L'intervista è a Carlo Trotta, 27
anni, romano, poeta e narratore (è autore, fra l'altro, del romanzo “La cena di
Henry”, edito da DISALVO). Inoltre, è l'ideatore e
gestore del nosto sito letterario NUOVIAUTORI (www.nuoviautori.org). Per ulteriori
notizie rimando al suo sito personale www.carlotrotta.it
Perché scrivi?
Prima di tutto per piacere personale,
mi rilassa, è una valvola di sfogo, un allenamento mentale, un modo per provare
a capire meglio il mondo e se stessi. In secondo luogo
direi perché mi è sempre piaciuto moltissimo leggere, e credo, in adolescenza,
di aver iniziato a scrivere anche per spirito di emulazione dei miei autori
preferiti, darei la colpa quindi, vista l'età dei primi tentativi, ad autori
come J. R. R. Tolkien e Terry Brooks. Da quando ho
pubblicato, e creato nuoviautori.org poi, mi ritrovo spesso a scrivere su richiesta, racconti o poesie per antologie, o magari
semplici interviste, come questa, per la quale la ringrazio, e trovo che in
fondo, anche se preferisco esser rapito dal romanzo, puro parto della mia
mente, scrivere, lettere, poesie, racconti, sia e debba essere comunque sempre
e prima di tutto piacevole.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
Nei
racconti brevi direi di no, nelle poesie e nei romanzi invece sì. La poesia per
forza di cose. La poesia “è” un messaggio. Per la narrativa lunga invece il
discorso è in realtà complesso. Diciamo però che,
secondo me, un romanzo che non ha nulla da dire, anche se scritto bene, è puro
intrattenimento. Non che ci sia niente di male nell' “intrattenere”
ma io preferisco provare a “comunicare”. I grandi autori, quelli che son rimasti, che verranno sempre
letti, sono quelli che avevano qualcosa da dire, e sceglievano le metafore
migliori per farlo. Non so se le cose che voglio dire io siano giuste o meno,
ma mi piace da morire esercitare il diritto di farlo, e di nascondere le mie
visioni sotto strati e strati di parole, sì che arrivino
davvero solo a chi vuole vederle.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Decisamente
sì, ma non bisogna lasciarsi poi spaventare da chi è più bravo di noi. Leggere
tanto, e cose buone, rischia in realtà di scoraggiare, ma è utile sicuramente
per capire quali sono i modi migliori per toccare il lettore, essendo lettori
noi in primis. Io ho risolto il problema della paura, e il rischio del plagio,
con l'omaggio continuo ai miei mostri sacri, riusando i loro personaggi,
citando continuamente, nei miei testi lunghi, i loro mondi. L'ultimo romanzo ad
esempio ha in Trafalmadore, pianeta Vonneguttiano, la sua totale ispirazione.
Che cosa leggi di solito?
I
miei preferiti, degli ultimi anni, sono Kurt Vonnegut, Bukowski, Fante, Pennac, Queneau, il Benni dei primi libri, P.k.Dick…
Direi che gli ultimi anni delle mie letture son stati
quasi totalmente presi dai grandi autori vissuoti o
riconosciuti nella seconda metà del ‘900. Prima ho
letto di tutto, molti “classici”, molto fantasy,
tanta science fiction. Ho avuto la fortuna di
incontrare molti buoni libri, in adolescenza, sì che la lettura è diventata
presto un bisogno.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Direi
da sempre, con più continuità (scrivevo “storie” per i compagni di classe, e
poesie solo per me stesso) verso i 14 anni.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Sono
in contatto, soprattutto grazie alla gestione di nuoviautori.org, e del suo
forum, con molti editori medio piccoli e trovo che ve
ne siano molti davvero bravi, onesti e capaci, altri purtroppo meno, ma così è
in ogni ambiente. Da autore per ora ho pubblicato solo un romanzo (la cena di henry,
con Michele Di Salvo editore) e mi son trovato bene,
anzi, nel mio caso è lui che potrebbe lamentarsi di me, non avendo praticamente
fatto alcuna presentazione. Sono poi presente in numerose antologie, sia
poetiche che di narrativa, e ne ho pubblicate molte sia come curatore per
editori (ad esempio il bravo e giovane Giulio Perrone)
sia come produttore, attraverso nuoviautori.org. Ho
capito che è un mondo difficile, ma interessante,
pieno di persone “ricche” nel senso più vero della parola, ma anche di gente
che si illude, e di squali pronti a sfruttarla.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Le
sirene di Titano, di Kurt Vonnegut.
Quello è un libro che mi piacerebbe aver scritto. Per il mio futuro invece…
beh, voglio continuare a fare metaletteratura, spero
riesca a far uscire il mio nuovo libro, pianeta
freddo, al momento in mano al mio agente, e mi rivenga la voglia di
scrivere un altro romanzo… Non riesco a scrivere romanzi a “tavolino”,
pianificati, devo separarmi davvero dal figlio ultimo nato, prima di poter
pensare di concepirne un altro. Mi piacerebbe quindi scrivere, dopo il mio
terzo romanzo, ancora lungi dal parto mentale, un manuale del vizio, con
sezioni sul gioco, sul sesso, sulle sostanze psicotrope. “il perverso
gentiluomo”, si intitola. Niente di autobiografico, intendiamoci. Ma lo sogno
da sempre…
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
Direi
di si, ma non saprei dire in che senso. Non immagino
la mia vita senza lo scrivere. Non importa se è un hobby, una passione, un
lavoro, chi scrive, a volte non sa neanche perché lo fa…
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
Inizia con “c'era una volta” e
finisci con “e vissero felici e contenti”.
Ed evita le “virgolette” ed i “puntini puntini…”