Intervista
di Renzo Montagnoli a Giulio Maffii, autore di Equinozio di girasoli, edito dal Foglio
Letterario.
Il titolo è del tutto particolare, fra l'astronomico e il
botanico. Come mai, quindi, Equinozio di girasoli?
Tutto nasce dalla visione
del quadro di Eloisa Scultetus,
“I girasoli dell'autunno”,
riprodotto anche in copertina. Un'idea, un insieme di idee hanno
preso vita. L'equinozio con la sua perfezione di luce e ombra rappresenta
l'uomo e i girasoli si nutrono del sole per poi precipitare e chiudersi
nell'ombra. E' un paradosso, uno dei tanti paradossi poetici e noi siamo luce
ed ombra. L'equinozio richiama inequivocabilmente la primavera ma i girasoli
nascono con il solstizio, quindi è un incontro simbolico. Il tempo più vicino a me e alla mia scrittura
è comunque quello dell'equinozio
ma non di primavera bensì d'autunno. Il richiamo poi all'equinozio è anche
verso i riti magici e storici e alla magia della parola è dedicato appunto l'incipit iniziale della raccolta.
In questa raccolta la memoria e il tempo si
snodano nei versi, non indipendenti l'una dall'altro, ma come due aspetti ed
eventi metafisici. Nella risposta di cui sopra hai accennato ai riti magici
connessi all'equinozio, fatti ormai abbastanza desueti, eppure significativi
perché collegano strettamente tempo e memoria. In fondo noi siamo quello che
siamo perché siamo un anello dell'evoluzione. In questa connessione fra tempo e
memoria per te che cos'è esattamente il tempo?
Guarda, il tempo in
realtà per me è probabilmente un'ossessione anche se
in effetti funge da serbatoio per la memoria. I miei due precedenti lavori non
per niente si intitolano “La caduta del tempo” e “Fino a che non muore il
tempo”. Anche in questo “Equinozio” il tempo è ben presente tanto che una delle
sezioni in cui è diviso si chiama “Nel difetto del tempo” e non a caso la frase
conclusiva è “abbiamo ancora tempo”. In tutto il libro l'uso della parola non è
mai ‘per caso'. C'è una ricerca continua. Ogni parola ha la sua collocazione
come ogni secondo sta dentro al minuto che a sua volta..e
qui si può proseguire all'infinito. La
Poesia invece è atemporale, non definibile su basi cronologiche. Facciamo
spesso l'errore di immaginarci gli autori come entità separate che lavorano
lontani sia nel tempo sia nello spazio. In realtà tutti lavorano insieme fuori
dagli schemi imposti dal pensiero razionale a creare la Poesia, concetto
indefinibile, tassello su tassello, tempo nel tempo, usando la “parola” ovvero
“l'imperfetta perfezione”. Il tempo poi nel libro è cornice ed interprete
principale al contempo. “ogni oggetto contiene una moltitudine di tempo”,
oggetto, luogo o persona. Nella lirica “Un anno” si immagina lo stesso arco
temporale secondo tre punti di osservazione, tre voci in assonanza ma diverse.
Alla fine si può affermare che il tempo più non conta ed è la memoria la nostra
salvezza.
Del resto la misura del tempo è propria
dell'essere umano, che tende a ridurre il tutto alla sua dimensione, e
giustamente non ci accorgeremmo del suo trascorrere se non avessimo
l'esperienza della memoria, che ci dà una misura di ciò che è accaduto e quindi
la certezza di un periodo temporale. La memoria, pertanto, avrebbe una funzione
salvifica, cioè impedirebbe all'uomo di vivere un eterno presente. E' così?
Esattamente. Con e nella memoria, il nostro pensiero torna ad
essere vivo, dinamico, non muore. D'altro canto però la memoria ci riporta
anche alla realtà, quella
di non essere niente, di essere simili al silenzio. “La memoria non inganna” e
quando sembra farlo inizia a tacere. Noi abbiamo bisogno di tutte le fasi del
tempo. La memoria le contiene, paradossalmente contiene anche il futuro e a
volte si fonde con i sogni. Spesso siamo consapevoli che è tutto un inganno,
un'apparenza ma continuiamo a crederci. Nella memoria, da cui trarre il senso,
nelle parole e nella Poesia c'è fortunatamente la radice che ci impedisce di
vivere un eterno e angosciante presente; radice che nutre la sensazione
bellissima, talvolta metafisica, “di abbandonarci alla paura di essere umani”.
Quel senso di stupore che ci coglie nell'accorgerci di essere
granelli di polvere nel vento è indubbiamente anche la certezza della nostra
caducità. Concordo che nel passato ci sia anche il futuro e in questo senso mi
sembra che attualmente l'uomo sia senza memoria, e quindi non riesca a vivere
il presente, né sia in grado di interferire, per quanto in misura modesta, con
il futuro. L'impressione è quella di vivere in una società che ha fatto della
chimera del tempo l'unico scopo della sua esistenza. Qual è la tua opinione al
riguardo?
