Dopo
non sarà più come prima?
di
Renzo Montagnoli
Eravamo
convinti di essere invincibili, che tutto ci fosse dovuto e che nulla
ci dovesse essere negato, un’illusione pericolosa di cui
eravamo inconsapevoli, e c’è voluto un virus maledetto
per farci riportare i piedi sulla terra. Non erano state sufficienti
le crescenti morti collegate all’inquinamento provocato da noi,
i mutamenti climatici tali da da moltiplicare la risposta della
natura rispetto alla violenza che le abbiamo usato; sì, c’era
qualcuno che protestava, che metteva sull’avviso e molti di noi
hanno approvato questi temerari, con una convinzione superficiale,
timorosi che a dover cambiare potesse venir meno la fragile agiatezza
in cui ci trastullavamo. Quel si deve cambiare risuonava nelle
nostre orecchie come un motivetto, qualcosa così di attuale da
non poterne fare a meno, come il doversi uniformare all’imperativo
corrente dell’usa e getta, ma senza che corrispondesse a una
presa di coscienza, a cercare di capire perché il nostro
benessere cominciasse a diventare sempre più un malessere e
anche quando si sono manifestati i primi casi di questo virus abbiamo
accettato supinamente le parole di chi ci tranquillizzava, perché
così non si incrinavano le nostre apparenti certezze. La
civiltà del consumo era diventata talmente radicata in noi da
sentire bisogni inesistenti, ma che subdolamente ci erano indotti; il
grande capitale, la finanza internazionale ci hanno coinvolti piano
piano in un gioco di falso benessere, a cui abbiamo partecipato da
vittime e da artefici e quindi senza pudore, accettando le storture
che ci sembravano inevitabili, come la spogliazione progressiva delle
risorse che ha provocato le grandi migrazioni iniziate lo scorso
secolo e diventate massice in questo primo ventennio del XXI secolo.
Per tacitare le nostre coscenze ci siamo indotti una pietà
verso questa gente che fuggiva, e fugge, da guerre, da carestie,
dalla miseria, senza pensare che solo con una giustizia mondiale si
potrebbe porre rimedio. Ci hanno illuso e ci siamo illusi di essere
onnipotenti, abbiamo anteposto continuamente la materialità
alla spiritualità, abbiamo perfino dimenticato le nostre
radici, soprattutto quelle cristiane per eleggere a nostra divinità
il denaro, questo sterco del demonio di cui siamo diventati schiavi.
Adesso, spaventati da questo virus, manifestiamo dei buoni propositi,
diciamo che tutto deve cambiare, che dopo non potrà essere
come prima, il che dovrebbe apparire come un segnale di concreto
ravvedimento. Però la storia, maestra di vita, quella storia
che quasi sempre si ripete, mi rende dubbioso, perché nulla
può radicalmente cambiare se in noi non nasce, libera da ogni
costrizione quale può essere l’attuale pericolo
incombente, la convinzione che la vita non deve essere una gara per
ottenere di più, a discapito di altri, ma il terreno in cui
gli uomini, dimenticata la loro originaria bestialità,
procedono solidalmente uniti, consci che il reciproco aiuto permette
di risolvere tante problematiche, realizzando quell’amore
universale che è alla base del pensiero di Gesù Cristo.
Il percorso su questa terra è breve e il farlo in armonia,
contando sull’eventuale aiuto di altri, permette di vivere
meglio, di avere quella serenità che da sempre, purtroppo, è
solo un miraggio.
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