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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Il miele del diavolo, di massimolegnani 05/04/2023
 

Il miele del diavolo

di massimolegnani



- Si ricorda, maresciallo? Le spiegavo che in inverno non sarebbe potuto succedere. D´inverno è troppo freddo per fermarsi a riflettere, le dicevo tutto infervorato, non si lasciano pause morte tra un fare e l´altro, siamo atomi agitati, non c´è la temperatura adatta a farsi domande esistenziali che poi non sai dove ti portino. Lei mi guardava perplesso, aveva sollevato la visiera del berretto con la fiamma d´ordinanza come per scrutare meglio le mie rughe, trovare forse in quelle il senso del mio vaneggiare. Sostenevo che a gennaio non puoi soppesare un tradimento, misurare uno sgarbo, nemmeno immaginare una reazione. Ma in estate, con tutte quelle ore lente, quegli atomi immobili, in estate ti fai le domande e sei tutto un ribollire di risposte rancorose. 

Beh, me lo lasci dire, erano tutte fesserie che le spiattellavo per giustificare il mio delitto.

Forse ci credevo davvero, ma adesso mi rendo che era una stupidaggine: sì, anche a gennaio puoi avere buoni motivi per uccidere. E non mi guardi con quella faccia smarrita, maresciallo.

- Si figuri se non me lo ricordo, signor Legnani, è stato il delitto più efferato della mia carriera. Quella matita infilzata nell´occhio, diomio che orrore! Ma mi meraviglio di trovarla qui, la credevo giustamente in galera.

- Mi hanno assolto per non aver commesso il fatto, anzi, a essere più precisi, perché il fatto non sussiste.

- Ma com´è possibile? Ho visto con i miei occhi il cadavere riverso sulla scacchiera e ho raccolto io la sua confessione!

- Eppure è semplice: i giudici non hanno alcun potere sui delitti commessi sulla carta.

- Non capisco, mi vuole dire che in realtà non ha ucciso il suo amico?

- Certo che l´ho ucciso, ma solo qui, in questa dimensione che fluttua tra il vero e il falso.

- Insomma, era tutta una messinscena, mi aveva raccontato una balla!

- Non è esattamente così. È che io non racconto bugie, ma non dico mai la verità...racconto il falso per contrabbandare il vero.

- Continuo a non capire e mi sto anche irritando perché ancora non so cosa ci faccio qui stamattina.

- Beh, le ho telefonato pregandola di venire a casa mia perché ieri ci sono ricaduto.

- Ricaduto in che cosa?

- Nel crimine gratuito.

- Perbacco, ha ucciso qualcun altro?

- No, non qualcun altro, sempre lui, il mio amico.

- Oddio, questo non può essere, lei sta di nuovo farneticando!

- Certo, farnetico, ma vede, maresciallo, il bello della carta è che si può sproloquiare e ripetere più volte lo stesso omicidio.

- Gli ha di nuovo ficcato la matita nell´orbita??

- No, gli ho spaccato in testa un barattolo di miele da un chilo.

- Lei aveva di nuovo perso a scacchi? Mi racconti e io intanto registro la sua confessione. Questa volta, caro signor massimolegnani, non deve sfuggire alla giustizia, non c´è carta che tenga!

- A scacchi non ci abbiamo nemmeno giocato ieri sera, che poi era la sera di Capodanno. Io gli avevo appena regalato una scacchiera da viaggio di gran pregio, con i piccoli pezzi cesellati in avorio, una vera opera artistica, e naturalmente gli avevo proposto una partita, tanto per inaugurare il regalo. Lui si è intascato il dono con una noncuranza sfacciata e al tempo stesso mi ha detto che non aveva piacere a giocare con me perché il nostro livello di preparazione era troppo basso, ad ogni apertura dovrebbe corrispondere una risposta adeguata, codificata, e questo ci capita raramente. Ha usato il plurale ma era evidente che mi stava accusando di essere un giocatore troppo scarso. Ero esterrefatto, se n´è accorto dopo trent´anni che giochiamo assieme? E se n´è accorto proprio ora che, diversamente da un tempo, mi capita sempre più spesso di batterlo? Un comportamento ipocrita e meschino spacciato per franchezza.

- Ne convengo, ma questo le si ritorce contro: qui si configura l´aggravante dei futili motivi! Si beccherà il massimo della pena, caro lei.

- Aspetti, non è finita qui. La serata si trascinava tra chiacchiere banali e qualche battuta perfida, ma sotto covava e cresceva una tensione fatta di una rivalità tra noi mai dichiarata apertamente. Ammetto che io non ero dell´umore migliore ma mi irritava il suo modo di aggirarsi per casa mia toccando oggetti delicati con aria schifata e storcendo la bocca davanti alle più svariate cose, candele, foto, bottiglie, libri, niente gli andava bene, come si fosse trovato in un museo d´arte moderna le cui opere gli erano incomprensibili.

- Un individuo indisponente, il suo amico, non c´è che dire. Ma di qui a ucciderlo, perbacco!

- Ho resistito quasi impassibile a quella specie di inventario da ufficiale giudiziario, ma dentro ribollivo come il mosto di novembre in cantina. Ha avuto la faccia tosta di dirmi troppa roba qua dentro, troppe cianfrusaglie, troppe scemenze forse preziose, anche volendo è impossibile regalarti qualcosa di pregio. Non ho ribattuto, immaginavo che, come suo solito, fosse venuto a mani vuote. Invece ha tirato fuori da un sacchetto un barattolo dicendomi tieni, me l´ha regalato un amico ma a me il miele non piace. Capisce quant´era stronzo?

- Sì, sì, d´accordo. Quindi lo ha ucciso, ma io continuo a pensare ai futili motivi.

- Quando per darsi un tono ha spalancato lo sportello della stufa e ha cercato di ficcarci dentro un pezzo preso a caso, non ci ho più visto, solo io posso gestire la mia stufa, così ho preso il barattolo e gliel´ho spaccato in testa. Venga a vedere, maresciallo, il cadavere è in cucina.


Il maresciallo, poco avvezzo ai casi d´omicidio, seguì visibilmente teso il signor Massimo che, reo confesso, si muoveva a proprio agio. Grande fu la sorpresa di entrambi quando non trovarono il cadavere vicino alla stufa dove lui l´aveva lasciato. Videro la vittima seduta per terra, la schiena appoggiata alla parete, lo sguardo perso e in bocca parole senza senso, qualcosa a che fare con l´apertura di Capablanca.

Insomma il morto non era morto nemmeno sulla carta.

Massimo guardò il suo amico tramortito che gocciolava sangue e miele dalla testa, poi, rivolto al maresciallo mormorò quasi fra sé: vabbè, sarà per un´altra volta.


 
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