Fratelli
d'Italia, l'Italia s'è desta…
di
Lorenzo Russo
Quanta
passione è contenuta in questo inno, da essere riuscito a
risvegliare l'animo degli italiani.
Fu
come un rinascere a nuova vita, un ritrovare le proprie radici
fondanti sulla lingua, sul territorio e modo di vivere.
Quanti
secoli trascorsero sensa coscienza di essere un popolo e come tale di
potersi liberare del dominio straniero, quando lo avesse capito ed
avuto il coraggio.
Siamo
nell'Europa dell'ottocento, dove i sistemi monarchici vigevano
ancora, seppure con una parvenza democratica, conquistata dai popoli
con lotte e spargimento di sangue.
Allora
le guerre sorgevano quasi periodicamente per pura necessità di
profitto e sicurezza della casta nobiliare e benestante.
Fu
così che le popolazioni venivano tenute unite e
tranquillizzate con promesse di vita migliore, ma la realtà
era sempre un'altra, così che le rivolte si susseguivano e
diventavano sempre più violente.
Alle
armi, o popolo, il re vi chiama di nuovo all'adempimento dei vostri
doveri di sudditi, quale il respingimento armato del nemico oltre i
confini della patria.
“Patria“era
la parola magica, con la quale il sistema politico delle caste riuscì
a tenersi per secoli.
Come
poteva essere diversamente, quando il popolo non era abbastanza
istruito per reggersi da sè.
Ma
già si intravedeva il risveglio popolare, quello di non voler
essere più vittima per il benessere altrui.
Sorse
così il risorgimento nazionale, anche lui invocato dai
richiami magici della parola “PATRIA“ uguale, questa
volta, a potere e libertà per il popolo, in un periodo
influenzato ancora dal romanticismo, sinonimo di ideali, sentimenti e
passioni riscontrabili in ogni campo delle sue attività.
Ed
è qui che sorse l'inno di Mameli, nel quale si ritrovò
ogni italiano, da essere pronto al sacrificio per l'indipendenza del
paese.
Ritengo
che oggi debba essere riscritto, in quanto il mondo è cambiato
troppo, ma attenti a non perdersi nel buonismo universale che non
altro porterà che la scomparsa dell'identità nazionale
per un qualcosa di troppo grande per l'uomo.
Quanti
anni di gloria nazionale conta fino ad oggi il paese delle
meraviglie?
Lo
affermo, perchè mi sembra che, da almeno qualche decennio, il
sentimento dell'Unità abbia perso il suo valore originario,
quello fondante sulla responsabilità civile di ogni cittadino
per il paese.
Di
fatto, non riscontro la presenza di una politica sia interna che
estera che riflettqa l'esistenza di un paese forte, perchè
unito ed efficiente.
I
vecchi attriti politici tra i partiti, opposti per ideologia e
sfociante poi in opportunismi alla giornata, fanno del paese un
costrutto politico senza fondamento.
E
senza fondamento unitario, il paese si sfascia, fino a venire deriso
e considerato inaffidabile dagli altri paesi.
E
così fu, fino al momento nel quale alcuni ebbero a cuore il
compito di divulgare appassionatamente il progetto dell'unità
del paese, affinchè diventasse nazione e come tale potesse
stabilirsi nella politica internazionale.
Un'Italia
nazione mi rende, però, scettico, e lo affermo con riferimento
agli non proprio favorevoli influssi ereditati dalla lunghissima
occupazione straniera e dalla politica dello stato della chiesa,
sempre decisa a tenere il popolo a lui asservito, da non poter
credere a una sua lunga durata.
Non
siamo nazione, quindi, ma alla Domenica festeggiamo pure il
patriottismo quando la squadra favorita vince la partita di calcio,
altrimenti pianti e imprecazioni quando la perde.
Oggi
parlare di Unità Nazionale è diventato addirittura atto
discriminante verso i nuovi arrivati e già si tende a volerne
proibire il suo uso.
Come
è cambiato il mondo, per poi rimanere sempre com'era prima!