In questa corsa continua
dove il tempo è visto come un qualcosa da abbattere, da sconfiggere, l'uomo
perde contatto con sé e la sua sfera emotiva, relegandola ad un ruolo
marginale. In questi ripidi ghirigori temporali dove le apparenze conducono
verso il niente, ecco comparire i libri di poesia, strumenti dati all'uomo per
lottare contro Crono. Il tempo non è vissuto, è consumato, la società genera la
mediocrità, agli scrittori il compito di risvegliare le coscienze assopite.
D'accordo, ma resta un problema di base, e cioè il modesto o
insignificante mercato dei libri di poesia. E' un dato di fatto che la gente
non ami leggere delle liriche che, se hanno il
vantaggio della brevità, impongono però anche un minimo di riflessione. Di
conseguenza il poeta, a differenza del narratore, viene visto come una sorta di
Don Chisciotte, un povero illuso, dove quel povero è inteso in tutti i sensi.
Il problema allora è come avvicinare la gente alla poesia. Hai qualche idea in
proposito?
Il discorso si fa
complesso e lungo, cercherò`di essere coinciso. A monte vi
é il problema dell`insegnamento scolastico. Programmi obsoleti e spesso male
proposti fanno si che la Poesia
sia vista come qualcosa di lontano, di vecchio, di assolutamente inutile. Le
proposte letterarie che vengono fatte ai giovani annoiano, non sono
assolutamente interessanti. I ragazzi devono essere stimolati, bisogna proporre
loro interesse. Con tanta di quella buona poesia moderna si continua a far
studiare loro autori del 700-800 di cui si fa persino fatica a capire quale
lingua stiano usando, con conseguenze catastrofiche. E ancora Dante viene fatto
male, gli stilnovisti sfiorati. Si va per grandi nomi, cariatidi letterarie. I
giovani avranno tempo per studiare questi autori ma bisogna dare loro stimoli
non pesantezza. Vado avanti con le mie idee nel laboratorio di poesia che tengo
a Livorno. I risultati sono lusinghieri. Abbiamo partecipato entusiasti, con la
seconda media dell`Istituto Sacro Cuore, al Festival Palabra
en el mundo, una lettura
simultanea mondiale. La scuola ha deciso cosi di affidarmi a livello
sperimentale anche la classe V elementare oltre alla terza media che proseguirà
il lavoro iniziato lo scorso anno. Dalla semplice lettura i ragazzi sono
arrivati attraverso un percorso di letteratura comparata anche alla produzione
vera e propria. Il ritenere la letteratura divisa in compartimenti stagni e
separati è un altro grosso problema. Tornando alla domanda iniziale invece
dobbiamo parlare di vari aspetti. Il primo è il mercato della poesia. Scarso.
In Italia tutti scrivono e nessuno legge questo è il dato lampante. La
mercificazione della cultura porta le grandi case editrici a non investire. Se
non hai un “nome” non vendi. Quindi avanti con la narrativa di brutta fattezza
degli scrittori di grido, magari poi loro prestano soltanto il nome al libro, e
chiusura ai libri di riflessione. Poi il problema delle case editrici che
sarebbe meglio chiamare “tipografie mascherate”. Approfittano della vanità del
poeta, del cattivo poeta, e pubblicano, dietro lauto contributo-gabella, di
tutto. Capisco la soddisfazione e l`ambizione ma pagare tanto per un libro di
pessima fattura editoriale, poche copie all`autore e le altre a marcire in
qualche magazzino ed in più proposte in vendita a prezzi assurdi mi sembra
veramente troppo. Per questo attraverso le Edizioni Il Foglio, di cui dirigo le
collane poetiche, ho
pensato e realizzato la nuova collana Plaquette. Prodotti di alta qualità e non
di quantità. Gli autori sono selezionatissimi, sono
in cerca di voci nuove, moderne, poderose, non delle “solite poesie” da
regalare ad amici e parenti. Ma per riportare la poesia tra la gente bisogna
anche invogliare il lettore, riportarlo alla scoperta del “bosco sacro”. Quindi
prodotti editoriali di alto livello anche materiale e prezzi decisamente
popolari. Lavorare quindi alla base con i giovani e mostrare quanto di bello
c'è nella poesia e proporre ai “lettori” lavori di qualità. L`ultimo appunto è sulla
piccola differenza tra un poeta e un narratore. Non e`un Don Chisciotte, il
poeta racconta la realtà, è il narratore, il romanziere che inventa. Un poeta
che finge non sarebbe credibile.
