Pasticci
all'italiana
Quando è esploso l'ennesimo scandalo,
quello che potremmo definire “calciopoli”, il primo
timore è stato che tutto finisse in una bolla di sapone. Siamo abituati,
infatti, a vedere episodi analoghi concludersi, dopo tanti clamori, nel più
assoluto silenzio e anche questa volta poco ci è mancato.
Non sto a dilungarmi sulla vicenda in
sé, ormai arciconosciuta, ma mi limito ad alcune semplici considerazioni:
1) Le
decisioni della Corte d'appello riducono, e non di poco, le sanzioni del primo
grado, già giudicate inadeguate dai sondaggi effettuati dal Corriere e da
Repubblica. Poiché, a quanto sembra di capire, non sarebbero
emersi nel dibattimento di secondo grado elementi o circostanze
attenuanti a favore degli imputati le conclusioni mi sembrano ovvie. Infatti, o
in primo grado si è stati troppo severi, o in appello si è stati troppo
clementi. In entrambi i casi, visto che l'accusa e i giudici erano
sostanzialmente gli stessi, la questione assume caratteristiche kafkiane.
Insomma, per non dilungarmi troppo, sembrerebbe una sentenza patteggiata.
2) Che debba
esistere una giustizia sportiva per chi ha commesso degli illeciti penalmente
rilevanti mi fa sorridere. Si potrà obiettare che è anche in corso di indagine
un procedimento penale, ma due sistemi, due organismi
per giudicare lo stesso reato mi sembrano francamente troppi e fuori luogo, con
il risultato che inevitabilmente i secondi giudicanti verranno influenzati dal
precedente esito.
3) Nei
citati sondaggi la maggior parte degli intervistati, e non si trattava di un
campione ridotto, invocava pene più severe, il che dimostra che, come esiste
uno scollamento fra la casse politica e il popolo
italiano, questo si riconferma anche al livello dell'autorità sportiva.
Già sono preannunciati ricorsi al TAR
e così penso che
andrà proprio a finire a vino e a
tarallucci. Niente di strano, comunque, perché nel Bel Paese chi va in galera è
solo il ladro di polli.