Lavori
senza fine
di
Renzo Montagnoli
C’è
un articolo di fondo di Carlo Cavicchi sul numero di settembre di
Quattroruote che, secondo me, merita un approfondimento. Il
giornalista prende spunto dai facili entusiasmi per l’avvenuta
ricostruzione in due anni del ponte autostradale di Genova, per
ricordare che non c’é stato nulla di trascendentale in
questo lavoro, perché nel passato, in epoca romana, nello
stesso lasso di tempo furono costruiti i 262 chilometri della strada
tra Rimini e Piacenza, in cui fra l’altro i corsi d’acqua
da superare con dei ponti non erano per niente pochi. Altri tempi, si
dirà, ma allora che cosa si può obiettare per i dati
del Ponte di Oresund sul mare del Nord, che unisce la Danimarca alla
Svezia, lungo ben 16 Km. con campate di 400 metri, realizzato in soli
quattro anni? Da noi tutte le opere pubbliche, anche una
semplicissima rotatoria, procedono a rilento, vedendo impegnati pochi
operai, con soste spesso prolungate senza giustificazioni. Già
l’iter per decidere una infrastruttura e per assegnarne i
lavori di realizzazione è lunghissima, passando attraverso una
miriade di autorizzazioni, frutto di una burocrazia che comunque non
riesce a tutelare l’interesse pubblico. La fase dell’appalto,
poi, e dell’assegnazione dei lavori è spesso
contraddistinta da ricorsi, da partecipanti non in regola o che non
portano la documentazione richiesta, per non parlare delle pressochè
inevitabili cause promosse dagli esclusi. Può sembre logico
che in un’epoca moderna per fare una semplice rotatoria, dagli
inizi lavori alla loro fine, passi anche un anno? E’ evidente
che l’Italia ha anche in questo campo un’arretratezza
incredibile, senza dimenticare che spesso e volentieri l’opera
realizzata presenta a breve termine delle carenze anche strutturali.
E poi i nostri ponti, le nostre gallerie, le nostre strade, che in un
tempo non molto lontano erano il fiore all’occhiello del nostro
paese, ora, anche per la cattiva manutenzione, sono quasi sempre
dissestati. Penso che tutti comprendano che il paese Italia, per
essere al passo con i tempi, necessiti di profonde riforme in tutti i
campi, ovviamente compreso questo. A un governo di capaci e onesti
credo che, per cambiare l’Italia, occorrerebbero almeno una
trentina d’anni, che forse sembrano tanti, ma l’incuria,
l’inefficienza, la corruzione portano a questo stato di cose.
Nel caso della burocrazia non la si deve smantellare, la si deve solo
ridimensionare, affinché il cittadino e l’imprenditore
che si affaccino ai suoi sportelli la vedano come un servizio alle
loro richieste, e non un mostro rigido che aspira solo a imporre il
suo potere.
Per
quanto ovvio, questo snellimento comporta un bello sfalcio delle
migliaia di leggi inutili, facendo prevalere quelle che
effettivamente sono indispensabili.
Le
norme devono essere soprattutto chiare, ben comprensibili da tutti, e
avere un senso logico, cioè non essere messe lì per
complicare inutilmente la vita.
Non
credo che possano esistere particolari problemi ad attuare una simile
riforma, quello che serve è pertanto la volontà di
farla.
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