Il
male minore
di
massimolegnani
Pierluigi
non era una bella persona, ma pochi lo sapevano. Apparentemente era
il più gioviale del gruppo, sempre pronto alla battuta
scherzosa e alle smargiassate, ma nel suo intimo aveva una brace di
rancore, di invidie e di altre piccole meschinità che non si
spegneva mai.
Era
una brace partita da lontano, dall’orologio della cresima
esibito in classe, ammirato per due giorni dai compagni e poi
surclassato da quello di Aldo che aveva anche il cronometro. Una
brace che nel tempo si era alimentata di tanti episodi che seguivano
sempre il medesimo copione, lui sfiorava un fugace primeggiare nei
campi più disparati, ragazze, pingpong, corsa campestre, per
poi ritrovarsi relegato in una posizione di secondarietà
frustrante (“mi sarei messa davvero con te, Pier, se non si
fosse fatto avanti Giorgio; sai lui ha la vespa 125” gli
aveva detto Nicoletta, dopo averlo illuso la sera prima con qualche
bacio distratto).
Era
maggio, Pierluigi stava viaggiando con gli amici in treno alla volta
di Verona, i posti prenotati da mesi all’Arena per assistere
alla consacrazione finale della maglia rosa. L’idea iniziale
era di arrivare nella città veneta in bicicletta dopo aver
attraversato a tappe forzate mezza pianura padana. Un progetto epico
accarezzato a lungo e stroncato dagli eventi tremendi di
quell’inverno che non avevano risparmiato nessun componente del
gruppo. Nell’arco di un solo mese, l’orribile febbraio,
una successione incredibile di tragedie personali si era abbattuta su
di loro come grandine ad agosto.
Il
primo a soccombere era stato proprio Pierluigi, colpito da un infarto
che lo aveva tenuto sospeso per giorni in un limbo incerto. L’unico
conforto per lui era stata la vicinanza degli amici che lo avevano
blandito e aiutato come mai era successo. Ma poi una notte ad Armando
avevano applicato quattro bypass in emergenza ed ogni energia del
gruppo si era dirottata su di lui. E dopo Armando, l’ictus di
Riccardo, il dimagramento inequivocabile di Fabrizio e via così
in una cascata senza fine che li sommerse tutti.
Nello
scompartimento a loro riservato Pierluigi osservava i suoi compagni,
non tanto i volti protesi verso un’allegria posticcia quanto le
menomazioni di ciascuno. Valutava i danni residui e quelli
preventivabili per il futuro con l’occhio freddo di un perito
d’assicurazione. Lui era il male minore, glielo aveva ribadito
anche Riccardo, biascicando le parole con la bocca deformata da un
ghigno involontario. Ma per una volta a Pierluigi non dispiacque
l’ennesima dimostrazione della propria secondarietà.
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