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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  In cammino, di massimolegnani 10/05/2022
 
In cammino

di massimolegnani



Ormai camminava da tanto tempo e non ricordava più quando fosse partito né da dove, come da adulti non ci si ricorda quando e come sia iniziata la propria infanzia. Lo aveva deciso lui di partire oppure era stato spinto dalla necessità? O era stato, piuttosto, il caso che governa la vita di ciascuno? Non sapeva, ma In fondo non aveva importanza: una volta iniziato il cammino era inutile porsi domande a cui non si poteva rispondere.

Passo dopo passo andava avanti cercando di vincere la stanchezza e trovando talvolta conforto nel paesaggio. Aveva attraversato un bosco di larici, resina e oro a perdita d’occhio, il tappeto di aghi sotto i suoi piedi rendeva felpato il passo come passeggiasse per casa in pantofole di feltro, su ogni ramo un uccello, quasi invisibile, cantava, come una radio accesa sulla stazione preferita. Sotto un albero aveva trovato un ramo solido e dritto, e con quello si era costruito un bastone da passeggio di cui andava fiero: lo aveva scortecciato, levigato con una pietra, rinvigorito nell’acqua di un ruscello e stagionato al calore di un falò. Ora il bastone costituiva un sostegno che lo aiutava nei passaggi più impegnativi a reggere il proprio corpo invecchiato.

Le giornate erano scandite da piccoli imprevisti, un guado che non sempre andava liscio, un fuoco che stentava a ravvivarsi, un acquazzone in campo aperto da cui difendersi alla meno peggio, e da minime gioie, un’alba da salutare al caldo del saccoapelo, un cane randagio che aveva preso a seguirlo scodinzolando, una corona di montagne innevate a lucidargli gli occhi e migliorargli il respiro. Ma il cane, l’alba, il piede a bagno, l’acquazzone, avevano tutti la stessa valenza, lui gli imprevisti, al pari delle gioie, li viveva con il pacato entusiasmo che dava senso al viaggio.

Era solo ma ogni tanto lo raggiungeva qualcuno che, anziché superarlo di slancio, lo affiancava rallentando la propria andatura per percorrere un tratto assieme. Allora lui condivideva con lo sconosciuto la marcia e la sosta, il pane e il silenzio, aveva imparato che gli sguardi muti avvicinano più delle parole.

Uscito dal bosco l’ambiente si era fatto più spoglio ma ugualmente affascinante, qualche pino solitario, macchie di cespugli in fiore, prati sconfinati punteggiati da cerbiatti e daini che prudentemente si allontanavano al suo passaggio. Camminava a passo lento e costante, e solo quando alzava lo sguardo vedendo in lontananza la pietraia solcata da torrenti spumeggianti e piccole cascate si rendeva conto che il suo cammino era in realtà una continua impercettibile salita.

Quel mattino, preparato lo zaino e spento il fuoco, rimase a lungo con il mento appoggiato all’estremità del bastone, lo sguardo che vagava tra cielo e rocce. Un’aquila disegnava ampi cerchi immobili nella limpidezza celeste alla ricerca di qualche preda, il silenzio era rotto solo dai fischi d’allarme delle marmotte. Lui guardava e ascoltava il semplice spettacolo della natura.

È questa la felicità?, si chiese perplesso e senza rispondersi riprese il suo lento cammino.


 
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