Intervista di Renzo Montagnoli a Rita
Charbonnier, autrice del romanzo La
sorella di Mozart, edito da Piemme.
Questo romanzo ha il pregio non
indifferente di avvincere sin dall'inizio, mantenendo inalterata la
fascinazione sino alla fine.
La vicenda di Nannerl,
la sorella di Mozart, non è solo interessante sotto l'aspetto storico, ma anche
in chiave psicologica, rappresentando una condizione di subordine delle donne
in un mondo in cui preconcetti maschilisti dominano incontrastati, un'epoca che
appare remota, ma i cui effetti si trascinano, se pur
attenuati, fino ai giorni nostri.
Che cosa ti ha più affascinato di
questo personaggio che, ad abundantiam, ma è meglio
precisarlo, è realmente esistito?
Prima
di tutto, caro Renzo, grazie dell'apprezzamento.
Quel
che mi ha affascinata – e addolorata – del personaggio
storico è il semplice dato biografico: Nannerl era
una bambina prodigio, come il fratello, capace di lasciare stupefatte le platee
grazie al suo virtuosismo alla tastiera, capace di trascrivere a memoria
musiche complesse dopo averle ascoltate una volta sola, capace di comporre fin
da piccola; però, assai differentemente dal fratello, quando crebbe si ritirò
nell'ombra. Diversi studiosi di Mozart hanno tentato di fare un confronto tra
le attitudini musicali dell'uno e dell'altra, per concludere
quasi sempre che lei era meno dotata. È possibile, certo. Ma come si può
giudicare, a posteriori, un talento che per ragioni evidenti – l'essere
racchiuso nel corpo di una donna del tardo ‘700 – non ha avuto la possibilità di esprimersi?
Quel
che ho voluto narrare, quindi, è la relazione tra il potenziale individuale e
le circostanze; poiché ognuno di noi è il risultato di una complessa
interazione tra le attitudini e l'ambiente. Io non credo che il bambino nato a
Salisburgo il 27 gennaio del 1756 fosse “destinato” a diventare un musicista
eccelso; credo piuttosto che quel bambino avesse doti
innate straordinarie e che le circostanze – tra le quali l'essere maschio e
particolarmente amato dal padre musicista – e la sua capacità di reagire alle
medesime, abbiano fatto di lui il genio che conosciamo.
E' indubbio che l'ambiente influisca
molto sull'individuo e che appunto, nello specifico caso, il fatto che Leopoldo
Mozart fosse un compositore e un musicista ha giocato a favore di un'emersione
del talento di Wolfgang. Detto ciò, però, sembrerebbe
che il genitore non abbia invece a suo tempo riscontrato un analogo potenziale
in Nannerl, ma qui, secondo me, entrano in gioco due
fattori, che si sono sommati: 1) al meno dotato, cioè a Nannerl,
si riserva il compito di mantenere la famiglia durante i viaggi per concerti di
Leopold e Wolfgang; 2) la femmina deve solo eseguire,
e quindi può suonare, ma non comporre; la creatività non è propria di un essere
inferiore.
Ed è in questo contesto,
secondo me, che viene a sorgere il dramma della Fraulein
Mozart e che a ben guardare è anche la tragedia del fratello: entrambi sono
subordinati al padre, al punto che a lui, e solo a lui, spetta decidere del
corso della loro vita.
Sei d'accordo?
Non
del tutto sul fatto che Leopold Mozart non abbia riscontrato nella figlia un
potenziale analogo a quello del figlio. Nelle sue numerose lettere ad amici e
conoscenti, che ci sono state tramandate, lui si vanta delle prodezze musicali
di entrambi i suoi bambini; posso sbagliare, ma non mi sembra che li paragoni
mai. Paragonarli, in fondo, non avrebbe avuto molto senso. “Il mio frugoletto
già compone” è una frase sensata; “la mia frugoletta già compone” lo è meno, in
quel contesto, perché le donne non si esprimevano come
compositrici, salvo casi assolutamente eccezionali – e anche oggi lo fanno meno
degli uomini.
