Intervista di Renzo
Montagnoli a Lorenzo Montanari, autore di La volpe, la maschera e…altre favole di Fedro, edito da
La Scuola
Devo riconoscere che sei una continua
sorpresa: insegnante, traduttore di opere in latino, autore di testi sull'uso
corretto dell'italiano. E ora, addirittura, favolista, anche
se traendo spunto dalle Fabulae
di Fedro, uno dei più noti scrittori al riguardo, forse altrettanto celebre
del mitico Esopo. Mi sorge spontanea una
domanda: perché hai scritto questo libro?
Questo libretto di meno di cento pagine rappresenta il precipitato
degli ultimi sette/otto anni della mia vita, passati a scrivere, e la sintesi
delle mie grandi passioni: l'amore per l'antichità latina, per la traduzione,
per la divulgazione, e, non ultimo, per i giovani (in questo caso,
giovanissimi). Ho studiato Fedro e le sue Fabulae
durante gli anni del dottorato: ne ho curato
un'edizione per specialisti del settore (che sta subendo, suo malgrado, i
postumi di una travagliatissima vicenda editoriale),
ma sentivo che il messaggio non poteva e, soprattutto, non doveva essere
relegato al mondo della filologia accademica; ho deciso, quindi, raccogliendo
una suggestione del mio editore, di ri-raccontare ai
bambini dai nove anni in poi le favole che mi sembravano portatrici di un
messaggio più fruibile e comprensibile.
Mi par di capire che - e correggimi se
sbaglio - alcune
di queste favole sono una traduzione, con un libero adattamento, delle Fabulae di Fedro,
mentre altre sono frutto esclusivo della tua creatività, ma scritte ispirandoti
a Fedro e nel modo in cui lui le avrebbe stilate. E' così?
Tutte le favole sono fedriane; nessuno
dei testi nel libro è frutto esclusivo della mia fantasia. Il mio intervento
adattivo è stato, per lo più, di tipo linguistico. In alcuni casi, tuttavia, ho
modificato degli aspetti delle favole per renderli più chiari e accessibili ai
bambini. Ad esempio, nel caso della favola dell'imperatore Tiberio e del suo servitore
perditempo (p. 36), ho lavorato sulla descrizione (sempre assente nelle favole,
per far sì che l'attenzione del lettore sia sempre diretta alla morale) e sul
finale: nel testo originale la battuta con cui l'imperatore sgridava il suo servus, ponendo fine al loro dialogo, conteneva un
gioco di parole estremamente complicato, giocato sulla
parola «schiaffo», comprensibile solo dagli esperti di questioni giuridiche
latine. Ho deciso di eliminarlo, conservando però il senso profondo del
messaggio che Fedro intendeva dare.
Insomma, il tuo è stato un adattamento
affinché le favole risultino più gradevoli e
comprensibili. Tuttavia mi preme rilevare come ogni brano sia preceduto, in
corsivo, da una tua breve introduzione che in effetti
esplicita il senso del testo stesso. In ogni caso ciascuna prosa risulta breve, se non brevissima, come se Fedro volesse
educare senza stancare. I periodi sono talmente pochi e per nulla lunghi al
punto che alcune hanno la parvenza di massime, finendo
con il poterle identificare come degli aforismi.
E' evidente anche che l'intento di
Fedro è didascalico e il ricorso alla metafora è finalizzato a rendere più
fruibile lo scopo.
Analogamente a Esopo è un attento
osservatore della natura umana in cui sa cogliere gli aspetti positivi, ma
soprattutto quelli negativi.
Come il più grande poeta latino
Virgilio, anche Fedro non era romano, sebbene le sue effettive origini siano
incerte (Grecia o Tracia). Sta di fatto che giunse a Roma come schiavo e da
questa condizione forse gli venne l'idea di scrivere
le Fabulae,
un po' nella speranza di affrancarsi, come poi avvenne, un po' per la
possibilità di ritrarre senza rischio i difetti dei romani, e forse l'intento
didascalico venne in seguito.
Tu di che avviso sei, cioè cosa pensi
di questo Fedro all'inizio fustigatore e solo in seguito pedagogo?
