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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Di nuovo in giostra, di massimolegnani 07/06/2021
 
Di nuovo in giostra

di massimolegnani



Ormai sono cresciuto, da due mesi faccio la prima media, e ora alla Fiera dei morti ci vado per conto mio, di solito in bicicletta dopo la scuola, con o senza il permesso dei miei genitori.

Oggi ci sono venuto con i miei amici, abbiamo legato le bici a un palo e ci siamo tuffati nella folla. Mi piace lo stordimento delle musiche sparate dagli altoparlanti e delle voci degli imbonitori urlate nei microfoni, adoro l’odore di fritto dei krapfen e quello dolciastro dello zucchero filato, mi attira anche la calca della gente che ti sballotta di qui e di là. Ho la sensazione di entrare in un mondo a parte, che mescola reale e fantastico, infanzia e vita adulta, gioco e avventura.

Mentre mi aggiro tra i banchi, mi rendo conto di avere una mia personale aspettativa da questo pomeriggio che non voglio condividere con gli amici: spero di ritrovare lo strano baraccone dell’anno scorso, una giostra “a chiamata”, dove una ragazza che sembrava una fata diventava padrona del nostro destino.

Con una scusa abbandono i miei amici e mi metto a cercare il baraccone che mi interessa. Lo trovo dopo una ricerca che stava diventando affannosa. Apparentemente è una giostra come le altre, cavallucci e camion dei pompieri, insomma roba da piccoli, un po’ ridicola alla mia età, ma ha un’attrattiva che la renderebbe invitante a qualunque età: ha un aeroplano biposto dove la ragazza-fata ogni tanto invita qualcuno per un giro gratuito.

A permessi e spintoni riesco a guadagnare la prima fila e la vedo, ancora più bella di come la ricordavo, alta e con un vago sorriso che le increspa le labbra. Indossa un corpetto argenteo che luccica di lustrini, e sopra una giacca rossa da domatore con le spalline dorate e gli alamari lasciati slacciati. La guardo imbambolato muoversi sicura tra le macchinine e fissare con dolcezza il suo piccolo pubblico.

Mi domando se si ricordi di me, l’anno scorso non mi aveva scelto per quanto mi sbracciassi per farmi notare. Ma ora sono più grande e determinato, serro la bocca, mi faccio serio e mi do una sistemata ai capelli, ma intanto per questo giro lei ha già scelto un altro, uno che a me sembra un ciccione brufoloso privo del minimo fascino. I due salgono sull’aereo, li vedo parlottare fitto e ridere, fremo di rabbia.

Intanto, senza che me ne accorgessi, mi ha raggiunto il mio amico Mauro. Mi dà di gomito e con la punta del mento mi indica la fata dai neri capelli al vento, come se conoscesse il mio segreto, o forse vuole condividere con me un suo apprezzamento. Mi guardo intorno e noto che anche nei volti degli altri ragazzi assiepati ai bordi della giostra c’è la mia stessa attesa trepidante. Sarà una dura lotta. Ho l’impressione che la ragazza mi fissi ogni volta che mi passa davanti, così al giro successivo provo a sorriderle e lei mi fa un chiaro cenno di saluto.

Questa volta è fatta!

Il ciccione è stato scaricato e per ora nessuno ha preso il suo posto.

Scalpito e spero, ma non sono io il prescelto del momento e nemmeno di quello successivo. Mauro che nota il mio malumore mi propone un giro in giostra, visto che siamo lì da un’ora. Riluttante mi siedo con lui su una macchinetta della polizia che ci va decisamente stretta. Mi sento ridicolo e arrossisco quando mi accorgo che lei mi ha visto. Appena finisce il giro schizzo fuori e torno a occupare il mio posto in prima fila giusto in tempo per vedere chi va a sedersi nell’aeroplano con la mia fata: è Ross, l’italoamericano che era stato in classe con me in quinta elementare. Uno sbruffone pieno di sé che quando ci voleva stupire si metteva a parlare in quella lingua sconosciuta. Se prima mi stava antipatico ora lo odio con tutte le mie forze, anche perché lei gli regala ben due giri consecutivi di giostra, cosa mai successa. Però il viaggio deve essere stato turbolento perché alla fine Ross scende giallo come un limone, barcolla un po’ e poi sparisce tra la folla. Anche la mia fata non sembra tanto in forma, è pallida e per un po’ non convoca nessuno.

Io resto inchiodato lì, cocciutamente in attesa del momento buono. Sto rovinando il pomeriggio anche a Mauro che mi resta fedele a fianco.

La ragazza ha ripreso a scrutare il suo pubblico alla ricerca di un nuovo compagno. Di nuovo mi vede e mi sorride, e io torno a sperare, ma subito il suo sguardo si sposta sul mio amico e gli fa cenno di averlo scelto. Mauro resta perplesso, mi guarda e arrossisce imbarazzato. Poi, rivolto a lei, scuote la testa in segno di rifiuto. Sono troppo amareggiato per essergli riconoscente, scappo via e mi rifugio dove la musica è più assordante e la confusione al culmine. Nessuno bada a me mentre scoppio in un pianto di rabbia.

Ondeggio imbambolato tra la gente con lo sguardo risvolto ai sassi che prendo a calci, quando vado a sbattere proprio contro di lei.

Ti ho visto scappare e ho mollato tutto per venirti a cercare. Non voglio vederti triste.

Mi parla con una voce soave che mi mette i brividi.

La giostra è così, felicità per qualcuno, delusione per tanti. Mi sei simpatico ma per quest’anno non ti faccio salire sull’aereo, perdonami.

Mi accarezza una guancia con un gesto caldo, adulto, mentre io mi accorgo che è più giovane di quel che credevo: sotto i lustrini il torace è piatto e in bocca porta l’apparecchio dei denti. Ma per me resta la fata irraggiungibile di prima.

Mi allontano senza risponderle e penso che con la sua dolcezza mi ha tolto anche il diritto di odiarla.

 
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