Detto
ciò, come affermi anche tu, il padre di Wolfgang e Nannerl
era senz'altro un grande manipolatore, abilissimo nell'utilizzare i sentimenti
dei suoi cari per piegarli ai propri scopi. Tutti i membri della famiglia
dovevano fare quel che stabiliva lui, sempre, anche se questo voleva dire
metterli gli uni contro gli altri – divide et impera.
In alcune lettere al figlio, per “fargli capire” che si sta comportando come
uno sconsiderato, puntualizza come il suo comportamento stia facendo soffrire
in modo orribile la sua povera sorella…
Questa
dinamica familiare ha trovato alcune profonde risonanze nella mia storia
personale, e anche da questo è nato il desiderio di scrivere il romanzo.
Eppure Leopold preferisce chiaramente
il figlio; agli inizi viaggiano insieme padre, figlio
e figlia, ma poi subentra nel genitore una chiara preferenza per Wolfgang,
destinando Nannerl all'insegnamento del pianoforte
per sostenere la famiglia e le onerose spese della trasferta in Italia.
Comunque il tuo è un romanzo anche
psicologico perché i comportamenti della giovane Mozart possono sembrare spesso
insensati, ma trovano origine nell'imposizione ricevuta: proibizione assoluta
di comporre e rappresentare l'unica fonte di reddito. Leopold non è certamente
un prussiano, ma è un uomo dell'epoca, ligio alle sue convinzioni
conservatrici, di cui non era immune nemmeno Rousseau, tanto che citi in
epigrafe un suo periodo dall'Emilio che esordisce
così: Tutta l'educazione delle donne dev'essere relativa agli uomini.
La figura paterna doveva corrispondere
a certezze incontestabili e in quest'ottica non mi pare un caso che Nannerl s'innamori del Maggiore
Franz Armand d'Ippod, un militare, tutto disciplina e
obbedienza; potrà contraccambiare, ma agli occhi della fanciulla è sempre un
uomo intriso di convinzioni non scalfibili, è un'autorità e finisce con
richiamare per l'appunto l'immagine del padre.
Che ne pensi?
Mi
fa molto piacere sentirti dire che il mio è anche un romanzo psicologico e che
i comportamenti della protagonista sono talvolta insensati, o inopportuni. La Nannerl del romanzo è senz'altro una ragazzaccia;
soprattutto, ha accessi di collera rivolti quasi sempre
contro le persone sbagliate. Per usare un'immagine non molto settecentesca, è
come una pentola a pressione, all'interno della quale ribolle
un talento enorme che non trova sfogo – quindi soffia, fischia e a volte
scoppia. È vittima delle circostanze, certo, ma anche
di se stessa; poiché alle privazioni che le vengono imposte lei reagisce con un
polemico “ah, sì? Non devo più comporre? Devo dare lezioni per finanziare i
viaggi di mio fratello? E allora vi frego tutti: non suonerò
mai più”. Mentre in realtà, naturalmente, “frega” se stessa. “Sarò la
servetta musicale di Wolfgang”. Cosa che lui non le ha mai chiesto di
diventare.
Inoltre
non è certo un caso, come dici tu, che Nannerl si innamori di un uomo tutto d'un pezzo, nonché molto più
grande di lei. Armand per certi aspetti è un clone di suo padre. Perché la dura
realtà è che coloro che si ribellano alle imposizioni subite nella famiglia
d'origine non di rado finiscono per cercarle altrove, o anche –
inconsapevolmente – per farle proprie.
E non è certo un caso se il suo talento
naturale, impossibilitato a esprimersi, finisca con l'essere un tormento che
corrode dentro, un fuoco che brucia sotto la cenere e che divora il focolare.
