E
gli atomi si sa…
di
massimolegnani
Camillo
guardava oltre i vetri il prato reso brullo dal gelo e intanto
ripensava all’estate. Senza voltarsi disse: Il caldo
impedisce ai pensieri di trasformarsi in azioni, il freddo invece
costringe gli atomi a girare vorticosamente per scaldarsi. E gli
atomi si sa…ma non aggiunse altro, come fosse chiaro il
seguito della frase.
Dietro
di lui il maresciallo dei carabinieri sospirò.
Insomma,
lei ci ha telefonato dicendo che voleva costituirsi, ma ancora non ci
ha detto che crimine ha commesso.
Camillo
lo guardò perplesso.
Mi
concederanno le attenuanti metereologiche?
Attenuanti
metereologiche?? Ma di cosa parla?
Bè,
in estate non sarebbe successo, questo è sicuro.
Ma
successo cosa, perbacco!
Camillo
mosse stancamente una mano nell’aria:
Come
non detto, maresciallo.
Poi
capì che doveva pur dare una spiegazione.
Come
non detto, ripetè. Le parole stanno prendendo una piega
diversa dalle mie intenzioni. Perché il non detto non è
una trama sibillina, un gioco scemo col lettore appassionato di
enigmistica, completate le caselle in bianco, risulterà una
frase celebre. No, io ho in mente un vero contrabbando, il non detto
per me è sotterfugio di emozioni, io stesso il primo doganiere
da far fesso mentre spulcia le valigie, nulla da dichiarare, guardi,
guardi pure, solo cravatte e giacche, il rasoio elettrico, un
ombrello pieghevole, un orologio d’acciaio e oro e altri
oggetti-altre parole che non mi appartengono, appartengono a una
storia, pura invenzione, che se vuole le racconto. Nessun affetto
personale. Ma nel doppiofondo celo ciò che non potrebbe
uscire dai confini pattugliati del mio io, un’inconfessata
nostalgia, un desiderio impuro, il rammarico per un antico errore, la
paura, sì soprattutto la paura di non essere abbastanza,
l’orrore per lo spreco, il rimpianto di non essermi sprecato e
tutto quanto mi mulina dentro e non compare.
Di
fronte a quel fiume di parole farneticanti il maresciallo tentò
di mantenere un minimo di razionalità:
Se
si tratta di contrabbando sono venuto fin qui per niente. Dovrò
avvisare i colleghi della Finanza. Ma lei resti a disposizione finchè
non sarà verificata l’entità del contrabbando.
Camillo
scosse il capoccione. No, è lei la persona giusta per
comprendere quello che ho fatto e perché.
Prese
il maresciallo sottobraccio come un amico a cui si sta per confidare
un segreto, e con lui si avviò verso lo studio chiuso da una
porta a doppio battente: quando lui ha cominciato a ridacchiare
dopo avermi messo in difficoltà muovendo un alfiere con
obliqua perfidia, io ho preso la matita con cui segno le mosse e mi
sono messo a temperarla per scaricare il nervosismo. Con l’afa
e le cicale, con l’aria torrida che invita all’immobilità,
avrei fatto una banalissima punta priva di conseguenze. Ma c’era
freddo dentro e fuori dalla stanza, e il freddo a lui faceva
vorticare le sinapsi in una girandola di mosse da campione (lui che
campione non è mai stato), e a me faceva temperare la matita
con rabbia. Volevo passare all’azione ma i brividi che provavo
non mi suggerivano ancora che azione intraprendere, solo la matita da
temperare ossessivamente.
Camillo
spalancò la porta e si fece da parte per far entrare il
maresciallo.
Capisce
ora? D’estate la punta non sarebbe stata così acuminata
e la mia rabbia sarebbe sbollita prima di diventare azione. Ma con
questo freddo gli atomi impazziscono, è stato inevitabile
agire. E gli atomi si sa…
Camillo
indicò il tavolino al centro della stanza e lasciò
cadere le braccia in una desolazione infinita, come se lui non fosse
responsabile di quello scempio: un corpo era accasciato su una sedia,
con la testa riversa sulla scacchiera. Nell’occhio sinistro era
conficcata una matita.
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