Gli amanti del mattino
di Giuseppe Carlo Airaghi
Fidandosi della parzialità dei propri sguardi
i due amanti sulla panchina
si illudono di sedere in un idillio
dove lui può poggiare la mano
sul ginocchio consenziente di lei
(fantasticando di alzarle la gonna
f in oltre le mutandine che immagina rosa).
Lei indica il grano già verde
oltre la roggia e la cadenza dei tigli,
lui bestemmia gli insetti molesti
e il f iato caldo di un maggio anormale.
Capiamo bene che non si capiranno mai.
Se non fosse per le grida dei bimbi,
liberati a sfogarsi in giardino,
si convincerebbero davvero
(malgrado le grammatiche non condivise)
di sedere dentro un paesaggio
dipinto soltanto per loro.
"Lancino in aria ora le loro grida di vittoria,
ora che ancora possono,
ora che ancora la vita non li ha ammaestrati"
pensa lui ma non lo dice
(non si può criticare l´infanzia
senza apparire privo di cuore).
"Non è necessaria alcuna approvazione
dell´amministrazione comunale"
pensa lei meditando la fuga
"per aprirsi un sentiero tra l´erba alta
dietro quello che resta della cascina,
per andarsi a cercare il silenzio
di cui abbiamo evidente bisogno".
Da Quello che ancora restava da dire (Fara, 2020)