La notte stava oscurando
il crepuscolo. Lucia era scesa dal tram alla fermata che era una specie di
spartiacque tra i quartieri signorili e silenziosi e il suo, popolare e
chiassoso. Tornava dall'università dove i tigli in fiore annunciavano la
prossimità degli esami. Aveva ancora alcune cose da studiare e molte da
approfondire, ma non era preoccupata. All'odore dei tigli, durante il percorso
del tram, si erano sovrapposti quelli dei gelsomini, delle acacie e dei
ligustri che sporgevano dai recinti di ricche ville e di ambasciate, tutte
circondate da giardini vasti e ben tenuti, in alcuni dei quali svettavano
superbe palme, simbolo della ricchezza e del potere di chi li abitava.
Spesso, finite le lezioni, Lucia tornava a casa a piedi, camminando lentamente per
prolungare la pace che le dava il crepuscolo e che svaniva appena entrava nelle
luci e nei rumori del suo quartiere. La luce amica del crepuscolo le sembrava
appartenere ad un'altra dimensione, quella dell'assoluto che era la sua
compiaciuta aspirazione. Lucia si sentiva molto spirituale: il suo filosofo
preferito era S. Agostino, per i tormenti dell'anima e per la forza della
rinuncia che gli aveva permesso di superarli. Nel concetto di
assoluto Lucia concentrava il suo desiderio di una vita non banale, il
suo bisogno di giustizia e di solidarietà la sua aspirazione alla bellezza.
Valori assoluti, appunto.
Appena scese dal tram l'inquietudine che le era
sembrata annegata nella serenità del crepuscolo, la riafferrò con forza.
Camminava curva in avanti, come per affrettarsi ad un rifugio e aveva stampata
sul viso la malinconia. Alzò gli occhi dal marciapiede e incontrò gli occhi di
un uomo, giovane, che la guardava con grande tenerezza e le sorrideva con
affetto come un vecchio amico che conoscesse tutto di lei. Lucia non rispose al
sorriso che, pure, aveva accolto come un dono straordinario, uno sprazzo di
luce nella sua buia esistenza, una sferzata di speranza per affrontare la
giornata successiva e tante altre. Con il sorriso ancora negli occhi, Lucia pensava:"Se avessi sorriso anch'io forse la bocca dello
sconosciuto avrebbe pronunciato parole e se io avessi risposto forse avremmo
camminato per un po' insieme. Questo incontro durato il tempo di un sorriso,
forse si sarebbe articolato in tanti altri incontri, culturali, emotivi,
affettivi. Forse...Forse...Forse...La vita lancia ogni
momento, come esche, mille possibilità. La nostra attenzione o la nostra
pigrizia, il nostro coraggio o la nostra paura sono responsabili del loro
vivere o morire". Lucia era sempre stata spaventata dalla categoria della
possibilità, questa porta spalancata sul futuro con la sua ambivalenza di
positività e di negatività che si realizzano o non si realizzano attraverso una
misteriosa combinazione di casualità e libertà.
Riflettendo su quella strada aperta da quel sorriso e subito chiusa, Lucia
arrivò alla scala C del caseggiato dove abitava e cominciò a salire i 99
gradini. Quanta fatica per arrivare a 40 mq di casa! Mentre saliva in fretta i
99 gradini, Lucia pensava: "Voglio avere una casa grande, luminosa, con un
giardino. E, nel giardino, tanti bambini a giocare. E un uomo che coltiva il
giardino e mi ama con passione e amicizia, condividendo con me tutto ciò che mi
piace e mi interessa. Mi impegnerò con tutte le forze per averla".
Immaginando la casa con il grande giardino il cuore le balzò e il sorriso dello
sconosciuto si riaffacciò ai suoi occhi. "Sono pazza! - pensò - Ma perché
non ho sorriso? Così si rifiuta un dono?"
Arrivò alla sua minuscola casa dove lei era costretta a dormire su una
poltrona-letto in cucina perché l'unica stanza era occupata dai genitori. Prese
un libro e si mise a studiare.
Marcello, lo sconosciuto che aveva sorriso a Lucia arrivò alla pensione dove
alloggiava. Veniva da un paesino dell'Umbria e aveva scelto Roma per
frequentare l'università, perché la città lo affascinava. Quando poteva andava,
come un pellegrino, a scoprire quartieri, piazze, angoli sconosciuti a turisti
frettolosi.
Mettendosi a tavola per la cena, pensò: "Perché quella ragazza non ha
accettato il mio sorriso? Aveva negli occhi una bella luce, appena offuscata da
un velo di tristezza. Perché? Se avesse risposto al mio sorriso forse a
quest'ora cammineremmo insieme, lentamente, un po' impacciati, ma cominceremmo
a scambiarci sprazzi del nostro essere, della nostra vita".
