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  Scritti di altri autori  »  I maestri della poesia  »  La messe, di Giovanni Pascoli 08/07/2013
 

Tempo d'estate e nei campi si raccoglie il grano e di questo lavoro parla la poesia che segue, tratta da La mietitura dei Nuovi Poemetti.

 

 

 

 

 

 

 

La messe

di Giovanni Pascoli

 

I due fratelli con le due sorelle,
stringendo il grano e le lunate falci,
mietean le spighe e ne facean mannelle.

Torceano spighe, per legar, non salci.
E le stendeano. O vite, così stese
le carezzavi con l'ombrìa dei tralci.

L'erbe così, mentre fiorian, sorprese,
moriano al sole; onde alle bestie grata
si fa la paglia come fien maggese.

Passava il padre tutta la giornata
pei solchi, e ritte le mannelle in croce
ponea, se l'erba già vedea seccata.

Seguian nel campo l'opera veloce
lieti
i fratelli e le sorelle accanto.
Ma non si udiva, o Rosa, la tua voce.

Un canto, sì, di lodoletta, o un pianto.

II

In ogni campo alzarono due tonde
mete di spighe. Posero per prime
quattro mannelle, le più grosse e bionde.

Posero il calcio in terra, alto le cime;
e poi, con le altre sopra quelle e intorno,
fecero una gran cupola sublime.

Mietean tre giorni. Sul finir del giorno,
era finita. Placida la sera,
erano i cuori placidi al ritorno.

"Il grano è bello, e, di verdugio ch'era,
secco sin troppo. Con quel sole, ha sete.
Oggi la spiga ci parea leggiera"

diceva il babbo, e soggiungea: "Vedrete!
Il gran che il sole ora ha stremato e franto,
poi si rifà la notte nelle mete,

e s'enfia e s'empie, e peserà più tanto".

III

Nere le mete: solo qualche lampo
facean le paglie, come se un tesoro
fosse disperso qua e là nel campo.

Diceano i grilli grazie mille in coro
a chi, tagliato, per lor agio, il grano,
gittò poi l'arma... La falciola d'oro

brillava in cielo e ricadea lontano.

 

 
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