L'Italia
ne è l'esempio più chiaro, in quanto, pur non essendo
ancora un paese di per sè unito, si impegna fortemente in ciò
che è ancora molto più difficile da realizzare: un
mondo unito.
Lo
affermo, perchè purtroppo in questo paese ci sono troppi
sognatori che si illudono di poter realizzare questa ideologia di
origine cristiana.
Pertanto
è, che siamo ancora un popolo cristiano e come tale educati a
tenere in grande considerazione le direttive della madre Chiesa.
Da
qui, mi viene da affermare, che sognare fa sì bene, ma che
prima o poi bisogna risvegliarsi e comprendere che i sogni non sono
duraturi, per cui bisogna reagire prima che causino gravi danni.
Ideologia
fanciullesca, ebbene, inculcata nell'italiano nel corso dei secoli di
politica vaticana, più tesa al controllo sul popolo che alla
sua emancipazione.
Il
prevalere sugli altri è la forza della vita, ad essa si oppone
quella dell'amore, ma sono guai quando non si riesca a tenerle in
equilibrio, affinchè cielo e terra siano in armonia tra di
loro, affinchè il male quale frutto dell'insipienza e
immaturità non crei troppi danni, e il bene quale meta
evolutiva non generi allucinazioni e gravi disturbi comportamentali.
Ma
proprio perchè l'italiano è buono di cuore, attira
ovunque simpatie, per lo meno fino al punto dove i suoi difetti,
ereditati dalla sua travagliata storia, lo fanno apparire come è
ancora oggi: menefreghista, individualista, egocentrico,
irresponsabile per indole e incapacità d'intendimento.
C'è
chi versa ancora lacrime all’esecuzione dell'inno di Mameli,
meno per il suo testo, oggi a tratti fuorviante e per alcuni anche
razzista, ma sempre riflettente l'era irredentista e per questo
gloriosa, come glorioso potrebbe essere il progetto di unificazione
dei popoli del mondo intero.
Lasciamo
al tempo dovuto il giudizio storico del presente e al futuro il
risultato raggiunto da questa ideologia liberatoria dei popoli contro
il potere delle caste, perchè sono loro che governano da
sempre il mondo per i loro interessi.
Ma
il risveglio dei popoli deve sorgere già oggi, e non domani,
quando le norme di condotta saranno già definite e il loro
senso sociale accantonato.
Possiamo
paragonare il progetto unitario nazionale con quello mondiale?
A
primo acchito direi di no, ma poi, riflettendo ancora e augurandomi
che riesca nel suo intento, direi che mi piacerebbe proprio.
Sono
rimasto anch'io infantile, nel credere nei miracoli o è
proprio così che senza di loro non c'è progresso per
l'uomo?
E
cos'è con i sacrifici economici e personali che un tale
progetto causerà per vederlo pur minimamente realizzato?
È
un pensiero serio che mi rende sfiduciato, in quanto è certo
che le vittime ed i sacrifici saranno di molto superiori di quelli
delle due grandi guerre messe insieme.
Allora
sarebbe meglio optare per una sua realizzazione a lunghissimo
termine, incominciando con una nuova proiezione dell'economia
mondiale, una che tenga conto delle esigenze di tutti i ceti delle
popolazioni.
Fondamento
di una unione è la lingua, l'educazione, la formazione sociale
e lavorativa e infine un inno comune che alimenti i cuori di tutti
gli uomini.
Non
vedo nessun progetto serio e pratico in questo senso, all'infuori dei
buonisti che vanno a prendere i cosiddetti bisognosi, per poi
lasciarli al loro destino in un paese già carente di lavoro e
sostegno economico per i suoi abitanti.
È
un fatto che mi ricorda la caduta dell'impero romano che, tra le
altre cause, crollò di seguito all'invasione dei popoli
confinanti, tutti alla ricerca di migliore vita.
Senza
riforma del sistema economico non si crea progresso, senza maturità
dei popoli la sua unione.
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