La Signora Cesira non aveva resistito. Era
uscita sul pianerottolo in punta di piedi (anche così, in punta di piedi, non
superava il metro e cinquanta) e si era messa ad origliare alla porta del
signor Teodoro, rimasta socchiusa perchè la serratura non era scattata. Cesira, una donnina minuta sulla sessantina,
viveva da sola da quando suo marito Giorgio era
sparito quattro anni prima. Si vociferava fosse andato in Australia a rifarsi
una vita con un'altra donna molto più giovane.
In vestaglia e pantofole,
Cesira accarezzava distrattamente un gattone bianco
tenuto in braccio. La vocetta acuta del signor
Teodoro era perfettamente intelligibile. Le altre voci erano solo suoni bassi e
indistinti, ma Cesira era soddisfatta lo stesso e accostò
ancora di più l'orecchio alla fessura.
- Vi ha chiamato un vicino di
casa, ci sono anche degli esposti? Prego
accomodatevi in salotto. Volete sapere
cosa è successo qui questa notte? Non capisco, comunque se vi sedete vi dico
tutto. Ecco, sì, lì sul divano, ci sono anche le poltrone….ma quanti siete ….polizia?
Ah, Carabinieri, la
Benemerita, bene bene,
e voi? Ah, lei è un dottore, bene, bene e gli altri due signori? D'accordo, me lo direte dopo. Un caffé? No? Avete fretta, capisco, ora vi racconto.
Il fatto è che una cenetta
normale ed un pochino d'alcool possono fare dei brutti scherzi anche ad una
persona equilibrata e perfettamente sana di mente come il sottoscritto.
Vi racconto questa nottata,
statemi a sentire fintanto che ho ancora i ricordi chiari, non vorrei che
svanissero in pochi minuti, come tutti gli incubi. Si incubi, io questa notte
ero nel mio letto, sognavo. Vedete, ieri sera mi sono concesso una serata piemontese,
alla Trattoria della Posta, la mia preferita; la conoscete? Peccato, poi vi do
l'indirizzo. Dodici antipasti, sì c'era anche la bagna cauda,
agnolotti al Barolo, bolliti misti con salsa verde, un pezzetto di Castelmagno stagionato che era una favola, poi per
chiudere, una Bunette splendida ed una selezione di grappini
da vinacce doc; ah sì, dimenticavo, una bottiglia di
Dolcetto di Dogliani, di quelle toste. Come vedete,
niente di particolare, veramente una cenetta d'ordinaria amministrazione.
Ma torniamo ai
mie sogni, non so se chiamarli incubi, giudicate voi.
Sono in casa mia quando sento un rumore di passi dentro all' armadio.
Apro un'anta con un po' di timore. Erano i Vestiti. Stavano passando di moda.
Non faccio a tempo a chiudere l'armadio che mi arrivano dei lamenti dalla cucina.
Ci vado e trovo il Rubinetto disperato, con i lucciconi, che si lamentava con
l'Aspiratore della Cappa, la quale poverina era perplessa, non ci capiva un'Acca.
- Sono stufo di perdere sempre!
- frignava il Rubinetto, e l' Aspiratore frustrato, rispondeva:
- Ed io, allora, avevo ben altre
aspirazioni!
Li consolo entrambi e mi
ritrovo a letto. Poi, non so come, ecco arrivare un corteo che attraversa la
stanza: fischietti, tamburi, slogan ritmati. Erano i miei Quadri, venivano dal
salotto, nel
mio sogno manifestavano per la promozione da Quadri a Dirigenti.
Finita anche questa, saranno
state le due o forse le tre, odo delle vocine disperate fuori dalla
porta della mia camera.
- Ahi, ahi, cattivo, basta,
ahi - Mi libro in aria (io nei mie sogni volo sempre,
voi no?) e vedo in corridoio quell'energumeno del Pendolo
che stava battendo le Ore, povere piccole. Ecco, avrei dovuto chiamarvi per
farlo smettere. Invece mi ricordo di essermi rivoltato e di aver abbracciato stretto stretto il cuscino.
