La
casa ruba o nasconde?
di
Carla De Angelis
Lo
sussurro appena perché Lei non ascolti: la mia casa ruba. Si
appropria delle mie cose quando dormo, quando sono al telefono, a
volte basta che mi giri un istante e quello che prima era sul tavolo
non c’è più.
Si
nutre degli oggetti più strani.
I
miei occhiali per esempio, li ha presi per ammirarsi attraverso i
miei occhi, come si vedesse allo specchio, per godere di ciò
che le riempie la pancia. Ho scoperto la sua meraviglia per un
orologio da parete color piombo brillante. E’ un orologio che
quando pensa di non essere nel giusto tempo allunga la sua antenna
fino a Monaco di Baviera per ricevere l’ora esatta. Sono certa
che questa invenzione la stupisce.
Accanto
ci sono due maschere greche. Ad una distrazione si deve
quell’indefinibile bel colore giallo. Lavoravo la creta e,
queste due maschere greche animavano la mia fantasia. Dopo la prima
cottura nel forno, invece di immergerle nel bagno di smalto rosso le
immersi nella cristallina- sempre rossa – ma che serviva –
a impermeabilizzare i tegami di coccio. Il risultato fu
entusiasmante, i ceramisti mi chiedevano come avessi ottenuto quel
bel colore: “un segreto!” rispondevo.
Non
ha voluto essere incartata, così un pennello e una mano
esperta hanno dipinto le sue pareti di un bel colore bianco, pronto a
ricevere i più svariati messaggi.
Ogni
tanto ci disegno i riccioli del mare quando la spuma somiglia ai miei
pensieri o appendo i ritratti di coloro che mi sono passati accanto e
non sono restati. In quel bianco spesso mi avvolgo e dondolo.
Un
tetto spiovente la protegge dal sole e dalla pioggia. Le tegole
anticate offrono rifugio agli uccelli. Il muro di cinta è
stato realizzato con mattoni di tufo allineati in modo irregolare, il
muratore con pazienza e dedizione ne ha evidenziato con un punteruolo
il perimetro così da comporre una scala bella quasi quanto
quella che ha all’interno, di colore rosso cupo con gli scalini
di legno, caldi per i lunghi sonni di una gatta che chiese
gentilmente di abitarla quando la casa stava nascendo.
Ogni
giorno le racconto del passato, la fatica di trovare il senso del
viaggio senza paura o infelicità, è giovane, sussurro
ai muri il tempo in cui la sognavo, appendo quadri e ricordi per
farmi conoscere. Spesso non trovo le parole giuste per esprimerle lo
stupore di abitarla.
Non
sa ancora tutto della sua attesa e della nascita. Era stata
desiderata moltissimo, erano in cinque a volerla. Una famiglia
all’antica che nonostante i pochi soldi, desiderava restare
unita. Poi morì il capo famiglia e così venne a mancare
il denaro necessario per completarla. Passarono molti anni nei quali
il terreno intorno era diventato pascolo per le pecore, l’acqua
e il sole filtravano all’interno , era soltanto un inizio di
casa e ogni sorta di erba cominciava a soffocarla. La prima volta che
l’ho vista si trovava in quell’abbraccio mortale,
sembrava chiedesse aiuto
Ora
è’ circondata da un pieno di fiori, alberi, insetti e
tanti merli. che si nutrono con i prodotti del mio orto. Con un telo
bianco copro le insalate, lascio fuori qualche cespo perché
si nutrano.
Avrete
capito perché questa casa è esigente e non mi
restituisce gli occhiali.
Io
ci sto dentro come fosse la mia, rispetto i suoi umori, mi adatto e
cerco di migliorare l‘atmosfera quando si riscalda troppo, o
quando è troppo fredda.
Le
ho regalato delle finestre con una buona chiusura per l’inverno
e un caminetto. Le fiamme la imboniscono, l’atmosfera diventa
più calda e familiare. I ricordi scendono dal caminetto,
alcuni bruciano come lingue di fuoco impazzite attraversando
velocemente la fiamma, altri si consumano lentamente e sembra non
vogliano andarsene. Sono ormai ridotti a cenere, orme remote
calpestate da altri passi.
Resto
a guardare e non soffio per ravvivare la fiamma.
La
notte mi tiene sveglia con quei suoi scricchiolii, lei dice che si
assesta per trovare la posizione migliore per dormire, io penso che
rida spudoratamente alle mie spalle per tutti i furti.
Piano
piano scendo gli scalini, con una lampada tascabile, continuo a
cercare in silenzio, è tutto inutile, ho la sensazione che
rida più forte.
Vado
a dormire.
Questa
mattina mi ha restituito l’agenda e mi ha rubato la penna.
Meglio
uscire, la lascio sola, spero di trovare al mio ritorno altri regali.
Ho la sensazione che mi cederà altre cose.
Spengo
tutte le luci, chiudo a chiave, controllo le finestre, non vorrei che
altri la violassero in mia assenza .
