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  Editoriali  »  Ricordando Martin Luther King e il suo sogno, di Piera Maria Chessa 24/04/2021
 
Ricordando Martin Luther King e il suo sogno

di Piera Maria Chessa




Martin Luther King, il cui vero nome era Michael King Jr., nasce il 15 gennaio del 1929 ad Atlanta, in Georgia, nel Sud degli Stati Uniti. Il padre era un pastore protestante, la madre, un’insegnante. Fu proprio lui a dare al figlio quel nome per la profonda stima che nutriva verso Martin Lutero.

Il giovane Martin si accorge molto presto di quanto i paesi e le città del profondo sud siano razzisti nei confronti dei neri. Avviene già quando frequenta il primo corso di studi. In quel periodo, infatti, alcuni vicini di casa, genitori di un suo compagno, proibiscono ai figli di giocare con lui e con gli altri bambini neri. E certamente nel corso degli anni gli capita spesso di trovarsi in situazioni simili.

Studia Giurisprudenza, gli pare che sia quella la strada giusta per poter essere di aiuto ai suoi fratelli neri, ma non completa gli studi. Si iscrive poi alla facoltà di teologia, e diventa, come il padre, pastore protestante. Nel 1952, giovanissimo, tiene la sua prima predicazione nella chiesa battista di Atlanta, mostrando fin da allora un’incredibile propensione per l’arte oratoria. Incomincia a manifestare verso Gandhi una grande stima e altrettanto interesse per la sua lotta non violenta. Nel 1953 si laurea in filosofia. Nello stesso anno sposa Coretta Scott, anch’essa attivista, che affiancherà sempre il marito nelle battaglie civili in difesa degli afroamericani. Con lei, nel 1954, si trasferisce a Montgomery, in Alabama, dove diventa pastore della chiesa battista.

Ma è nel 1955 che, in seguito a un fatto estremamente ingiusto, capisce che bisogna opporsi seriamente ai tanti soprusi che continua a vedere intorno a sè.

Il 10 dicembre, a Montuna giovane donna nera, ultimato il suo lavoro, sale su un autobus per rientrare a casa. Poichè i posti per gli afroamericani, situati nella parte posteriore del mezzo, sono tutti occupati, Rosa Parks, questo è il suo nome, va a sedersi sul davanti, in un sedile riservato ai bianchi. Per questo gesto ritenuto offensivo, viene severamente ripresa, ma lei non si alza. Così viene arrestata e portata in carcere.

Nei giorni successivi vengono organizzate diverse manifestazioni, nessun uomo o donna di colore sale sugli autobus. Questa lotta non violenta va avanti per tanto tempo. Martin Luther King ne diventa subito il leader, per questo motivo viene accusato di aver procurato ingenti danni economici alla Compagnia dei trasporti pubblici.

Dovrebbe presto andare a processo, ma prima che questo avvenga, l’Alta Corte Costituzionale dichiara illegali gli abusi che i neri da tanto tempo sono costretti a subire sugli autobus di numerose città.

Parecchie volte, in seguito, Luther King verrà incarcerato, e in diverse circostanze sarà John Kennedy a pagare personalmente le cauzioni, perché possa uscire dal carcere.

Continua comunque senza sosta la sua rivoluzione non violenta. In tanti si uniscono a lui in questa lotta certamente difficile, molti neri, ma anche dei bianchi. Le manifestazioni si susseguono in tantecittà, e i sostenitori diventano sempre più numerosi. Nel corso degli anni scrive e tiene parecchi discorsi, seguiti con grande partecipazione. Le richieste sono sempre le stesse: diritti civili uguali per bianchi e neri. M.L. King lotta per il diritto di voto, si batte contro la segregazione razziale, e per le differenze tra bianchi e neri nelle assunzioni di lavoro.

Nel 28 agosto 1963, cento anni dopo il proclama di Lincoln per l’affrancamento dei neri dalla schiavitù, a Washington e in oltre ottocento città si organizzano manifestazioni non violente. E’ purtroppo la polizia a mostrarsi violenta nei confronti dei dimostranti. Tuttavia la pressione pubblica è talmente forte che il governo incomincia a cedere su alcuni punti.

La marcia di Washington viene guidata da M.L.King. Sono presenti duecentocinquantamila persone, cantano e pregano intorno al monumento di Lincoln. Chiedono che venga approvata la legge sulla parità dei diritti civili. E’ in quei momenti che L. King fa forse il suo discorso più appassionato e commovente:I have a dream (Io ho un sogno).

Il 22 novembre del 1963, il Presidente John Kennedy viene ucciso. In quella circostanza, Martin Luther King, consapevole del pericolo che corre, sembra abbia detto alla moglie che probabilmente anche lui sarebbe stato assassinato.

Nel 1964 finalmente il Congresso promulga la legge per la difesa dei diritti civili dei neri. E’ lo stesso anno in cui King ottiene il Premo Nobel per la Pace. I soldi ricevuti in premio verranno utilizzati per la causa degli afroamericani.

Il 4 aprile del 1968, M.L.King decide di partecipare ad uno sciopero indetto dai netturbini di Memphis. Mentre già si trova in un piccolo albergo della città, ed esattamente in una terrazza intento a chiacchierare con alcuni collaboratori, viene colpito alla testa da un colpo di fucile partito probabilmente da una finestra del palazzo situato di fronte. M. L. King muore quasi subito. Ha trentanove anni.

Nel frattempo, il presunto assassino, James Earl Ray, approfittando della confusione, riesce a scappare. Qualche mese dopo, però, viene catturato a Londra. Si proclama innocente, ma dice di conoscere il nome del vero assassino. Non gli credono e lo mettono in carcere.. Al processo viene condannato a 99 anni di detenzione.

Tuttavia, ancora oggi, su questa uccisione rimangono molti punti oscuri.

***

Il 4 aprile di quest’anno, a 53 anni dal giorno della morte, Martin Luther King viene ricordato, in un’intervista alla televisione, anche da uno dei suoi quattro figli: Martin Luther King III.

***

Di seguito, tre brani tratti dal Discorso tenuto a Washington il 28 agosto 1963: Io ho un sogno (I have a dream)

…”Ma c’è qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci porterà a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la sete di libertà bevendo alla coppa del rancore e dell’odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignità e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s’incontra con la forza dell’anima.”…

…”Il cammino è pieno di asprezze, ma nonostante le fatiche e le umiliazioni, ho ancora un sogno. Sogno che sulle rosse colline della Georgia i figli degli antichi schiavi e degli schiavisti possano sedere insieme al tavolo della fratellanza. Sogno che lo Stato del Mississipi, rigonfio d’oppressione e di brutalità, sia trasformato in terra di libertà e di giustizia. Sogno che un giorno l’Alabama sia trasformato in uno Stato dove bambine e bambini neri potranno dare la mano a bambine e bambini bianchi, e camminare insieme come fratelli e sorelle”…

…”Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!”…

***

A tanti anni di distanza, noi sappiamo bene che il suo sogno non si è ancora del tutto avverato.

Martin Luther King è riuscito certamente a far modificare alcune leggi, sulla carta alcuni diritti civili sono diventati realtà, ma il cammino verso una vera giustizia sociale è purtroppo molto lungo, e lo dimostrano i numerosi e recenti casi avvenuti in America.



https://pieramariachessa.wordpress.com/




 
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