L’autunno,
la stagione dei cieli grigi, dell’umidità opprimente,
della malinconia che assale nel vedere che gli alberi si spogliano e
a la terra si ricopre di foglie morte, è tema di tanti poeti
e fra questi non poteva mancate il nostro grande Pascoli con dei
versi che, stranamente, non risultano dolenti, ma aprono il cuore
alla speranza.
Foglie
morte
di
Giovanni Pascoli
Oh!
che già il vento volta
e porta via le piogge!
Dentro
la quercia folta
ruma le foglie roggie
che si staccano, e
fru . . .
partono; un branco ad ogni
soffio che
l'avviluppi.
Par che la quercia sogni
ora, gemendo, i
gruppi
del novembre che fu.
Volano come uccelli,
morte
nel bel sereno:
picchiano nei ramelli
del roseo pesco,
pieno
de' suoi cuccoli già.
E
il roseo pesco oscilla
pieno di morte foglie:
quale
s'appende e prilla,
quale da lui si toglie
con un sibilo, e
va.
Ma
quelle foglie morte
che il vento, come roccia,
spazza, non
già di morte
parlano ai fiori in boccia,
ma
sussurrano: - Orsù!
Dentro
ogni cocco all'uscio
vedo dei gialli ugnoli:
tu che costì
nel guscio
di più covar ti duoli,
che ti pèriti
più?
Fuori
le aluccie pure,
tu che costì sei vivo!
Il vento
ruglia . . . eppure
esso non è cattivo.
Ruglia,
brontola: ma...
contende
a noi! Chè tutto
vuol che sia mondo l'orto
pei nuovi
fiori, e il brutto,
il secco, il vecchio, il morto,
vuol
che netti di qua.
Noi
c'indugiammo dove
nascemmo, un po', ma era
per ricoprir le
nuove
gemme di primavera...
Così dicono, e fru . . .
partono,
ad un rabbuffo
più stridulo e più forte.
E
tra un voletto e un tuffo
vanno le foglie morte,
e non
tornano più.
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