L'intervista è a Cesarina Bo, torinese classe 1956, narratrice da soli 7 anni.
Perché scrivi?
Scrivere è un modo per evadere dall'ordinarietà quotidiana, per giocare con le parole e la
fantasia. Tempo fa, in un tautogramma scherzoso, risposi così ad una domanda
analoga: “Pertanto pratico parole particolari per
perdermi per paradisiaci posti”.
Alla base di tutte le tue
opere c'è un messaggio che intendi rivolgere agli altri?
No,
non scrivo per mandare messaggi agli altri o, almeno, non è quello che mi propongo quando mi metto a scrivere. Credo, però, che i miei
racconti facciano riflettere su alcuni temi della vita che, sovente, ricorrono
nei miei lavori.
Ritieni che leggere sia
importante per poter scrivere?
Sì, leggere è importante, ma non solo
per poter scrivere.
Che cosa leggi di solito?
Vado
pazza per i gialli che, letteralmente, divoro. Poi leggo narrativa in genere:
da Buzzati a Carver, da Baldini a John Fante.
Quando hai iniziato a
scrivere?
Ho
iniziato a scrivere tardi, attorno ai quarantacinque anni.
I tuoi rapporti con
l'editoria.
Ho un'unica esperienza a livello
editoriale con l'Excogita di Luciana Bianciardi, figlia del famoso scrittore Luciano Bianciardi e questa esperienza è stata positiva.
Che cosa ti piacerebbe
scrivere?
Un
romanzo, anche se il “lungo” mi spaventa: sono impaziente e quando inizio un
lavoro mi faccio prendere “dall'ansia da conclusione”…
Scrivere ha cambiato in
modo radicale la tua vita?
No,
assolutamente. Però l'ha migliorata e riempita. E mi ha dato delle
soddisfazioni.
Qualche consiglio per chi
ha intenzione di iniziare a scrivere.
Scrivere è una sorta di necessità,
quindi bisogna assecondarla senza farci su troppi ragionamenti o troppi
calcoli. Quando qualcosa ci colpisce l'unico consiglio che do è quello di
scrivere, scrivere, scrivere…