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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  Lampedusa, di Gianluca Ferrari 30/11/2022
 
Lampedusa

di Gianluca Ferrari



Era di notte e solo i denti

facevano di noi testimonianza:

sciaguattavano lampi di speranza

nel buio mastodontico Mediterraneo.

Mare placido come una vigna, quando fu

che indovinasti d’essere voragine, essenza

che sprofonda più volubile del sogno?

Al primo nostro gesto che corse –

violento incerto e propagò

dentro le onde con il furore delle fiamme?

Gesti terragni, trepidi come gli armenti

di Cariddi, ti sbriciolasti nell’oro morbido

dell’alba in un infarto ritornasti abbaglio,

la sabbia d’Africa da cui giungemmo.

Mare su aride braccia ottuse vorticose

che ardono nell’acqua ustorio specchio:

branco di gesti che vede il guado

mutarsi in divorante scaglia.

Cuore relitto e per il nostro occhio

antro, assenza d’orizzonti – la pigra

nenia dell’abisso. In ogni vena il morso

avido di un canto di sirena; così

ogni stella ci si spense nella gola

come rapida cometa; i seni delle madri

oscuri scogli nelle bocche tese degli infanti.

Poppammo flutti e un cieco diluvio ci estinse

specie bastarda, sbando della speranza;

ci fece gelo geometrico di spruzzi

disposti in fila nell’hangar bianco a Lampedusa.

Neppure il quieto brivido dell’erba sul nostro

scheletro sepolto dai sorrisi fondi

delle anemoni che non conoscono tempesta,

ma guizzo di murena a ricordarci per l’eterno

che noi nascemmo fummo e rimanemmo

solo preda. Il sangue immobile bottino

sul fondale; carne assopita in incubo

di madreperla poi dileguò a miti maledetti,

languida spettrale. Il nostro sole

è un’omelia che rapida s’asciuga.


Da Acquerelli gotici (edito in proprio, 2020)

 
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