La
dinamica del potere
di
Lorenzo Russo
Per
comprendere le cause degli accadimenti di questo mondo bisogna
analizzare la complessità operativa e dinamica del potere.
Potere
è garanzia di sopravvivere sugli altri e agisce dappertutto
dove persone, famiglie, gruppi, stati sono in contatto tra di loro.
Da
qui sorgono le classi, a incominciare dalle più deboli fino
alle più forti. Le deboli dipendono dalle più forti
definendo così un sistema di dipendenze.
Non
è un sistema stabile, neanche duraturo, bensì
variabile, in quanto ogni individuo, dotato di buone condizioni
fisiche, intellettuali, cognitive e di buona volontà può
migliorare la sua posizione.
Lo
stesso vale per un gruppo, per uno stato quando fosse retto dagli
stessi ideali e propositi.
Accade,
così, che gli uomini, gruppi, stati si combattono sia per
mantenere la posizione raggiunta come per acquisirne una migliore.
Per
mantenere il potere sono spinti a tutto, a mentire, tradire,
intimorire, imbrogliare, usare violenza specialmente quella velata e
così via.
La
lotta per il potere infatua la mente, la offusca, acceca,
specialmente quando viene sostenuta da ideali religiosi forti ed
estremi o da scopi personali o di gruppo.
Ideali
e potere vanno solitamente insieme nella realizzazione degli scopi di
dominio.
È
il caso nel quale vengono propagati per necessità globale di
un paese, nazione, per diffusione di una religione, per ottenere il
necessario sostegno.
Tutti
i grandi accadimenti della storia umana sono nati sulla base di
un’apposita
interpretazione
del concetto di nazione, patria, gruppo, famiglia, credo. E qui
aggiungo opportunità.
Il
tutto avviene a scapito del popolo minuto, che viene così
sottomesso perchè è incapace di interpretare per il suo
bisogno il meccanismo della sopravvivenza umana, determinando così
la realtà terrena.
Si
lascia quindi convincere della necessità di ubbidire, anche
perchè la disubbidienza gli imporrebbe di essere pronto a
contrastare la violenza o imposizione subita con l'insurrezione, per
la quale necessiterebbe di una forte coesione dei suoi membri.
Di
fatto esistono ceti nel popolo che conducono una vita agiata, per cui
non sarebbero disposti a combattere per gli altri bisognosi di
sostegno.
Ed
è così che dove scoppia una rivoluzione emerge
solitamente una controrivoluzione al servizio della vecchia elite o
di un'altra comunque avversaria.
Questa
è la storia della vita umana in terra da quando l'uomo è
apparso ed è qui che mi sorge la domanda: è meglio
vivere alla giornata pur di sopravvivere o essere pronti alla lotta
per il proprio credo fondante sui diritti alla vita in libertà?
Sappiamo
bene quanti conflitti sono dovuti accadere fino al sorgere del
concetto che ogni individuo ha il diritto di vivere nel rispetto
della propria persona.
Sappiamo
anche bene quante vittime hanno pagato per la realizzazione di questo
sacrosanto diritto.
Ma
è anche comprensibile che il rispetto della propria persona
vada guadagnato, che gli aiuti vadano meritati.
È
giusto contrastare azioni di forza con la forza per difendere la
propria terra, famiglia, cultura, religione, o è meglio
fuggire e lasciare la difesa del tutto ad altri, per poi ritornare a
fatti compiuti?
È
il progresso frutto di un ragionamento logico o il risultato di
conflitti armati?
Mi
sembra che sia chiaro a chiunque che la democrazia occidentale è
a rischio fallimento.
Ma
lo è perchè è troppo umanitaria, da non
avvertire il pericolo derivante dall'essere troppo generosa,
accogliente senza merito.
Sono,
oggi, i popoli viventi in un sistema democratico pronti a difendere
la propria terra, il benessere raggiunto con impegno e sviluppo
cognitivo intellettuale e sociale? Noto infatti che si lasciano
invadere da individui con altre e contrapposte culture, religioni,
stile di vita senza avvertire il pericolo di venire sfruttati,
sottomessi.
È
il raggiunto benessere un pericolo quando induce per motivi umanitari
ad estenderlo ad altri senza che ne abbiano le necessarie premesse
formative?
Il
benessere non esiste senza l’impegno personale.
È
il cristianesimo applicabile in questo mondo? Se sì, allora i
credenti devono essere pronti al sacrificio ultimo nella speranza di
una vita nel dopo.
È
un popolo che non vuole difendersi è degno di essere
sostenuto?
Con
riferimento all'attuale situazione in Afghanistan sono scettico su
una sua soluzione pacifica.
Troppi
interessi e timori tra le grandi potenze coinvolte non lasciano
presagire una valida e breve soluzione.
Aggiungo
che le informazioni giornaliere presentateci non corrispondono del
tutto alla verità.
Penso
che, come è sempre stato in passato, anche in questo caso ogni
potenza coinvolta tende a tutelare i propri interessi.
La
ritirata dell'esercito afghano mi fa sospettare che si siano seguite
le direttive di un accordo segreto stipulato con i talebani qualche
anno fa.
E
qui ho il sospetto che anche la Cina sia in gioco per accedere alle
ingenti risorse minerarie del suolo vicino al suo confine.
Uno
scambio di favori tra gli USA, Cina e Talebani è anche
immaginabile.
Di
fatto, troppo facile e rapida è stata la conquista del paese
da parte dei talebani, da aver sorpreso gli americani stessi che
credevano in una lunga resistenza dell'esercito locale da loro
addestrato e armato con armi modernissime e costosissime.
A
breve si potrà vedere se le buone promesse dei nuovi padroni
verranno mantenute.
Nel
frattempo, il popolo scappa laddove sa di trovare rifugio e
assistenza senza problemi e domande, alle quali ho una solo risposta:
il popolo afghano non è ancora maturo per comprendere che il
diritto alla libertà non è un regalo bensì una
conquista sociale e morale.
Due
decenni di presenza occidentale sono troppo pochi per il risveglio
civile e sociale del paese, però si notano già le prime
azioni di resistenza alle quali partecipano anche le donne.
E
questo è un buon inizio, ma il mondo può migliorare
solo quando le grandi potenze finiranno di contrastarsi per il
dominio globale.
E
qui le religioni potrebbero facilitare il processo di unione e
sviluppo mobilitando i propri fedeli in questo senso, altrimenti
saranno i religiosi fanatici a trovare modo e opportunità di
ripresentarsi come inviati del loro Dio.
Ad
ognuno lascio la risposta. La mia è che istintivamente sarei
pronto a difendere la mia famiglia e terra di appartenenza nel caso
l’avessi conquistata con volontà, sacrifici e dedizione.
Aiutare
è giusto, ma non dimentichiamo che ognuno è
responsabile della sua vita.
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