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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Un matto, una mattina di Mario Malgieri 14/03/2006
 

La Signora Cesira non aveva resistito. Era uscita sul pianerottolo in punta di piedi (anche così, in punta di piedi, non superava il metro e cinquanta) e si era messa ad origliare alla porta del signor Teodoro, rimasta socchiusa perchè la serratura non era scattata.  Cesira, una donnina minuta sulla sessantina, viveva da sola da quando suo marito Giorgio era sparito quattro anni prima. Si vociferava fosse andato in Australia a rifarsi una vita con un'altra donna molto più giovane.

In vestaglia e pantofole, Cesira accarezzava distrattamente un gattone bianco tenuto in braccio. La vocetta acuta del signor Teodoro era perfettamente intelligibile. Le altre voci erano solo suoni bassi e indistinti, ma Cesira era soddisfatta lo stesso e accostò ancora di più l'orecchio alla fessura.

- Vi ha chiamato un vicino di casa, ci sono anche degli esposti?  Prego accomodatevi in salotto.  Volete sapere cosa è successo qui questa notte? Non capisco, comunque se vi sedete vi dico tutto. Ecco, sì, lì sul divano, ci sono anche le poltrone….ma quanti siete ….polizia? Ah, Carabinieri, la Benemerita, bene bene, e voi? Ah, lei è un dottore, bene, bene e gli altri due signori?  D'accordo, me lo direte dopo. Un caffé? No? Avete fretta, capisco, ora vi racconto.

Il fatto è che una cenetta normale ed un pochino d'alcool possono fare dei brutti scherzi anche ad una persona equilibrata e perfettamente sana di mente come il sottoscritto.

Vi racconto questa nottata, statemi a sentire fintanto che ho ancora i ricordi chiari, non vorrei che svanissero in pochi minuti, come tutti gli incubi. Si incubi, io questa notte ero nel mio letto, sognavo. Vedete, ieri sera mi sono concesso una serata piemontese, alla Trattoria della Posta, la mia preferita; la conoscete? Peccato, poi vi do l'indirizzo. Dodici antipasti, sì c'era anche la bagna cauda, agnolotti al Barolo, bolliti misti con salsa verde, un pezzetto di Castelmagno stagionato che era una favola, poi per chiudere, una Bunette splendida ed una selezione di grappini da vinacce doc; ah sì, dimenticavo, una bottiglia di Dolcetto di Dogliani, di quelle toste. Come vedete, niente di particolare, veramente una cenetta d'ordinaria amministrazione.

Ma torniamo ai mie sogni, non so se chiamarli incubi, giudicate voi.

Sono in casa mia quando sento un rumore di passi dentro all' armadio. Apro un'anta con un po' di timore. Erano i Vestiti. Stavano passando di moda. Non faccio a tempo a chiudere l'armadio che mi arrivano dei lamenti dalla cucina. Ci vado e trovo il Rubinetto disperato, con i lucciconi, che si lamentava con l'Aspiratore della Cappa, la quale poverina era perplessa, non ci capiva un'Acca.

- Sono stufo di perdere sempre! - frignava il Rubinetto, e l' Aspiratore frustrato, rispondeva:

- Ed io, allora, avevo ben altre aspirazioni!

Li consolo entrambi e mi ritrovo a letto. Poi, non so come, ecco arrivare un corteo che attraversa la stanza: fischietti, tamburi, slogan ritmati. Erano i miei Quadri, venivano dal salotto,  nel mio sogno manifestavano per la promozione da Quadri a Dirigenti. 

Finita anche questa, saranno state le due o forse le tre,  odo delle vocine disperate fuori dalla porta della mia camera.

- Ahi, ahi, cattivo, basta, ahi - Mi libro in aria (io nei mie sogni volo sempre, voi no?) e vedo in corridoio quell'energumeno del Pendolo che stava battendo le Ore, povere piccole. Ecco, avrei dovuto chiamarvi per farlo smettere. Invece mi ricordo di essermi rivoltato e di aver abbracciato stretto stretto il cuscino.