Lunga
l’attesa dell’autobus, mi ripagano i volti delle persone
che incontro. Mi piace questa immersione nella vita reale. Come fossi
un regista ad ognuno assegno una parte, mi ispira lo sguardo, la
piega delle labbra o l’agitarsi delle mani. Qualcuno continua a
dormire con la testa appoggiata al finestrino, una ragazza ha
chiamato al cellulare quattro amiche per dir loro che farà una
gita in Spagna, ha iniziato tutti i dialoghi con “ciao tesoro”.
Mio
padre sorriderebbe di questo, lui così discreto, che se aveva
voglia di canticchiare alla guida della sua auto, si guardava intorno
e chiudeva i finestrini . (non aveva il climatizzatore!). Vedi padre
ora, si vive in comunione con gli altri, sembriamo tutti matti,
parliamo con il cellulare dappertutto incuranti di chi ascolta , e ci
agitiamo mentre camminiamo, al ristorante, in fila al super mercato,
senza vergogna non lo spengiamo nemmeno nei luoghi del silenzio.
Tu
così discreto arrossiresti vedendo la vicina al tavolo del
ristorante masticare la gomma come facesse ginnastica facciale, o
l’altro che si asciuga le mani con la tovaglia; poi tutti a
dare del tu a tutti, ti rammaricheresti se entrando in un negozio
nessuno ti dicesse buon giorno. Resto sempre sorpresa del contrario,
quasi mi vergogno a salutare.
Qualcuno,
nonostante sia mattino presto già ha la bottiglia di birra in
mano, mani tozze e callose abituate ad un lavoro duro, gli occhi
inespressivi, lontani persi a dipingere con la memoria famiglie
lasciate chissà dove.
L’autobus
traversa il Rio Galeria, ormai nascosto tra argini poderosi e
vegetazione incolta. Il rio nei tempi antichi veniva utilizzato per
il trasporto del sale fin sotto le mura di Vejo. A quei tempi il suo
nome era Carena, trasformato, ai tempi di Servio Tullio (quarto re di
Roma) in Galeria (abitanti del rio Careja) durante la riforma
dell’agro romano.
Oggi
sono fortunata a vedere tutto questo. ll semaforo diventato rosso
obbliga l’autobus alla sosta. Alla guida dell’automobile
non vedrei nemmeno gli argini del rio. Ponte Galeria era un piccolo
centro, nodo di due arterie stradali: Portuense e Magliana e due
fluviali, Tevere e Rio Galeria, sarebbe fantastico se il Tevere e il
Rio tornassero navigabili.
Ora
c’è solo la possibilità di percorrere con gli
automezzi strade su strade messe in opera in questi ultimi anni per
l’inserimento di grossi centri commerciali, un altro ponte di
raccordo tra via della Muratella e via di ponte Galeria vede
rallentati i lavori poiché sono state rinvenute oltre trecento
tombe. Sepolture di gente semplice –forse schiavi delle vicine
saline – del primo e secondo secolo dopo Cristo, gente comunque
con il senso della solidarietà visto che nel cranio di un
giovane si è visto un foro praticato nella mandibola per
l’alimentazione.
Certo
non pensavano che dopo tanti secoli il loro sonno sarebbe stato
turbato dalla nostra civiltà. Tombe di gente umile, povera
perché se è vero che nessuno può eludere questo
celato appuntamento, le tombe dei ricchi sono riconoscibili dai
dipinti che ornano i muri e dagli oggetti preziosi.
I
Papi tenevano in conto questa parte della città. Papa
Gregorio e i suoi successori ebbero molto a cuore la zona. Papa
Clemente VII curò il buono stato del Ponte Galeria tanto che
ne ordinava regolarmente la manutenzione autorizzando il prefetto di
Roma a riscuotere un tassa sulle navi che risalivano il Tevere,
Voglio
raccontare alla mia casa quanta storia è passata sulla sua
terra. Ricordarle di quando i muratori con sorpresa mi donarono un
vecchio bicchiere di peltro ritrovato scavando la terra. Il bicchiere
racconta che a quel tempo il mare giungeva fino alle sue fondamenta,
poi ritiratosi diventò pascolo per una grande fattoria. Se la
mia casa fosse a conoscenza di tutto questo sarebbe più umile.
Dovrebbe ricordarsi di quando abitava in un piccolo appartamento .
Il
sole ha già riempito lo spazio del suo tempo è sera
torno. Lei mi scorge da lontano spalanca il cancello e la porta, mi
regala un sorriso, prima di entrare pulisco le scarpe sullo zerbino.
Ho acquistato quattro piante fioriranno tutta l’estate e
manterranno le foglie verdi in inverno. Spero apprezzi la mia scelta,
non ho voluto piante stagionali per non regalarle ciò che
finisce.
Entro
con un sorriso e un respiro di sollievo, non dimentico quando abitavo
un piccolo appartamento.
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