L'IO,
un essere di fronte alle tortuosità della sua redenzione
di
Lorenzo Russo
Due
lettere, che comprendono una personalità con tanti pregi e
difetti.
Gli
uni e gli altri si confrontano, giorno per giorno, per dar luogo a
ciò che viene generalmente definito sostanza di ogni esistenza
personale.
Dato
che esistono miliardi di questi „IO“ nel mondo, mi
chiedo, come sia possibile creare armonia e sostegno duraturo tra di
loro.
Ed
è da qui che sorge il timore di essere sopraffatto, già
addirittura sconfitto, umiliato, perseguitato, torturato, da poter
affermare, che a volte una morte precoce e svelta sarebbe la
soluzione migliore.
Ecco,
via da questo inferno, prima che la sfortuna mi prenda.
Eppure,
così non è. Ogni singolo ha il suo destino, che io
definisco un derivato di incapacità soggettiva in un ambiente
limitato, contro il quale ogni „IO“ diventa vittima o
eroe secondo il suo ancora indecifrabile corso e composizione.
Da
qui mi sembra, allora, che sia la forza della sopravvivenza che
genera in ogni „IO“ lo stimolo di cercare sostegno nei
suoi simili, per sentirsi più forte e protetto, e da qui
provare gioia e conforto.
Ma
proprio così non è, in quanto esiste anche un altro
stimolo, quello generante diffidenza, insicurezza che, insieme al
primo, danno luogo al flusso alternante di pace e discordia, serenità
e odio, generosità e avarizia e così via, che rendono
l'uomo un vagabondo, alla ricerca della luce (sapienza) della quale
vede solo un bagliore, ma non sa quale percorso scegliere per
raggiungerla..
Le
annunciazioni cristiane indicano all'uomo come comportarsi per
raggiungere il paradiso, ma, alludendo solo a quello celeste,
diventano incomprensibili, non vivibili qui in terra, se non con la
disposizione alla rinuncia di molti vantaggi e piaceri terreni, fino
ad essere pronto al sacrificio ultimo.
Il
conflitto tra terra e cielo è così programmato, e in
esso l'uomo diventa un condannato per volontà superiore,
uguale ad arretratezza costituzionale.
Da
qui mi è chiaro, quanto sia lungo e tortuoso il processo
evolutivo umano, sempre che esso esista veramente.
Con
la ragione non è comprensibile e raggiungibile, in quanto esso
si oppone alle costrizioni dimensionali, per cui non è
realizzabile qui in terra.
Cosa
dona, allora, il cristianesimo, ad eccezione di una forza
immaginaria, illusoria ma consolante, capace di rendere questa vita
vivibile, perchè è in grado di mettere scacco matto le
restrizioni terrene?
L'IO
cristiano, quello vero, considera questa vita la prova di banco per
raggiungere una dimensione superiore nel dopo.
Ed
io mi ci trovo in questa considerazione, in quanto, prima
istintivamente, ma adesso anche perchè confermata dalle
continue scoperte scientifiche, considero l'Universo una entità
complessa in continue mutazioni per raggiungere un fine evolutivo.
Solo
così riesco a spiegarmi il senso dell'esistenza dei contrasti,
in ogni loro forma e sostanza, in quanto generano continuamente nuove
energie in una dimensione di per sè limitata e quindi
destinata a scomparire.
Ma
quanto ottimismo è presente in questa considerazione!
Eppure,
senza di esso, la vita mi apparirebbe solo crudele, distruttiva,
priva della speranza di un buon fine, da pensare che sia proprio
questo ottimismo una creazione della forza della sopravvivenza,
uguale a sopravvivere oltre i limiti dimensionali, così che
ogni atto cruento e crudele compiuto dall'uomo riceverebbe una
propria giustificazione, quella di essere inevitabile al
conseguimento del processo evolutivo.
Sarebbe
come un poter raggiungere il paradiso soltanto attraverso l'inferno
dimensionale, che assume così il ruolo di necessità
energetica in un processo universale selezionativo e assunto
dall'uomo con immagini riflettenti il suo stato interpretativo.
La
vita terrena diventa, allora, per l'uomo banco di prova per meritarsi
un dopo migliore.
In
contrapposizione ad esso sta il fatalismo, che consiste nel
considerare tutto ciò che esiste come dovuto, escludendo la
capacità dell'uomo di poter migliorare qualcosa.
Entrambe
le posizioni sono da considerare di carattere religioso, perchè
nascono dal rapporto tra la realtà bruta della vita e la
possibile ed auspicabile esistenza di un domani migliore.
Le
vittime di questo processo sono il prezzo del suo conseguimento, per
cui ritengo possibile che alla fine i premiati diventino esseri di
un'altra specie, superiore e migliore.
Nel
frattempo mi chiedo, come sia possibile creare equilibrio e quindi
serenità e comprensione tra i tanti „IO“
esistenti, se non nell'accettazione reciproca delle differenze
personali, quali motore del processo di miglioramento della vita
stessa, di modo che dall'IO sorga il NOI.
|