Gustavo
di
Grazia Giordani
Scandiva
un tempo verbale imperfetto quel suo odiato nome - Gustavo - che,
a vero dire, non gustava mai nulla, non dico di perfetto, ma almeno
di passabile. Modesto di statura (osava autodefinirsi rasoterra),
brillava per forte presenza di naso e grande assenza di mento. Lo
sguardo gli usciva, fiacco, dagli occhi bulbosi come due uova sode.
Aveva riccioli sempre sudaticci, appiccicati al cranio simili a
lumache (e mentre sto descrivendolo c´è mio figlio che legge e
mugola: "che schifo!); di bello non aveva nulla, nemmeno l´anima,
contorta e serpentina, quasi una torbida spirale. Un mostro? No, un
uomo da poco. Con una vita da poco, roso da invidie velenose. Ma che
brutto personaggio!
Eppure,
incredibile, ma vero, in un nostro incontro di lavoro veneziano, mi
ha fatto pena. Si sa che il cuore delle donne è fatto di
pastafrolla, ahiloro!
Seduti
a un tavolino all´aperto, in uno di quei piccoli ristoranti della
città lagunare, incapsulati tra acqua e rampicanti, dove il mondo
sembra restare escluso, quasi si fosse circoscritti dentro un magico
oblò, ha estratto da un suo striminzito borsello, un flaconcino e ha
preso a instillare gocce del medicamento in entrambi gli occhi (stavo
per dire nelle sue uova sode).
"Gustavo,
non avresti potuto farlo alla toilette, o in luogo meno esposto?"
-
No, perché è questo il preciso orario del medicamento. Né un
secondo prima, né uno dopo..."
"Ah!
Capisco!"
Ad
operazione avvenuta, prese a lacrimare sopra un piatto di risotto al
nero di seppia.
"Non
ti piace la minestra, ti ha fatto male la medicina?"
-
No, penso a quella scellerata. Voi donne siete tutte uguali, sembrate
fatte con lo stampino. Mi avevano dato l´incarico di inviato a
Sanremo per il Festival. Là conobbi (raramente al Nord usiamo il
passato remoto, mi fece effetto che lo stesse usando proprio lui che,
stando al tempo verbale del suo nome, era imperfetto). Conobbi una
splendida giornalista. Alta più di me di tutta la testa. Aveva gambe
snellissime...
"Con
il solo difetto di essere poche..."
-
Come fai a scherzare, prendendoti gioco di me, in un momento simile?
E
il risotto gli lasciava disgustose tracce sul mento.
"Scusami,
credevo di alleggerire l´atmosfera".
-
Occhi verdi e chioma rossobruna. Una dea. Ci fu uno scambio di
indirizzi. Seguirono appuntamenti di fuoco. Mi chiese una
raccomandazione per un giornale della sua città. Mi implorava
dicendo che era povera, sola, derelitta, che le era appena morta la
mamma. Per fartela breve, la raccomandai, ottenne il posto e non si
fece più viva.
"È
un classico! Ma non la sentivi poco amorosa, poco coinvolta?"
-
Con me le donne non lo sono state mai.
"Com´è
andata finire?"
-
Telefono muto. Scomparsa. Finché un bel giorno mi rispose la madre.
"La
madre. Ma non era orfana?
-
Appunto. E ora sono troppo turbato. Per favore, paga tu il conto.