Quell'estro artistico innato assume allora caratteristiche comportamentali
bizzarre che evidenziano una diversità solo esteriore. Del resto, quando Nannerl tocca il fondo si
risolleva grazie a un altro artista, certamente non di valore, ma che ha un
certo talento poetico che a volte lo fa apparire ridicolo, se non patetico. Mi
riferisco a colui che sposerà e che in passato aveva
rifiutato e ridicolizzato: il barone Johann Baptist
von Berchtold zu Sonnenburg. Ed ecco allora che Nannerl
risorge a nuova vita, nelle pagine forse più belle del tuo libro, nelle quali, fra l'altro, c'è l'avvio di un'amicizia fra due
ribelli, lei e Nera, la cavalla bizzosa. Da come descrivi il tentativo di
montarla e saperla condurre posso arguire che tu vada a cavallo e che forse in
passato hai trovato un sauro simile, tanto bene lo descrivi.
È così?
Ti
ringrazio per il complimento, ma temo di non essere esattamente una
cavallerizza esperta… ho fatto un po' di equitazione, quando ero molto più
giovane, e in effetti una volta ebbi a che fare con
una cavalla brutta e capricciosa, come la Nera del romanzo. Una volta lei partì
al galoppo all'improvviso, e io non ero proprio in
grado di governarla; ricordo l'istruttore che mi correva dietro, gridando
disperato di nascondere il frustino. Non appena lo feci,
lei rallentò. Tutto qui… l'idea del rapporto tra Nannerl
e la cavalla, in un momento di guarigione per il personaggio, mi è venuta pensando alla zooterapia. E
per rendere verosimile la relazione tra le due, e il comportamento della
bestia, e anche per i dettagli tecnici relativi al cavalcare, ho tempestato di
domande mia sorella – che possiede un cavallo e quindi ne capisce molto più di
me.
Dunque, da un'esperienza analoga é nata
l'idea dell'incontro fra Nera e Nannerl e questa
circostanza mi fa sorgere un'altra domanda, che è nata con la lettura delle
prime pagine del libro.
Mi sono chiesto
infatti perché fra non pochi artisti di sesso femminile ti è venuto in
mente di scrivere della sorella di Mozart. Certo, di lei ti ha parlato, come
anche riportato nei “Ringraziamenti”, tua sorella Chiara, ma non penso che
questa segnalazione, per quanto propedeutica a tutto il lavoro svolto, sia
stata sufficiente. A ben guardare, nella storia dell'arte ci sono
altri soggetti ugualmente interessanti, come la pittrice Artemisia Gentileschi, la prima donna ammessa nel 1616 all'Accademia
europea del Disegno, oppure come Marietta Robusti,
figlia di Jacopo, meglio conosciuto come Tintoretto, e la cui vita presenta
punti di contatto con quella di Nannerl, come
l'imposizione paterna di non dipingere. Nell'avvicinarci, poi, ai nostri tempi
mi viene in mente la fotografa Gerda Taro, la
compagna di Capa, morta al fronte della guerra
spagnola all'età di ventisei anni. Ho citato personaggi la cui storia è di indubbio interesse e di cui è possibile reperire ampio
materiale per scrivere un romanzo, anzi le storie di queste donne potrebbero
essere più avvincenti di quella della sorella di Mozart. E allora, per quale
motivo hai scritto di Nannerl?
Perché
la musica mi appartiene molto più della pittura e della fotografia. Vado alle
esposizioni e amo “perdermi” in un'immagine visiva, ma non ho mai dipinto e nel
disegno non sono mai stata brava; né mi sono mai espressa come fotografa. La
mia ammirazione per queste forme d'arte è “esterna”. Invece comprendo la musica
“dall'interno”, perché suono fin da quand'ero piccola
– certo, da dilettante, ma suono e conosco il linguaggio della musica.
Inoltre
mi sembra che nessuna delle figure che citi sia una “sorella di”. Magari una
figlia, una compagna, ma non una sorella; quindi questi personaggi storici non
si prestano altrettanto bene a incarnare la tematica
di cui parlavo prima, quella della relazione tra il potenziale e le
circostanze. E poi di Artemisia ha scritto addirittura Anna Banti…
ubi maior, lasciamola a lei!