- Baaaau,
wooof, auuuuu. - Una
cagnara dell'accidenti. Questo non mi ha turbato, ho fatto finta di niente, nel
sogno ero abituato alla Treccani lassù in libreria,
la cosa si ripeteva tutte le notti di luna
piena. Faccio un ultimo
tentativo di dormire, in realtà ero lì che sudavo e smaniavo… Driiin, driiin, dannazione, era quel
suonato del Campanello dell'ingresso. Scendo dal letto nudo come un elefante (lo so, lo so, si dovrebbe dire “nudo
come un verme”. Ditemi, voi avete mai visto un elefante vestito? Inoltre i
vermi mica hanno la proboscide e questo chiude
l'argomento) vado ad aprire e mi inchino: erano i Conti che tornavano, ma si
erano scordati le chiavi; normale, pure il pianoforte era scordato. A proposito di scordare, quasi dimenticavo che
ho avuto anche, ecco, un poco mi vergogno, sì, insomma, delle visioni erotiche.
C'era il Tavolo che si disperava:
- La Tavola, quella sossa soccola, (poverino, ha un
difetto di pronuncia) non me la dà, dice che io ho un cassetto piccolo piccolo, lei vuole il cassettone,
invece. Chi si crede di essere quella, si guardi allo Specchio, è piallata - Intanto lo Specchio,
chiamato in causa, rifletteva.
Già albeggiava quando,
cambiando improvvisamente scena come succede nei sogni, mi sono ritrovato
seduto sulla poltrona con in mano una scatola di
fiammiferi. Ho acceso la televisione. Cosa serve avere un televisore e non
accenderlo, giusto? Era proprio un bel focherello!
Alla luce del piccolo falò ho potuto individuare da dove proveniva un rumore di
passi veloci e cadenzati: dal calendario, lo sapevate che corre l'Anno 2005? Mamma mia come corre!
Buffo, vero? Ripeto, guardate
come può ridursi una persona perfettamente sana di mente quando mangia un pochino pesante e va a
dormire con la digestione in atto.
Ma adesso vi pregherei di
andarvene… ecco, sentite, la tromba delle scale che suona? deve
essere la società di traslochi. Avrei un pochino da fare… come, non ve l'ho
detto? Lascio questa casa, vado a vivere in una bella baracca. Vi stupite? Scusate,
ma è la vostra ignoranza che mi stupisce. Non ricordate il detto “Casa, dolce
casa”? Bene, io sono diabetico e ci
tengo alla mia salute -
Voci concitate, un trambusto
confuso, poi di nuovo la voce ancora più acuta del signor Teodoro.
- Ma cosa fate, lasciatemi, perché
quella siringa? slacciate questa cosa qui, cos'è, una
camicia di forza? Carabinieri, aiuto, liberatemi, devo ancora prendere i
burattini, li devo mettere nella baracca!
La signora Cesira rientrò in
fretta nel suo appartamento e chiuse la porta d'ingresso col chiavistello. Il
trambusto si allontanava giù per le scale e lei era molto soddisfatta. Dopo
tutti gli esposti restati apparentemente senza esito, la telefonata fatta ai
Carabinieri quella
mattina presto aveva finalmente sortito il suo effetto.
- Era ora che qualcuno
intervenisse, vero Mocio?- disse rivolta al suo gattone - erano giorni che il signor Teodoro dava i numeri
più del solito. Questa notte poi, cosa combinava? A momenti metteva a fuoco il
palazzo, quel matto; per fortuna ho visto il fumo sotto la porta… ti ha
spaventato, povero Mocio? Proprio roba
da matti- concluse borbottando la signora Cesira, accarezzando dolcemente il gattone - per fortuna la mia telefonata è stata proprio la
goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quasi a conferma di quella
frase, dal pelo aggrovigliato del gatto cominciarono a cadere delle goccioline
d'acqua.
La donna si diresse verso la cucina linda ed
ordinata, si accostò al grosso congelatore da pavimento, alto almeno la metà di
lei e lo aprì. Una nuvola di
bianco vapore di condensa si alzò immediatamente dall'interno ed un
soffio di gelo invase tutto la stanza.
La signora Cesira ripose con
cura il gatto in fase di scongelamento nel freezer, accanto ad una figura umana
rattrappita in posizione fetale e ricoperta di brina.
- Vai Mocio,
è ora che torni a fare compagnia al padrone. Ciao Giorgio caro, ciao Mocio, a domani.
ocietà
di traslochi.
Il primo passo
verso la follia è credersi saggio (Fernando de Rojas)