Un’estate
torrida, un giorno che si chiude con la sera e con essa nasce una
speranza di frescura nell’attesa di un temporale che tuttavia
prenderà un’altra strada.
Sera
d'estate
di
Giovanni Titta Rosa
La
sera sull'ombre crescenti
delle ingiallite pioppaie
portò
un respiro di venti
gli acri romori dell'aie.
Prostrati
dall'afa, odorando
l'aria, i bovi assonnati
s'alzarono
grevi, mugliando,
in cerca d'erbe, pe' prati.
Rigò
un fischio l'aria e poi
una voce s'udì da un poggio
e
sotto il tramonto roggio
eran tozze statue i buoi.
Rotear
di rondini, stridi
lunghi sull'aie, fumare
di camini
sull'annottare,
trafelati ritorni ai nidi.
Finché
rintoccò una campana
e un guizzo di lampo dal monte
nero
colorò l'orizzonte
e la cenere della piana.
Su
arbusti e pietre, tinnendo,
gocce caddero, tiepide, rare,
si
fermò l'aria, le strade
stavan prone, attendendo.
Ma
la notte ritrasse la scura
nuvola negli spazi lontani
e i
venti, aridi cani,
ridiscesero nella pianura.
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