E’
una straordinaria poesia con cui Vincenzo Cardarelli, nel salutare
l’estate, ce la descrive nella sua essenza per antitesi con le
altre stagioni.
Saluto
di stagione
di Vincenzo
Cardarelli
Benvenuta
estate.
Alla tua decisa maturità
m’affido.
Mi
poserò ai tuoi soli,
ricambierò alla terra
in
tanto sudore caldo
delle mie adempiute nutrizioni
i suoi
veleni vitali.
Lascio la primavera
dietro di me
come
un amore insano
d’adolescente.
Lascio i languori e le
ottusità,
i sonni impossibili,
le faticose inerzie
animali,
il tempo neutro e vuoto
in cui l’uomo è
stagione.
Io che non spunto a febbraio coi mandorli,
non mi
compiaccio all’arido sapore
di sasso che acuisce
il
gusto dolce dell’acqua dei rivi,
alle gocciole chete
di
nuvola randagia
che vanno in punta di piedi
in compagnia
dei pensieri,
non colgo il biancospino;
che amo i tempi
fermi e le superfici chiare,
e ad ogni transizione di
meriggio,
rotta l’astrale identità del
mattino,
avverto gli spazi irritarsi,
e sento il limite e
il male
che incrinano ogni cambio d’ora,
saluto nel
sol d’estate
la forza dei giorni più eguali.
Ai
punti estremi, alle stagioni violente,
come sotto il frantoio
dei pericoli
dove ogni inquietudine si schianta
prendo le
sole decisioni buone,
la mia fuggiasca fecondità
ritrovo.
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