La
tabellina dell’otto
di
massimolegnani
Era
un uomo senza un’età ben definita e ne andava
scioccamente fiero. A essere più precisi, di età ne
aveva sin troppe, tutte discordanti tra loro, tanto che alla fine non
sapevi quale potesse essere la giusta.
Quella
depositata all’anagrafe era la meno credibile, un passaporto
forse falso in mano al doganiere sospettoso, l’aspetto
confondeva, lui ora sembrava asciutto come un mezzofondista
finlandese, ora appariva floscio, un pallone bucato che si sgonfia
piano piano con un sibilo. Nemmeno lo sguardo aiutava, sempre in
bilico tra uno stupore più adatto ad altre epoche e lo
smarrimento proprio dell’anziano che non trova più la
via di casa.
Pochi
gli appigli certi, quel mantenersi a margine dei fatti importanti che
denotava in lui l’intellettuale di mezz’età ormai
scettico sul potere delle parole, e in effetti aveva più
silenzi che prese di posizione in cui arroccarsi. E poi quel suo
cavalcare sicuro la moto come un cavallo che aveva domato in
vent’anni d’esperienza.
Lei,
al contrario, aveva l’età indubbia della terza
elementare che le leggevi in faccia, la frangetta a coprire una
fronte intelligente, gli occhi birichini, due trecce ai lati da fare
invidia a PippiCalzelunghe e uno sbaffo di pennarello verde sulla
guancia destra; lo usava, il verde, per scrivere le cifre finali dopo
una somma meditata a lungo. Lei amava la chiarezza dei numeri, la
precisione delle operazioni imparate da poco, i risultati limpidi
raramente errati, mentre odiava le virgole, i resti, gli avanzi che
le impedivano la cifra certa e tonda.
Ma
tu quanti hai? gli chiese a bruciapelo, dopo averlo squadrato e
studiato come un problema di non facile soluzione.
Lui
rise con quella sua risata grassa, utile a prendere tempo e distanza.
Prendi
la tabellina corrispondente ai tuoi anni, scorrila tutta e in uno dei
risultati troverai la mia età esatta. Gli sembrò di
aver proposto un gioco arguto da cui entrambi avrebbero potuto trarre
qualche divertimento.
La
bambina si mise d’impegno a ripetere a mente tutta la
tabellina, muoveva veloce le labbra come una vecchia che sgrani a
memoria il rosario. Su un foglietto riportò in verde i dieci
risultati, né scartò subito alcuni troppo inverosimili
e fissò i rimanenti con l’attenzione che dedicava sempre
all’aritmetica. Poi, senza remore né dubbi, esclamò:
OTTANTA!
L’uomo
boccheggiò come un pesce preso all’amo. Fece un sorriso
tirato, scompigliò la frangetta alla bambina ma non volle
confermare o bocciare il risultato da lei espresso con tanta
sicurezza, era troppo demoralizzato. Aveva sperato nel 6x8, che lo
avrebbe piazzato onorevolmente sotto il mezzo secolo, avrebbe
accettato di buon grado anche un 7x8 un po’ maligno, ma il 10x8
lo aveva steso. Si sentiva un pugile al tappeto, difficile rialzarsi
al conteggio.
È
che ottanta ancora mancava alla sua collezione. Era un’età
che anche a guardarla da lontano gli aveva sempre messo paura.
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