Sicuramente hai centrato il problema. L'editore ha desiderato
evidenziare in corsivo le parti iniziali o finali delle favole in cui compare
la cosiddetta «morale», ossia il momento più strettamente didattico, il punto
della narrazione in cui il lettore è invitato a riflettere sul contenuto della
favola. Fedro si rivela, in questi punti strategici del testo, un maestro di
costume e di buon senso, più che un maestro di scuola tout court. Le favole, non a caso, furono scritte per gli adulti e non per i
bambini: l'espediente di ricorrere, per lo più, agli animali come protagonisti
delle vicende ha una doppia giustificazione: aveva una sua consolidatissima
tradizione che affondava le radici nel mondo greco (tu citi giustamente Esopo,
che è auctor, ossia maestro di Fedro) e
permise a Fedro di fare riferimenti velati a personaggi del suo tempo senza
nominarli, travestendoli da animali. Vista la sfortuna in cui incappò il
Nostro, sappiamo che i Romani erano perfettamente in grado di capire chi «si
nascondesse» dietro volpi, lupi, pantere: la tradizione ci racconta che Fedro
cadde in disgrazia anche a causa di Seiano, il
potentissimo e spietato luogotenente dell'imperatore Tiberio, che evidentemente
si era sentito accusato e preso in giro da alcune delle favole. Oggi la
ricostruzione di quelle relazioni è molto complicata, se non impossibile, ma
sappiamo per certo che ci furono e che Fedro le pagò caramente. Non
dimentichiamoci, infine, che Fedro scelse di scrivere le favole nel metro del
senario giambico, il verso popolare della tradizione teatrale: ciò diede alle
favole e ai loro messaggi nascosti una grandissima diffusione. Le origini
«orientali» e non pienamente romane di Fedro, poi, secondo me, gli permisero di
avere un occhio più critico su Roma e sulla politica del tempo. Credo che
questo insieme di elementi (satira politica, diffusione capillare delle favole,
fustigazione dei costumi della società del tempo) causò
non poco dispiacere tanto a Fedro quanto a molti dei Romani del tempo.
Ci scommetterei che per te questo è
stato un lavoro divertente, rientrando anche nella tua formazione mentale di
didatta, ma anche consapevole che le caratteristiche, soprattutto i difetti,
degli uomini non cambiano nei secoli, con il risultato che questi brani
finiscono sempre con l'essere attuali. Che idea ti sei
fatta di Fedro, questo autore la cui vita ci è in
buona parte sconosciuta? Era un uomo che avrebbe potuto scrivere opere di
maggior livello, oppure ha cercato, in un certo qual senso, il successo
commerciale, quella fortuna che poi in effetti gli
permise di affrancarsi?
Sulla personalità di Fedro possiamo trarre solo delle inferenze da
quanto lui stesso, in prima persona, ci racconta nei prologhi dei suoi libri.
Nulla di più. Nel testo «La volpe, la maschera e...»
ho cercato di regalare ai miei giovani lettori un'immagine reale e fedele del
Fedro che emerge dal testo latino: un uomo ossessionato dalla lotta contro
tutte le forme di ingiustizia, di iniquità, di ribalderia sui più deboli; un
uomo tormentato dall'invidia che altri scrittori, a lui coevi, nutrivano nei
suoi confronti; un uomo profondamente buono e onesto, ma anche triste e
inquieto (come lo sono spesso gli uomini intelligenti e sensibili), che aveva
fatto della denuncia dei vizi una missione di vita. Io non credo che questa
fosse solamente un'immagine: studiando a fondo il testo fedriano
ho sempre percepito una certa naturalezza, un amore per la verità tanto intenso
da farmi essere sempre
certo di non trovarmi di fronte a una mistificazione. E così il
mio Fedro per bambini è altrettanto impegnato contro i vizi e altrettanto
sensibile. Il tratto più insolito che emerge dal mio libro – me lo
rimprovereranno i filologi più arcigni (se non lo hanno già fatto) – è l'amore per i
bambini: dal testo originale latino questo non emerge in modo chiaro ed
esplicito, ma da una serie di favole che hanno come protagonisti animali alle
prese con i loro cuccioli, posso tranquillamente affermare che Fedro fu una
delle voci più interessanti dell'antichità sulla tutela e sul rispetto dei
bambini. Per quanto riguarda l'aspetto della ricerca del successo commerciale
delle favole, forse potrà stupirti, caro Renzo, che Fedro non entrò
direttamente nelle scuole (forse per via del suo latino tanto difficile e del
metro meno chiaro dell'aereo esametro alla «Virgilio»,
per intenderci); Fedro riscosse ottime critiche da subito, fu imitatissimo, questo sì, ma non fu immediatamente un best
seller. Da buon classico, però, ha resistito allo scorrere del tempo, divenendo
una voce imprescindibile per lo studio e la lettura del genere favolistico.