Marcello aveva certamente amicizie femminili. Veramente erano conoscenze più
che amicizie. Ragazze che frequentavano come lui la facoltà di medicina e che
lo chiamavano, con un pizzico d'irrisione, Marcello l'idealista perché lui
aveva manifestato il suo desiderio di andare a fare, dopo la laurea, il medico
condotto in un paesino sperduto tra i monti. Ripensando a Lucia si chiese:
"Chissà se le piace la montagna? E chissà se sarebbe disposta a seguire
uno squattrinato medico condotto?". "Smettila di costruire castelli
in aria - le sussurrò la sua vena realistica - Quante storie per due occhi
dalla bella luce!". "Hai ragione - ammise Marcello
- ma sei troppo dura. Si potrà sognare qualche volta!".
Lucia mantenne le promesse che aveva fatto a se stessa. Si laureò nei quattro
anni canonici in giurisprudenza e cominciò subito a frequentare lo studio di un
avvocato. Fece l'esame di abilitazione alla professione e già pensava di aprire
uno studio insieme ad un giovane collega.
Fu allora che il possibile negativo che Lucia temeva tanto, si scatenò con la
furia di un uragano. Suo padre restò disoccupato e sua madre, una tranquilla
casalinga, non aveva altra prospettiva di lavoro che quella di andare a fare la
colf in qualche famiglia. Lucia non lo permise. Il suo collega non aveva la
forza economica sufficiente per aprire uno studio dove anche lei potesse
lavorare. Tornò dall'avvocato dove aveva fatto la praticante. Era una sconfitta, ma Lucia l'affrontò con coraggio. L'avvocato era un uomo ultraquarantenne, sportivo, attraente. Le propose di
sposarlo. Lucia fu tentata di accettare: così avrebbe rimesso in equilibrio la
sua vita. Le venne una grande malinconia. "Un matrimonio di interesse! Non
era questo che volevo". L'immagine dello sconosciuto riaffiorò alla sua
memoria e le intenerì il cuore. Rifiutò la proposta dell'avvocato.
Passò qualche anno. Di corteggiatori Lucia ne aveva, ma lei li respingeva
tutti. Qualche volta si chiedeva: "Ma non è follia blindare la propria
vita per un sogno legato al filo leggero di un sorriso? E se avessi aperto
quella porta, che cosa avrei trovato? Forse dolore. Ma l'amore può essere anche
dolore ed io affronterei il dolore per un amore che valesse di essere
vissuto".
Marcello si laureò a pieni voti e lode. Aveva davanti a sé una via larga,
facilmente accessibile, che gli avrebbe garantito una rapida carriera e molto
denaro. Non tradì il suo sogno: andò a fare il medico condotto proprio in un
paesino sperduto tra i monti. Non aveva molti pazienti che, però, lo
gratificavano della loro stima ed amicizia.
Faceva lunghe passeggiate solitarie sui sentieri di quei monti che amava tanto.
Qualche volta pensava: "Se il mio sorriso avesse aperto la porta di due
occhi belli e tristi che cosa mi si sarebbe svelato? Forse un paesaggio bello
come questo". Ma la vita di Marcello non era blindata. Si sposò con una
ragazza semplice, una casalinga nascosta tra i monti che abbracciavano il suo
paese. Marcello l'amò e le fu fedele. Ma non poteva impedire al suo cuore di
riproporgli la domanda: "Se quella porta si fosse aperta?" e non
poteva evitare che il suo cuore fosse punto da una piccola spina. Visse a lungo, sempre nello stesso luogo che cresceva lentamente
senza disturbare la quiete dei monti. Ogni tanto tornava alla sua mente il
pungolo della domanda ma la mente dei vecchi confonde
i ricordi, li modifica, li alleggerisce.
Lucia, superate le difficoltà, fece una bella carriera. Ebbe una bella casa con
un grande giardino dove cantavano gli uccelli, ma non c'erano grida gioiose di
bambini. E non c'era un uomo a coltivare il giardino. La vecchiaia non le aveva
offuscato il ricordo del sorriso. Lo teneva stretto nel cuore. E pensava:
"Il possibile buono non sempre si realizza. Per me non si è realizzato. Le
nostre vite, la mia e quella dello sconosciuto, sono scivolate su binari che
sono vicini ma non s'incontrano. Forse le nostre vite,
travolgendo ogni logica spaziale e temporale, si incontreranno in un'altra
dimensione".
Con questa speranza Lucia, nel crepuscolo di un giorno assolato, si addormentò
sulla sedia-sdraio del suo grande giardino e non si svegliò più.