Di
nuovo in giostra
di
massimolegnani
Ormai
sono cresciuto, da due mesi faccio la prima media, e ora alla Fiera
dei morti ci vado per conto mio, di solito in bicicletta dopo la
scuola, con o senza il permesso dei miei genitori.
Oggi
ci sono venuto con i miei amici, abbiamo legato le bici a un palo e
ci siamo tuffati nella folla. Mi piace lo stordimento delle musiche
sparate dagli altoparlanti e delle voci degli imbonitori urlate nei
microfoni, adoro l’odore di fritto dei krapfen e quello
dolciastro dello zucchero filato, mi attira anche la calca della
gente che ti sballotta di qui e di là. Ho la sensazione di
entrare in un mondo a parte, che mescola reale e fantastico, infanzia
e vita adulta, gioco e avventura.
Mentre
mi aggiro tra i banchi, mi rendo conto di avere una mia personale
aspettativa da questo pomeriggio che non voglio condividere con gli
amici: spero di ritrovare lo strano baraccone dell’anno scorso,
una giostra “a chiamata”, dove una ragazza che sembrava
una fata diventava padrona del nostro destino.
Con
una scusa abbandono i miei amici e mi metto a cercare il baraccone
che mi interessa. Lo trovo dopo una ricerca che stava diventando
affannosa. Apparentemente è una giostra come le altre,
cavallucci e camion dei pompieri, insomma roba da piccoli, un po’
ridicola alla mia età, ma ha un’attrattiva che la
renderebbe invitante a qualunque età: ha un aeroplano biposto
dove la ragazza-fata ogni tanto invita qualcuno per un giro gratuito.
A
permessi e spintoni riesco a guadagnare la prima fila e la vedo,
ancora più bella di come la ricordavo, alta e con un vago
sorriso che le increspa le labbra. Indossa un corpetto argenteo che
luccica di lustrini, e sopra una giacca rossa da domatore con le
spalline dorate e gli alamari lasciati slacciati. La guardo
imbambolato muoversi sicura tra le macchinine e fissare con dolcezza
il suo piccolo pubblico.
Mi
domando se si ricordi di me, l’anno scorso non mi aveva scelto
per quanto mi sbracciassi per farmi notare. Ma ora sono più
grande e determinato, serro la bocca, mi faccio serio e mi do una
sistemata ai capelli, ma intanto per questo giro lei ha già
scelto un altro, uno che a me sembra un ciccione brufoloso privo del
minimo fascino. I due salgono sull’aereo, li vedo parlottare
fitto e ridere, fremo di rabbia.
Intanto,
senza che me ne accorgessi, mi ha raggiunto il mio amico Mauro. Mi dà
di gomito e con la punta del mento mi indica la fata dai neri capelli
al vento, come se conoscesse il mio segreto, o forse vuole
condividere con me un suo apprezzamento. Mi guardo intorno e noto che
anche nei volti degli altri ragazzi assiepati ai bordi della giostra
c’è la mia stessa attesa trepidante. Sarà una
dura lotta. Ho l’impressione che la ragazza mi fissi ogni volta
che mi passa davanti, così al giro successivo provo a
sorriderle e lei mi fa un chiaro cenno di saluto.
Questa
volta è fatta!
Il
ciccione è stato scaricato e per ora nessuno ha preso il suo
posto.
Scalpito
e spero, ma non sono io il prescelto del momento e nemmeno di quello
successivo. Mauro che nota il mio malumore mi propone un giro in
giostra, visto che siamo lì da un’ora. Riluttante mi
siedo con lui su una macchinetta della polizia che ci va decisamente
stretta. Mi sento ridicolo e arrossisco quando mi accorgo che lei mi
ha visto. Appena finisce il giro schizzo fuori e torno a occupare il
mio posto in prima fila giusto in tempo per vedere chi va a sedersi
nell’aeroplano con la mia fata: è Ross, l’italoamericano
che era stato in classe con me in quinta elementare. Uno sbruffone
pieno di sé che quando ci voleva stupire si metteva a parlare
in quella lingua sconosciuta. Se prima mi stava antipatico ora lo
odio con tutte le mie forze, anche perché lei gli regala ben
due giri consecutivi di giostra, cosa mai successa. Però il
viaggio deve essere stato turbolento perché alla fine Ross
scende giallo come un limone, barcolla un po’ e poi sparisce
tra la folla. Anche la mia fata non sembra tanto in forma, è
pallida e per un po’ non convoca nessuno.
Io
resto inchiodato lì, cocciutamente in attesa del momento
buono. Sto rovinando il pomeriggio anche a Mauro che mi resta fedele
a fianco.
La
ragazza ha ripreso a scrutare il suo pubblico alla ricerca di un
nuovo compagno. Di nuovo mi vede e mi sorride, e io torno a sperare,
ma subito il suo sguardo si sposta sul mio amico e gli fa cenno di
averlo scelto. Mauro resta perplesso, mi guarda e arrossisce
imbarazzato. Poi, rivolto a lei, scuote la testa in segno di rifiuto.
Sono troppo amareggiato per essergli riconoscente, scappo via e mi
rifugio dove la musica è più assordante e la confusione
al culmine. Nessuno bada a me mentre scoppio in un pianto di rabbia.
Ondeggio
imbambolato tra la gente con lo sguardo risvolto ai sassi che prendo
a calci, quando vado a sbattere proprio contro di lei.
Ti
ho visto scappare e ho mollato tutto per venirti a cercare. Non
voglio vederti triste.
Mi
parla con una voce soave che mi mette i brividi.
La
giostra è così, felicità per qualcuno, delusione
per tanti. Mi sei simpatico ma per quest’anno non ti faccio
salire sull’aereo, perdonami.
Mi
accarezza una guancia con un gesto caldo, adulto, mentre io mi
accorgo che è più giovane di quel che credevo: sotto i
lustrini il torace è piatto e in bocca porta l’apparecchio
dei denti. Ma per me resta la fata irraggiungibile di prima.
Mi
allontano senza risponderle e penso che con la sua dolcezza mi ha
tolto anche il diritto di odiarla.
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