L'intervista è ad Andrea Franco,
romano classe 1977, narratore, musicofilo, fotografo, insomma un artista del
tutto eclettico. Per chi volesse saperne di più è opportuno che faccia una
visita ai suoi siti (http://www.operanarrativa.com/)
(http://www.andreafranco.net/).
Perché scrivi?
Scrivo
perché mi piace dare vita a qualcosa che no esiste, ma che magari ho il piacere
di rendere vivo, per un'infinità di motivi. In passato mi piaceva dare vita a
particolari emozioni o “attimi” rubati alla quotidianità. Alcuni miei brevi
racconti sono nati in questo modo: un'idea (emozione) di fondo e una storia che
cerca di riprodurre l'effetto desiderato. Ho fatto così con racconti tipo La
buonanotte del demone, tre semplici sconosciuti, Colori… Alcune volte scrivo
storie che mi piacerebbe leggere e di conseguenza vivere, perché credo che
molto spesso in quello che leggiamo cerchiamo una realtà “Altra” che ci sfugge
nella vita di tutti i giorni. Ma è l'emozione quella che cerco più spesso di creare,
un'emozione di qualunque tipo, non necessariamente positiva. E per farlo i
racconti (o i romanzi) devono essere “sentiti” in primis dall'autore. Mi piacce
molto creare personaggi riflessivi e spesso i miei racconti hanno una “non
trama” che costringe il lettore a cercare qualcos'altro. Con i romanzi è
diverso, lì la mia personalissima “non trama” è inclusa in un progetto più
ampio (dove la trama è doverosa) e ultimamente il piacere di essere scrittore
di romanzi anziché di racconti sta prendendo il sopravvento. Posso creare mondi
reali e far muovere personaggi che sembrano vivi, almeno nelle mie intenzioni.
Il personaggio non è asservito alla trama, ma ne è parte integrante. Mi sto
dilungando lo so, ma la risposta è complessa e sento di non aver detto tutto,
ma per adesso mi fermo. Scrivo perché mi piace. E mi piace che altri possano
leggere il mio mondo.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Non
sempre. A volte i personaggi portano il mio modo di pensare, ma non tutti e non
sempre con la stessa intensità. Ma non c'è un messaggio preciso. C'è la voglia
di raccontare, il bene come il male. C'è la voglia di emozionare e piacere (a
me stesso per prima cosa).
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Fondamentale,
non importante. Solo un accanito (e attento) lettore può scrivere qualcosa di
decente, e non è detto lo stesso che sia così. Io leggo sempre con un taccuino
a portata di mano e prendo appunti su a appunti. Lessico, espressioni, concetti,
stile, struttura… non è copiare, ma imparare e sapere applicare con
personalità. Poi ognuno di noi ha un suo stile e un suo modo di usare il
lessico e una capacità d'inventiva che è solo sua. Si può migliorare, ma non
diventare di punto in bianco scrittore di narrativa. Se ce l'hai questa
capacità la devi curare e sviluppare. Leggendo, soprattutto. E senza mai
pensare di essere arrivato.
Che cosa leggi di solito?
Leggo
un po' di tutto, anche se a dire il vero pochi classici. Amo la fantascienza,
il fantasy, thriller, avventura, gialli, horror… amo la narrativa non di
genere, quella che adesso tutti chiamano mainstream!
I
miei autori preferiti? Tolkien, Asimov, Follett, McBain, Baricco, Eco, W.
Smith, Simmons e tanti altri ancora…
Mi
piace inoltre leggere saggi di ogni tipo, ma soprattutto di storia e
linguistica.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Scrivo
da sempre… ricordo le prime poesie che facevo alle elementari e che cercavo di spacciare
come poesie famose. Non mi credeva nessuno, e continuavo a scrivere. I miei
primi racconti risalgono a poco più di dieci anni fa. Alcuni di questi sono
inclusi nella raccolta Tre Semplici Sconosciuti
che nel 2005 ho pubblicato con Traccediverse.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Sono
iniziati nel 2005 e finora (tra alti e bassi) mi ritengo abbastanza
soddisfatto. Non è facile e i grandi nomi (e i medi, pure) non danno molta
attenzione ad autori sconosciuti, ma non mi perdo d'animo e continuo a insistere.
Nel 2005 come già detto ho pubblicato la mia prima raccolta di racconti con Traccediverse. Nello stesso anno due miei racconti
sono stati inclusi nell'antologia Bambini Cattivi
(Melquiades, 2005). E sempre per Traccediverse ho curato un'antologia noir di cui
sono anche autore: N.O.I.R. Quindici passi nel buio.
Il
2006 è ancora lungo e ci sono un paio di partecipazioni importanti che
dovrebbero andare in porto… nel frattempo il mio romanzo “la panchina” è in
visione presso molti editori… vedremo!
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Sicuramente
una saga fantasy. Il progetto già c'è e il primo libro dovrebbe essere finito
entro l'anno.
In
più sto progettando (e ho già iniziato un romanzo) una serie di polizieschi
ambientati a Roma.
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
No
di certo, ma ha reso tutto molto più affascinante, perché impari a dare valore
a ogni cosa, visto che molto di quello che ti passa per la testa o che vedi di
sfuggita può diventare un paragrafo di un racconto o di un romanzo. Controllo,
osservo (a volte troppo) e mi faccio una marea di domande. Da questo punto di
vista la mia vita è diversa, ma anche senza scrivere sarei stato curioso lo
stesso, no?
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
A
rischio di essere banale: Leggere. E osservare. E anche una buona dose di
autocritica. E di non rompere le scatole ai parenti o agli amici che la maggior
parte delle volte non hanno il coraggio di dirti che scrivi da fare schifo.
Trovare un gruppo di persone veramente interessate alla scrittura/lettura
(forum, circoli…) e che sappiano, se ce n'è bisogno (spesso) anche criticare.
Altrimenti non si cresce. E non si pubblica.