Uno
a uno
di
massimolegnani
Ehi,
Roby, hai presente la Annì?
Sì
sì, bella figa belle tette e una faccia da stronza.
Non
è stronza, sta semplicemente sulle sue.
Vabbè,
e allora?
Bè,
le avevo detto che oggi avrei giocato..e lei è venuta.
Mmhmm.
Annì
mi piace, ha un modo tutto suo di guardarmi quando le parlo, come se
io dicessi sempre cose fantastiche. E oggi è venuta a
vedermi!
Dai,
sbrigati a cambiarti.
Dopo
la partita la invito in pizzeria. Annì, Annì, Annì,
mi sono inn…
Lorenzo,
sei il solito coglione.
Scusa?
Massì!
Come cazzo fai, dico io?
A
fare cosa?
A
ficcarti sempre negli stessi casini.
Ma
che casini?
Ti
sei già dimenticato di Sabrina? Te lo devo ricordare io come
ti ha fottuto?
Ma
Annì è un’altra cosa. Annì…
Lascia
perdere, ne parliamo un’altra volta. Dai, che gli altri sono
già in campo.
Arrivo,
arrivo.
Pensiamo
alla partita, adesso. Dobbiamo mettercela tutta, sento che stasera
possiamo vincere.
I
due amici escono abbracciati dallo spogliatoio. Solido legame il
loro, di certo non scalfito da un insulto sparato per affetto o da un
vaffanculo di rimando, detto o taciuto e in ogni caso inteso. E poi
Lorenzo sa che l’amico ha visto giusto. Ma a vent’anni
non è tempo di bilanci, Sabrina che l’ha appena mollato
sta già sfocando insieme a quelle altre venute prima di lei.
Acqua passata, non le ricorda più. Meglio andare avanti dove
spera lo aspetti una piccola felicità chiamata Annì o
forse sarà un’altra fregatura, chiamata anche lei Annì,
chissenefrega, meglio andare avanti piuttosto che restare fermo a
rovistare nei bagagli d’esperienza e d’insuccessi.
I
due amici escono abbracciati e subito si separano per prendere
ciascuno il proprio posto in squadra. Roby si dirige verso il centro
del campo dove gli altri sono già schierati, mentre Lorenzo
corre in direzione della porta. Si sente chiamare, si volta e guarda
tra i pochi spettatori: la vede, che si sbraccia e sgola. Le fa un
cenno di saluto a cui lei risponde con un bacio soffiato sulla mano,
almeno così lui interpreta quel gesto un po’ goffo
seguito da una risata e un’alzata di spalle. Che forza Annì,
schietta e ancora un po’ bambina. Sì, dopo la partita la
porterà in pizzeria e poi, poi magari ci starà.
Giunto
tra i pali, Lorenzo si appende per qualche istante alla traversa,
sicuro che lei lo stia guardando. Poi prende posizione e si concentra
nel suo ruolo di estremo difensore. Cinque sconfitte in cinque
partite non lasciano molti dubbi sul risultato dell’incontro
odierno. Eppure loro, lui e il resto della squadra, conservano ogni
volta intatte le speranze di vittoria, come se fosse sempre un
ricominciare da capo, ad armi pari e pari punti.
La
partita ristagna a centrocampo ed è già un successo
tenere gli avversari lontani dalla propria area. Ma il portiere non
si fida, sa che gli altri, prese le misure, sposteranno avanti il
baricentro e saranno palloni amari a spiovere per facili inzuccate e
cannonate sparate dal limite dell’area. Così cerca di
organizzare la difesa, dalla porta lui vede il campo come una
scacchiera e sistema come può le sue pedine.
Lorenzo
non è portiere per talento naturale né lo è
diventato per passione. È stata la necessità a
retrocederlo di ruolo, dall’ala all’asma comparsa a
tredici anni che lo tradiva a metà della discesa sulla fascia
lasciandolo piegato in due a cercare nell’erba l’aria
persa nella corsa mentre il terzino avverso recuperava palla
fregiandosi di una bravura che non era sua. E ancora adesso che sta
tra i pali da una vita, quando vede un compagno che s’invola
palla al piede, gli viene voglia di gridare “passa, passaaa”
come se gli stesse correndo a fianco. Gli manca la gloria effimera
del gol e gli pesa il disonore lungo del pallone che s’insacca
alle sue spalle. E con una squadra che segna poco e lascia spesso
l’iniziativa agli altri, è un disonore che gli tocca di
frequente.
Ma
questo pomeriggio le cose sembrano girare bene, alla fine del primo
tempo la sua porta è ancora immacolata. Forse è merito
di Annì.
La
doccia fredda arriva a metà ripresa. Coperto da un terzino,
Lorenzo non vede la staffilata scoccata da oltre trenta metri e
quando si tuffa è troppo tardi. È questo che gli
brucia, il gol quando meno l’aspettava. Mentre va a raccogliere
la palla in fondo alla rete, Lorenzo rivede in un lampo, non gli
altri gol subiti nel torneo, ma le ragazze che lo hanno scaricato. Lo
hanno sempre preso alla sprovvista, tiri da lontano quando lui era
coperto e gli sembrava che le cose andassero bene. Annalisa
inghiottita dall’Erasmus, Lietta che alla proposta di vacanze
in Grecia aveva opposto una pausa di riflessione e appena un mese
dopo rifletteva in Grecia con un altro, Sabrina, bè Sabrina,
la bastarda più recente, la stronza più vigliacca,
aveva mandato avanti sua sorella a liquidarlo e lui per un’ora
a ridere pensando a uno scherzo tirato per le lunghe, adesso salta
fuori la Sabrina che mi copre gli occhi e poi mi bacia, si diceva.
Lorenzo
raccoglie la palla in fondo alla rete e si ritrova faccia a faccia
con Annì. Ha fatto mezzo giro di campo la ragazza per essergli
vicina. Lui vorrebbe gridarle un vaffanculo gigantesco, che lo
compensi a sfascio di donne e gol in un botto solo. Li separa una
doppia rete, quella della porta e quella di recinzione; il ragazzo
apre la bocca per urlare rabbia e odio all’indirizzo sbagliato
e si ritrova tra le labbra la sua lingua che lo accarezza e
paralizza. Dopo, Annì ha strani segni rossi sul naso e al
mento, una losanga a stampo sulla faccia, che ribalta l’umore
di Lorenzo. Raccoglie finalmente il pallone dal fondo della rete e
corre verso il centrocampo a deporlo sul dischetto, che non si perda
tempo. Tornando verso i pali incita e scuote i compagni che lo
guardano stralunati. Adesso è certo che non è follia
sperare sempre e ancora.
E
il pareggio arriva, bello come una vittoria, a pochi minuti dalla
fine.
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