stato di fusione per raggiunta maturità.
Sono
loro che riflettono lo stato retrogrado dell'uomo e generano in lui
lo stimolo di reazione.
E
qui mi chiedo, se non fosse meglio per l'uomo di servirsi
maggiormente della ragione, con la quale riuscirebbe con maggiori
possibilità a risolvere i problemi esistenziali che tanto lo
assillano.
Tra
di essi elenco la sovrappopolazione e l'immigrazione organizzata per
scopi politici e di lucro.
Dico
questo, perchè è riconoscibile per la sua buona
organizzazione e grande sostegno finanziario da parte di chi ha
interessi forti di potere e profitto e per i quali la cultura
europea, perchè troppo liberale, emancipata e costosa, è
un ostacolo da eliminare.
Una
briciola di maggiore ragionevolezza nelle menti degli infuocati di
ideali di fratellanza universale li porterebbe a riconoscere i
pericoli reali che stanno creando alla cultura ed economia nazionale.
Fratellanza
è senza dubbio sinonimo di sviluppo etico e morale, ma è
una condizione ipotetica perchè è eventualmente
realizzabile solo nel corso dei secoli a venire.
Chi
sostiene questa forma di fratellanza non si accorge di creare un
abisso tra i popoli, disordini sociali ed economici di grande
dimensione per paura dei popoli ospitanti di perdere la propria
identità acquisita nel corso dei secoli con il superamento di
tante ostilità e sofferenze, per un qualcosa di vago,
insicuro, ancora troppo irreale, anche se desiderato da sempre nel
proprio animo.
Non
dimentichiamo che la mescolanza dei popoli c'è sempre stata,
ma fu sempre in una misura accettabile e controllata e non
organizzata da chi anela al dominio mondiale.
Chi
non vorrebbe il paradiso in terra? Ma per crearlo bisogna essere più
intelligenti, colti, evoluti.
Su
questa scia non agisce il sistema economico attuale, per cui sarebbe
più opportuno motivare i suoi agenti alla responsabilità
sociale, invece che allo sfruttamento senza distinzione.
Che
i cosiddetti “Buonisti“ non si siano ancora accorti di
essere manovrati da chi intende l'opposto delle loro pur nobili
intenzioni, rimane un enigma, un tema per una valutazione
psicologica.
In
verità non è così che siamo tutti condannati al
fallimento?
Il
sistema del profitto è la perfetta espressione della malvagità
della nostra vita in terra.
È
lui che costringe l'uomo a pensare al proprio tornaconto, prima che
ci pensi un altro più astuto e abile.
L'arretratezza
è il male dell 'uomo, la sua condanna a vivere questa vita
senza speranza di risorgere a una migliore.
Al
male si oppone il bene quale espressione di coscienza per limitare i
danni del primo, così che si può affermare che entrambi
sono incentivi di impegno per superare la condizione di vita
limitata.
I
Buonisti sono sì sulla buona strada, ma un non riuscire
nei loro intenti creerebbe crisi sociali ingovernabili.
Ed
è qui che entra in campo la ragione e la necessità di
riflettere costantemente sui propri intenti e azioni.
Comunque
andrà a finire l'attuale situazione politica ed economica
internazionale, rimane sempre la certezza che prima o poi arriverà
la fine di ogni nostra vita.
Se
poi ci si risvegliasse in un altro mondo sconosciuto, rimarrebbe la
speranza di ritrovarci davanti a un sorriso buono e soccorrevole come
già vissuto qui.
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