Sicuramente il dubbio che tu mi esponi –avrebbe potuto
dire la sua in un altro genere letterario – è lecito, davanti a tanta
intelligenza, ma nessuno di noi può rispondere.
Un Fedro, quindi, che potrebbe essere
definito rivoluzionario, non solo per la sua epoca, amante della verità, perché
la vita non è tale se si procede nella menzogna e dedito ai bimbi in quanto speranza per il futuro. Oserei dire che anche oggi, anzi forse più di
ieri, ci sarebbe bisogno di un autore simile, soprattutto per denunciare in
modo impareggiabile quel mondo di apparenze in cui siamo immersi e infondere
fiducia e speranza non solo nei bambini, ma anche negli adulti.
Sono sincero: dopo aver letto La guerra gallica e La guerra civile, di Cesare, da te
tradotti e resi moderni in modo veramente encomiabile, ti domando se hai
pensato ad altre opere di grandi classici, per farle rivivere dopo tanti
secoli. Ne cito a caso alcune: Bucoliche,
di Publio Virgilio Marone, De rerum natura, di Tito Lucrezio Caro, De re publica, di Marco Tullio Cicerone, Le metamorfosi, di Publio Ovidio Nasone.
Sono tutti testi che ancor oggi hanno una grandissima
valenza, ma che per essere letti dai giovani necessitano di un ammodernamento
linguistico.
Se non rientrano ancora nei tuoi progetti,
pensaci. Sarebbe un lavoro altamente meritorio, di
quelli che finirebbero per consacrarti nella storia. Che ne dici?
Nel caso invece che tu abbia in
cantiere qualche cosa d'altro, è possibile avere qualche anticipazione?
Sei sempre generosissimo nei miei confronti; ci sono tanti
studiosi, scrittori, traduttori, amanti dell'antichità classica, anche giovani,
molto bravi e meritevoli, di cui però nessuno si accorge o che non hanno la
possibilità di emergere a causa della situazione di
stallo culturale sconfortante in cui è immobilizzata la nostra Nazione. A loro
girerei volentieri l'offerta di far rivivere l'aerea, dolcissima poesia
virgiliana o i versi del fantasioso Ovidio o gli esametri del nervoso e visionario Lucrezio (in assoluto, il mio poeta
preferito). Io sono già stato molto fortunato e sarei davvero felicissimo di
sapere che anche loro potrebbero avere le stesse occasioni che ho avuto io.
Nei prossimi mesi porterò «in giro» il mio piccolo Fedro in una
serie di presentazioni e letture pubbliche, di cui darò
notizia anche ai lettori del tuo interessantissimo sito, sperando di conoscerne
qualcuno anche dal vivo. In questi incontri cercherò di stimolare l'amore e la
curiosità per la cultura classica, quindi avrò il privilegio di poter
continuare a parlare di argomenti che mi sono molto
cari.
Ti confesso che il desiderio di tornare alla traduzione è
fortissimo, perché da lì provengo e i veri amori difficilmente si scordano. Ma dovrò posticipare, forse per tanto tempo. Penso che la
mia strada sia segnata, in un qualche modo: tornerò all'editoria scolastica
perché ho in lavorazione un manuale di grammatica per la Scuola Secondaria di
primo grado (la vecchia Scuola Media), che – speriamo! - dovrebbe uscire nel
2014. Poi mi prenderò una pausa e chissà... forse avvierò il cantiere per un
nuovo libro per bambini e per la nuova edizione di «Pronto soccorso
dell'Italiano». Sarai, come in passato, il primo a
essere informato. Grazie mille a te, caro Renzo, e ai lettori
del sito Arte Insieme.
E pure io ti ringrazio per questa
conversazione che spero possa interessare i lettori al fine di voler conoscere
Fedro e le sue bellissime Fabulae.
La
volpe, la maschera e…altre favole di Fedro
di Lorenzo Montanari
Progetto grafico e copertina di Monica Frassine
Illustrazioni di Cristina Silingardi
Editrice La Scuola
www.lascuola.it
Narrativa per ragazzi
Pagg, 96
ISBN 9788835032663
Prezzo € 6,90