- Baaaau, wooof, auuuuu. - Una cagnara dell'accidenti. Questo non mi ha turbato, ho fatto finta di niente, nel sogno ero abituato alla Treccani lassù in libreria, la cosa si ripeteva tutte le notti di luna


piena. Faccio un ultimo tentativo di dormire, in realtà ero lì che sudavo e smaniavo… Driiin, driiin, dannazione, era quel suonato del Campanello dell'ingresso. Scendo dal letto nudo come un elefante   (lo so, lo so, si dovrebbe dire “nudo come un verme”. Ditemi, voi avete mai visto un elefante vestito? Inoltre i vermi mica hanno la proboscide e questo chiude l'argomento) vado ad aprire e mi inchino: erano i Conti che tornavano, ma si erano scordati le chiavi; normale, pure il pianoforte era scordato.  A proposito di scordare, quasi dimenticavo che ho avuto anche, ecco, un poco mi vergogno, sì, insomma, delle visioni erotiche. C'era il Tavolo che si disperava:

- La Tavola, quella sossa soccola, (poverino, ha un difetto di pronuncia) non me la dà, dice che io ho un cassetto piccolo piccolo, lei vuole il cassettone, invece. Chi si crede di essere quella, si guardi allo Specchio, è piallata -  Intanto lo Specchio, chiamato in causa, rifletteva.

Già albeggiava quando, cambiando improvvisamente scena come succede nei sogni, mi sono ritrovato seduto sulla poltrona con in mano una scatola di fiammiferi. Ho acceso la televisione. Cosa serve avere un televisore e non accenderlo, giusto? Era proprio un bel focherello! Alla luce del piccolo falò ho potuto individuare da dove proveniva un rumore di passi veloci e cadenzati: dal calendario, lo sapevate che corre l'Anno 2005?  Mamma mia come corre!

Buffo, vero? Ripeto, guardate come può ridursi una persona perfettamente  sana di mente  quando mangia un pochino pesante e va a dormire con la digestione in atto.

Ma adesso vi pregherei di andarvene… ecco, sentite, la tromba delle scale che suona? deve essere la società di traslochi. Avrei un pochino da fare… come, non ve l'ho detto? Lascio questa casa, vado a vivere in una bella baracca. Vi stupite? Scusate, ma è la vostra ignoranza che mi stupisce. Non ricordate il detto “Casa, dolce casa”?  Bene, io sono diabetico e ci tengo alla mia salute -

Voci concitate, un trambusto confuso, poi di nuovo la voce ancora più acuta del signor Teodoro.

- Ma cosa fate, lasciatemi, perché quella siringa? slacciate questa cosa qui, cos'è, una camicia di forza? Carabinieri, aiuto, liberatemi, devo ancora prendere i burattini, li devo mettere nella baracca!

La signora Cesira rientrò in fretta nel suo appartamento e chiuse la porta d'ingresso col chiavistello. Il trambusto si allontanava giù per le scale e lei era molto soddisfatta. Dopo tutti gli esposti restati apparentemente senza esito, la telefonata fatta ai Carabinieri  quella mattina presto aveva finalmente sortito il suo effetto.

- Era ora che qualcuno intervenisse, vero Mocio?- disse rivolta al suo gattone - erano giorni che il signor Teodoro dava i numeri più del solito. Questa notte poi, cosa combinava? A momenti metteva a fuoco il palazzo, quel matto; per fortuna ho visto il fumo sotto la porta… ti ha spaventato, povero Mocio? Proprio roba da matti- concluse borbottando la signora Cesira, accarezzando dolcemente il gattone - per fortuna la mia telefonata è stata proprio la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Quasi a conferma di quella frase, dal pelo aggrovigliato del gatto cominciarono a cadere delle goccioline d'acqua.

La donna  si diresse verso la cucina linda ed ordinata, si accostò al grosso congelatore da pavimento, alto almeno la metà di lei e lo aprì. Una nuvola di  bianco vapore di condensa si alzò immediatamente dall'interno ed un soffio di gelo invase tutto la stanza.

La signora Cesira ripose con cura il gatto in fase di scongelamento nel freezer, accanto ad una figura umana rattrappita in posizione fetale e ricoperta di brina.

- Vai Mocio, è ora che torni a fare compagnia al padrone. Ciao Giorgio caro, ciao Mocio, a domani.

ocietà di traslochi.

 

 

Il primo passo verso la follia è credersi saggio (Fernando de Rojas)

 
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