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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  E gli atomi si sa…, di massimolegnani 05/04/2022
 
E gli atomi si sa…

di massimolegnani




Camillo guardava oltre i vetri il prato reso brullo dal gelo e intanto ripensava all’estate. Senza voltarsi disse: Il caldo impedisce ai pensieri di trasformarsi in azioni, il freddo invece costringe gli atomi a girare vorticosamente per scaldarsi. E gli atomi si sa…ma non aggiunse altro, come fosse chiaro il seguito della frase.

Dietro di lui il maresciallo dei carabinieri sospirò.

Insomma, lei ci ha telefonato dicendo che voleva costituirsi, ma ancora non ci ha detto che crimine ha commesso.

Camillo lo guardò perplesso.

Mi concederanno le attenuanti metereologiche?

Attenuanti metereologiche?? Ma di cosa parla?

Bè, in estate non sarebbe successo, questo è sicuro.

Ma successo cosa, perbacco!

Camillo mosse stancamente una mano nell’aria:

Come non detto, maresciallo.

Poi capì che doveva pur dare una spiegazione.

Come non detto, ripetè. Le parole stanno prendendo una piega diversa dalle mie intenzioni. Perché il non detto non è una trama sibillina, un gioco scemo col lettore appassionato di enigmistica, completate le caselle in bianco, risulterà una frase celebre. No, io ho in mente un vero contrabbando, il non detto per me è sotterfugio di emozioni, io stesso il primo doganiere da far fesso mentre spulcia le valigie, nulla da dichiarare, guardi, guardi pure, solo cravatte e giacche, il rasoio elettrico, un ombrello pieghevole, un orologio d’acciaio e oro e altri oggetti-altre parole che non mi appartengono, appartengono a una storia, pura invenzione, che se vuole le racconto. Nessun affetto personale. Ma nel doppiofondo celo ciò che non potrebbe uscire dai confini pattugliati del mio io, un’inconfessata nostalgia, un desiderio impuro, il rammarico per un antico errore, la paura, sì soprattutto la paura di non essere abbastanza, l’orrore per lo spreco, il rimpianto di non essermi sprecato e tutto quanto mi mulina dentro e non compare.

Di fronte a quel fiume di parole farneticanti il maresciallo tentò di mantenere un minimo di razionalità:

Se si tratta di contrabbando sono venuto fin qui per niente. Dovrò avvisare i colleghi della Finanza. Ma lei resti a disposizione finchè non sarà verificata l’entità del contrabbando.

Camillo scosse il capoccione. No, è lei la persona giusta per comprendere quello che ho fatto e perché.

Prese il maresciallo sottobraccio come un amico a cui si sta per confidare un segreto, e con lui si avviò verso lo studio chiuso da una porta a doppio battente: quando lui ha cominciato a ridacchiare dopo avermi messo in difficoltà muovendo un alfiere con obliqua perfidia, io ho preso la matita con cui segno le mosse e mi sono messo a temperarla per scaricare il nervosismo. Con l’afa e le cicale, con l’aria torrida che invita all’immobilità, avrei fatto una banalissima punta priva di conseguenze. Ma c’era freddo dentro e fuori dalla stanza, e il freddo a lui faceva vorticare le sinapsi in una girandola di mosse da campione (lui che campione non è mai stato), e a me faceva temperare la matita con rabbia. Volevo passare all’azione ma i brividi che provavo non mi suggerivano ancora che azione intraprendere, solo la matita da temperare ossessivamente.

Camillo spalancò la porta e si fece da parte per far entrare il maresciallo.

Capisce ora? D’estate la punta non sarebbe stata così acuminata e la mia rabbia sarebbe sbollita prima di diventare azione. Ma con questo freddo gli atomi impazziscono, è stato inevitabile agire. E gli atomi si sa…

Camillo indicò il tavolino al centro della stanza e lasciò cadere le braccia in una desolazione infinita, come se lui non fosse responsabile di quello scempio: un corpo era accasciato su una sedia, con la testa riversa sulla scacchiera. Nell’occhio sinistro era conficcata una matita.





 
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