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  Editoriali  »  Il paragone tra la mossa astuta degli Achei, che portò alla caduta di Troia, e gli effetti finali della globalizzazione in atto, di Lorenzo Russo 06/01/2020
 
Il paragone tra la mossa astuta degli Achei, che portò alla caduta di Troia, e gli effetti finali della globalizzazione in atto

di Lorenzo Russo





Dopo dieci anni di guerra, senza aver ottenuto il risultato voluto, cioè a sconfitta del nemico e con essa il libero accesso allo stretto del Dardanelli, onde raggungere sponde più lontane e propizie all'espansione politica ed economica, gli achei escogitarono un tranello infido, sfruttante il fatto che entrambi i contraenti erano esausti e desideravano nel loro animo nient'altro che la fine del conflitto.

Fu così che l'astuto Ulisse ideò la costruzione di un enorme cavallo di legno capace di contenere trecento dei loro migliori guerrieri.

I poveri troiani caddero nella trappola. Il desiderio di ritornare finalmente a una vita normale fu più forte della precauzione di diffidare dello storico nemico.

La veggente Cassandra, veggente perchè conosceva meglio di ogni altra persona i segreti nascosti nell'animo umano, non mancò di avvisare il proprio popolo dell'inganno, ma fu invano.

Il desiderio di pace, sostenuto dal senso di essersela meritata per aver resistito contro ogni feroce attacco del nemico, annebbiò la loro coscienza, e così successe ciò che, solo dopo, viene ritenuta volontà del fato.

Troia cadde e i greci estesero il loro dominio verso l'Asia minore.

Io ci vedo un paragone, tra l'allora accaduto evento e l'odierno propagato dall'alta finanza, perchè in entrambi i casi è il popolo a cascarci dentro.

Per prima cosa, non sono esausto del mio modo di vivere in un piccolo stato democratico e ancora libero, per seconda cosa sento l'odore marcio degli intenti della casta primaria mondiale, sempre attiva ad escogitare metodi e sistemi di controllo mondiale.

Sono metodi praticati sin dall'inizio della storia dell'uomo e per questo da giudicare primitivi, cioè senza traccia delle annunciazioni cristiane, avvenute molti secoli dopo, che mutarono radicalmente la concezione della vita.

Ed è qui che l'ingenuità dei troiani è paragonabile a quella dei popoli oderni al confronto con il processo globalizzatore in atto.

Ma nient'altro puo' essere, non essendo realizzabile una equa e pacifica convivenza dettata dai popoli.

Neanche il cristianesimo è stato finora capace a ristrutturare l'uomo nella sua composizione biogenetica, affinchè un po' di paradiso in terra sia possibile.

Da qui è consigliabile considerare la vita terrena un percorso preparatorio per il dopo.

Che la chiesa non abbia il coraggio di avvertire i suoi seguaci del pericolo che la nuova rotta rappresenta, conferma la diffidenza che io nutro da tempo contro di lei.

Certo, la globalizzazione rappresenta per lei una buona occasione di cristianizzare tutto il mondo, una volta che tutti i vari e ostacolanti impedimenti nazionali saranno diventati obsoleti.

Che il mondo del futuro venga governato da una sola elite non fa che migliorare le sue possibilità di conversione mondiale dei popoli finalmente uniti.

Lo stesso discorso vale per la sinistra, come si nota nel paese del Bengodi, una volta chiamato Italia liberale.

La politica finanziaria si fonda sul profitto, realizzabile solo con il consumo forzato e illimitato che non tiene conto della sua utilità, sia educativa sia ambientale per i popoli.

Il modo sfarzoso di festeggiare il Natale conferma la rotta voluta dai potenti e sostenuta brillantemente dai media di tutto il mondo ridotti al loro servizio.

La piramide societaria diventa sempre più larga ed elevata, fatto che richiede una politica stretta e severa per poter controllare la base, diventata più folta ed eterogenea e per questo più difficile da governare.

La caduta di Troia non migliorò il mondo di allora, e la Grecia, prima esportatrice di una grande cultura, cadde nella tuttora esistente insignificanza.

I troiani persero la guerra, ma sopravvivono anche oggi nella mescolanza con altri popoli, fatto che mi insegna che cambiano sì i nomi e le culture, ma sul tutto emerge il sempre uguale spirito umano, da non confonderlo con l'animo che è mutabile secondo delle circostanze e cultura.

Nel corso dei secoli susseguenti furono sempre e solo i popoli a soffrire della mancanza di sostenimento, dei soprusi e torture di ogni sorta inflitti da chi era al potere.

Andando di questo passo, non si possono escludere rivolte popolari mondiali, anche se, a mio parere, non risolverebbero i problemi del convivere sociale e civile per i quali l'uomo non è maturo e dubito che lo diverrà.

Sempre a mio parere, l'unica via d'uscita per il singolo è la speranza nel dopo, quando si fosse impegnato a migliorarsi.

Dare un senso buono alla vita, e sostenerlo ad ogni costo, potrebbe creare un collegamento in un dopo migliore.

Crederci è la forza della vita ed è capace di trasferirci in un mondo migliore nel vasto universo.

Quali potrebbero essere, allora, i necessari requisiti per raggiungerlo?

Al primo posto ci metterei il continuo impegno di migliorarsi per il bene comune, e qui penso che tutti gli altri requisiti maturerebbero in esso.

La meta è l'energia iniziale che ci indica il cammino da prendere, la veggenza di riconoscere gli errori fatti, di attenuare le proprie debolezze.

Essa rappresenta il modo di vita da scegliere e finisce con la vita stessa, per poi........

È inutile anelare alla perfezione, perchè non è di questo mondo.

In essa non c'è possibilità di riesame, di riflessione, di rigeneramento delle energie, le quali, come io credo, hanno bisogno del contraccolpo per rigenerarsi.

In un mondo perfetto, l'uomo sarebbe un narciso, un essere senza contatto con la realtà al di fuori di se stesso.


 
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