Fra tutti i personaggi del tuo libro,
come giudichi Leopold Mozart? La domanda non è capziosa, perché mi pare che la
chiave di tutto e in particolare delle travagliate esistenze di Nannerl e di Wolfgang sia proprio il padre.
Il Leopold del romanzo è Il Male, è
La Sopraffazione, Il Controllo, La Manipolazione – soprattutto nei confronti
della figlia, che evidentemente non ama. Mio padre, che purtroppo non c'è più,
dopo aver letto il libro me ne disse di tutti i colori su Leopold, con una
veemenza che per lui era piuttosto inusuale: un padre
così era troppo cattivo, non era credibile, il suo comportamento era repellente
e tutti i lettori avrebbero odiato il mio romanzo per via di quel genitore
assurdo che mi era saltato in testa di dipingere. Io lo guardai bene in faccia
e compresi. “Papà, non sei tu” gli dissi in modo molto incisivo. “Non sei tu”.
E lui si calmò.
Questo
per dire che il personaggio è senz'altro odioso, egoista e crudele, salvo
alcuni rari momenti.
Concordo su questa figura di
padre-padrone, purtroppo non rara. Mi sembra che in questa intervista siano
state ulteriormente delineate le caratteristiche dei
protagonisti, che nel romanzo rivivono dal naturale oblio e dall'ombra
inevitabile del mito di Wolfgang che li sovrasta; essi ritornano a essere
uomini, con i loro pregi, i loro difetti, esseri che amano, che provano
emozioni, dolori e che infine muoiono. Li sentiamo vicini e non lontani
personaggi ritratti dalla storia, qualcuno riusciamo pure a detestarlo, altri,
come Nannerl, a commiserarlo e infine ad amarlo.
Hai dato nuova vita a delle ombre, hai
dato un'anima a dei nomi, ed è questo il grande pregio di questo romanzo.
Considerati i tuoi libri successivi si può dire che ti sei specializzata nel genere
storico e allora una domanda, l'ultima, mi è naturale e anche d'obbligo: hai in
cantiere qualche cosa? Puoi fornire un'anticipazione?
Credo che, almeno per qualche tempo,
abbandonerò il genere storico – un percorso che in fondo ho già iniziato con
l'ultimo dei miei tre romanzi, “Le due vite di Elsa”, che non è un romanzo
storico in senso stretto. Al momento sto lavorando a due nuovi progetti
piuttosto diversi, parlare dei quali è forse prematuro… posso dire che in un
caso siamo nella piena contemporaneità, nell'altro in una multitemporalità.
Dal punto di vista tematico, comunque, continuerò a
muovermi nell'ambito che più mi è caro: donne che, per emergere, lottano contro
ostacoli interni ed esterni.
Spero
di essere stata sufficientemente oscura… e ti ringrazio, caro Renzo, per la
bella conversazione.
Hai detto bene: è stata una bella
conversazione e ti ringrazio di ciò. Ora è abitudine salutare il proprio
interlocutore ed è quello che faccio, con il pensiero tuttavia rivolto a un
grande personaggio, a Nannerl, una di quelle donne
che, come hai scritto nella risposta alla precedente ultima domanda, per
emergere lottano contro ostacoli interni ed esterni. E
lei è come se fosse stata presente a questa nostra conversazione, perché,
leggendo il tuo libro, è diventata parte di me.
Auguri per i prossimi lavori.
La sorella di Mozart
di Rita Charbonnier
In copertina: Franz Xaver Wagenschoen,
Maria Antonietta alla spinetta
(olio su tela, 1770), Hofburg,
Vienna
Edizioni Piemme
www.edizpiemme.it
Narrativa romanzo storico
Collana Paperback Adulti
Serie Bestseller
Pagg. 336
ISBN 978-88-566-1575-3
Prezzo € 10,50