Oro
sulle cicatrici
di
massimolegnani
Dei
giapponesi ho in antipatia quasi ogni cosa, i formicai delle città,
l’arretratezza delle campagne, il pesce crudo, la poca carne,
l’attaccamento acritico al lavoro, il concetto distorto
dell’onore, la devozione all’imperatore, la concezione
arcaica della donna (la geisha, per quanto la favoleggino, è
serva o puttana dell’uomo), la sperequazione sociale che al
confronto noi sembriamo modelli di virtù. Ma questa idea,
questa filosofia, di ricomporre le fratture senza nasconderle, anzi
evidenziandole con l’oro, è davvero suggestiva, indica
un modo che va oltre le ceramiche infrante.
Tu
quel vaso, che la finestra, mossa dal vento, aveva infranto, tu un
tempo, a seconda della gravità del danno, avresti buttato i
cocci cercando nei negozi un degno sostituto, oppure ne avresti
operato un fine restauro fino a farlo sembrare nuovo, come mai rotto.
Questa volta invece hai scelto la strada giapponese: una
ricostruzione attenta ma non ossessiva, imperfetta e quindi esatta al
sentimento, accettando cioè l’idea che quello è
stato innanzitutto un vaso rotto. E poi un ripassare amorevole le
linee di frattura con una doratura, suggerendo cioè che questo
vaso è il medesimo eppur diverso da quello andato in pezzi.
Ecco,
dovremmo procurarci anche noi una polvere d’oro per i nostri
cocci, spalmarla l’un l’altra sulle ferite inferte, senza
l’intento di cancellarle o di contarle una per una, chè
sappiamo entrambi da che parte penda quel conteggio. Oro sulle
cicatrici per non dimenticarcene e per continuare con la cura anche
quando queste siano apparentemente rimarginate. E poi guardare con
orgoglio il vaso ricomposto. Per tutto il resto avremo tempo.
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