Ricordando
Martin Luther King e il suo sogno
di
Piera Maria Chessa
Martin
Luther King,
il cui vero nome era Michael King Jr., nasce il 15 gennaio del 1929
ad Atlanta, in Georgia, nel Sud degli Stati Uniti. Il padre era un
pastore protestante, la madre, un’insegnante. Fu proprio lui a
dare al figlio quel nome per la profonda stima che nutriva verso
Martin Lutero.
Il
giovane Martin si accorge molto presto di quanto i paesi e le città
del profondo sud siano razzisti nei confronti dei neri. Avviene già
quando frequenta il primo corso di studi. In quel periodo, infatti,
alcuni vicini di casa, genitori di un suo compagno, proibiscono ai
figli di giocare con lui e con gli altri bambini neri. E certamente
nel corso degli anni gli capita spesso di trovarsi in situazioni
simili.
Studia
Giurisprudenza, gli pare che sia quella la strada giusta per poter
essere di aiuto ai suoi fratelli neri, ma non completa gli studi. Si
iscrive poi alla facoltà di teologia, e diventa, come il
padre, pastore protestante. Nel 1952, giovanissimo, tiene la sua
prima predicazione nella chiesa battista di Atlanta, mostrando fin da
allora un’incredibile propensione per l’arte oratoria.
Incomincia a manifestare verso Gandhi una grande stima e altrettanto
interesse per la sua lotta non violenta. Nel 1953 si laurea in
filosofia. Nello stesso anno sposa Coretta
Scott,
anch’essa attivista, che affiancherà sempre il marito
nelle battaglie civili in difesa degli afroamericani. Con lei, nel
1954, si trasferisce a Montgomery, in Alabama, dove diventa pastore
della chiesa battista.
Ma
è nel 1955 che, in seguito a un fatto estremamente ingiusto,
capisce che bisogna opporsi seriamente ai tanti soprusi che continua
a vedere intorno a sè.
Il
10 dicembre, a Montuna giovane donna nera, ultimato il suo lavoro,
sale su un autobus per rientrare a casa. Poichè i posti per
gli afroamericani, situati nella parte posteriore del mezzo, sono
tutti occupati, Rosa
Parks, questo
è il suo nome, va a sedersi sul davanti, in un sedile
riservato ai bianchi. Per questo gesto ritenuto offensivo, viene
severamente ripresa, ma lei non si alza. Così viene arrestata
e portata in carcere.
Nei
giorni successivi vengono organizzate diverse manifestazioni, nessun
uomo o donna di colore sale sugli autobus. Questa lotta non violenta
va avanti per tanto tempo. Martin Luther King ne diventa subito il
leader, per questo motivo viene accusato di aver procurato ingenti
danni economici alla Compagnia dei trasporti pubblici.
Dovrebbe
presto andare a processo, ma prima che questo avvenga, l’Alta
Corte Costituzionale dichiara illegali gli abusi che i neri da tanto
tempo sono costretti a subire sugli autobus di numerose città.
Parecchie
volte, in seguito, Luther King verrà incarcerato, e in diverse
circostanze sarà John Kennedy a pagare personalmente le
cauzioni, perché possa uscire dal carcere.
Continua
comunque senza sosta la sua rivoluzione non violenta. In tanti si
uniscono a lui in questa lotta certamente difficile, molti neri, ma
anche dei bianchi. Le manifestazioni si susseguono in tantecittà,
e i sostenitori diventano sempre più numerosi. Nel corso degli
anni scrive e tiene parecchi discorsi, seguiti con grande
partecipazione. Le richieste sono sempre le stesse: diritti civili
uguali per bianchi e neri. M.L. King lotta per il diritto di voto, si
batte contro la segregazione razziale, e per le differenze tra
bianchi e neri nelle assunzioni di lavoro.
Nel
28 agosto 1963, cento anni dopo il proclama di Lincoln per
l’affrancamento dei neri dalla schiavitù, a Washington e
in oltre ottocento città si organizzano manifestazioni non
violente. E’ purtroppo la polizia a mostrarsi violenta nei
confronti dei dimostranti. Tuttavia la pressione pubblica è
talmente forte che il governo incomincia a cedere su alcuni punti.
La
marcia di Washington viene guidata da M.L.King. Sono presenti
duecentocinquantamila persone, cantano e pregano intorno al monumento
di Lincoln. Chiedono che venga approvata la legge sulla parità
dei diritti civili. E’ in quei momenti che L. King fa forse il
suo discorso più appassionato e commovente:I have a dream (Io
ho un sogno).
Il
22 novembre del 1963, il Presidente John
Kennedy viene
ucciso. In quella circostanza, Martin Luther King, consapevole del
pericolo che corre, sembra abbia detto alla moglie che probabilmente
anche lui sarebbe stato assassinato.
Nel
1964 finalmente il Congresso promulga la legge per la difesa dei
diritti civili dei neri. E’ lo stesso anno in cui King ottiene
il Premo Nobel per la Pace. I soldi ricevuti in premio verranno
utilizzati per la causa degli afroamericani.
Il
4 aprile del 1968, M.L.King decide di partecipare ad uno sciopero
indetto dai netturbini di Memphis. Mentre già si trova in un
piccolo albergo della città, ed esattamente in una terrazza
intento a chiacchierare con alcuni collaboratori, viene colpito alla
testa da un colpo di fucile partito probabilmente da una finestra del
palazzo situato di fronte. M. L. King muore quasi subito. Ha
trentanove anni.
Nel
frattempo, il presunto assassino, James Earl Ray, approfittando della
confusione, riesce a scappare. Qualche mese dopo, però, viene
catturato a Londra. Si proclama innocente, ma dice di conoscere il
nome del vero assassino. Non gli credono e lo mettono in carcere.. Al
processo viene condannato a 99 anni di detenzione.
Tuttavia,
ancora oggi, su questa uccisione rimangono molti punti oscuri.
***
Il
4 aprile di quest’anno, a 53 anni dal giorno della morte,
Martin Luther King viene ricordato, in un’intervista alla
televisione, anche da uno dei suoi quattro figli: Martin Luther King
III.
***
Di
seguito, tre brani tratti dal Discorso
tenuto a Washington il 28 agosto 1963: Io ho un sogno (I have a
dream)
…”Ma
c’è qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una
soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il
processo che ci porterà a ottenere il posto che ci spetta di
diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la
sete di libertà bevendo alla coppa del rancore e dell’odio.
Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di
dignità e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra
protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e
ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza
fisica s’incontra con la forza dell’anima.”…
…”Il
cammino è pieno di asprezze, ma nonostante le fatiche e le
umiliazioni, ho ancora un sogno. Sogno che sulle rosse colline della
Georgia i figli degli antichi schiavi e degli schiavisti possano
sedere insieme al tavolo della fratellanza. Sogno che lo Stato del
Mississipi, rigonfio d’oppressione e di brutalità, sia
trasformato in terra di libertà e di giustizia. Sogno che un
giorno l’Alabama sia trasformato in uno Stato dove bambine e
bambini neri potranno dare la mano a bambine e bambini bianchi, e
camminare insieme come fratelli e sorelle”…
…”Io
ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in
una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della
loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno,
oggi!”…
***
A
tanti anni di distanza, noi sappiamo bene che il suo sogno non si è
ancora del tutto avverato.
Martin
Luther King è riuscito certamente a far modificare alcune
leggi, sulla carta alcuni diritti civili sono diventati realtà,
ma il cammino verso una vera giustizia sociale è purtroppo
molto lungo, e lo dimostrano i numerosi e recenti casi avvenuti in
America.
https://pieramariachessa.wordpress.com/
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