Tempo d'estate e nei campi si raccoglie
il grano e di questo lavoro parla la poesia che segue, tratta da La mietitura
dei Nuovi Poemetti.
La messe
di Giovanni Pascoli
I due
fratelli con le due sorelle,
stringendo il grano e le lunate falci,
mietean le spighe e ne facean mannelle.
Torceano
spighe, per legar, non salci.
E le stendeano. O vite, così stese
le carezzavi con l'ombrìa dei tralci.
L'erbe
così, mentre fiorian, sorprese,
moriano al sole; onde alle bestie grata
si fa la paglia come fien maggese.
Passava
il padre tutta la giornata
pei solchi, e ritte le mannelle in croce
ponea, se l'erba già vedea
seccata.
Seguian
nel campo l'opera veloce
lieti i fratelli e le sorelle accanto.
Ma non si udiva, o Rosa, la tua voce.
Un
canto, sì, di lodoletta, o un pianto.
II
In
ogni campo alzarono due tonde
mete di spighe. Posero per prime
quattro mannelle, le più grosse e bionde.
Posero
il calcio in terra, alto le cime;
e poi, con le altre sopra quelle e intorno,
fecero una gran cupola sublime.
Mietean
tre giorni. Sul finir del giorno,
era finita. Placida la sera,
erano i cuori placidi al ritorno.
"Il
grano è bello, e, di verdugio ch'era,
secco sin troppo. Con quel sole, ha sete.
Oggi la spiga ci parea
leggiera"
diceva il babbo, e soggiungea:
"Vedrete!
Il gran che il sole ora ha stremato e franto,
poi si rifà la notte nelle mete,
e
s'enfia e s'empie, e peserà più tanto".
III
Nere
le mete: solo qualche lampo
facean le paglie, come se un tesoro
fosse disperso qua e là nel campo.
Diceano
i grilli grazie mille in coro
a chi, tagliato, per lor
agio, il grano,
gittò poi l'arma... La falciola d'oro
brillava
in cielo e ricadea lontano.