In buona parte concordo, ma sono dell'idea che lo studio dei
grandi classici, e ce ne sono anche nel XVIII e nel XIX secolo, rapportandolo
all'epoca storica, interesserebbe assai di più gli studenti, a patto che la
lettura di una poesia non si limitasse a un commento unilaterale
dell'insegnante, ma coinvolgesse anche gli allievi. Si otterrebbe così un
duplice vantaggio: da un lato l'acquisizione di una coscienza storica che da
semplicemente letteraria diventerebbe paragone critico di varie epoche, e
dall'altro farebbe sentire lo studente non semplice recettore di nozioni, ma
partecipe di un processo culturale che non ha mai termine.
Visto che hai citato la collana Plaquette del Foglio Letterario,
di cui tu sei fresco fresco
direttore editoriale per la poesia, vuoi anche precisare meglio che tipologia
di poesia cerchi, ovviamente per l'eventuale successiva pubblicazione? Mi
spiego meglio: a parte la qualità, è preferita la poesia introspettiva, quella
d'amore, quella naturalistica, ecc.?
Assolutamente concordo
con quanto tu sostieni sullo studio dei classici. Senza una collocazione
storica sono parzialmente comprensibili ed il limite sta appunto nel proporre
una semplice e noiosa cronologia e parafrasi senza aggiunte di niente e lo
studente è mero ricevente senza possibilità di partecipazione al processo
culturale dinamico. Poi la mia concezione è quella di una letteratura comparata
senza confini anche perché ho una teoria sulla poesia molto particolare di cui
avremo modo di parlare. Per quello che riguarda la poesia che cerco per la
nuova collana Plaquette, non ho preclusioni per alcun tipo, sarebbe fuorviante
e limitativo. Posso avere dei gusti personali ma non inficiano su quanto vado a
leggere. Le mie preferenze vanno in genere ad una poesia introspettiva che
cerca l`universalità dei concetti ma ciò riguarda soltanto me. Cerco belle
poesie e questo è un concetto quasi indefinibile, Eliot ha detto che ci sono
soltanto due tipi di poesie, quelle belle e quelle brutte, niente altro e sono
d`accordo. Come distinguerle è cosa a parte. Ripeto quanto detto prima, non
cerco bei pensieri magari ben scritti, cerco Poesia e “trovarobe” che ci
abbiano inciampato rotolandoci dentro. Quindi amore, natura, sociale,
introspezione tutto può essere poetico.
Vediamo una domanda classica, la cui risposta non è
necessariamente una definizione: che cos'è secondo te la poesia?
Hai una domanda di
riserva? Non c'è a mio avviso una risposta precisa ed univoca. Per risponderti
utilizzo e faccio mio il discorso di Montale in occasione della consegna del
premio Nobel. Montale asseriva che nel mondo c'è molto spazio per l'inutile e
la poesia è un prodotto assolutamente inutile ma non nocivo anzi ancora più
profondamente la poesia è “una malattia assolutamente endemica ed incurabile”. Nelle "lezioni" che
tengo ai miei ragazzi del laboratorio , cerco sempre
di mostrare loro le varie direzioni dei versi, cerchiamo insieme di abbattere
gli schemi, mentali soprattutto, per far affiorare le parole. Credo che la
Poesia sia come un punto geometrico, è un "ogniluogo"
o meglio un "ognidove". Dal punto passano
infinite rette ovvero le poesie, che si sfiorano, si uniscono, si allacciano.
Vanno a creare strutture simili ad un ipertesto e le letterature si collegano
tra loro. Non esiste quindi una poesia italiana o francese o tedesca, staccate
dai loro parallelismi e congiunture. Questo ognidove
porta ad un "nessundove" che non è termine
negativo, è luogo infinito dove la poesia si rigenera con la poesia, la poesia
rinasce ogni qual volta viene letta e scritta, rielaborata,gettata
e ripresa.
Non c'è bisogno di una domanda di riserva, perché tutte le
risposte sono valide ed egualmente opinabili. C'è chi ne parla più in modo
emotivo e c'è invece chi vede la risposta da un punto di vista più impersonale.
Dato che ogni tanto citi altri poeti, mi sembra logico
ora chiederti di quelli che più hanno avuto un ascendente su di te e per
quali motivi.
Un`altra domanda aperta e
in cui rischio di fare torto a molti. Sono un lettore poesiofago.
Leggo quasi esclusivamente poesia e critica letteraria. Gli autori a me cari
sono veramente tanti, a volte autori specifici, altre correnti letterarie
intere. Comunque, scusandomi per quelli che non cito direi Salinas
per l`uso specifico della parola, Eliot che ha scritto il capolavoro del 900
che è la Terra
desolata, in cui ipertesto, genesi dell`uomo e introspezione si fondono
magistralmente con un uso del linguaggio che lascia sbalorditi. Poi ancora i
metafisici inglesi, John Donne su tutti, la poesia francese, ispanica, soprattutto gli
autori della generazione del 27 e ispanoamericana, russa. Dante, Saffo
ma l`elenco sarebbe davvero infinito. Relativamente alla letteratura italiana
direi che in particolare guardo gli autori del 900. Voglio dire che è assurdo
stilare una classifica o paragonare certi autori ad altri stante la soggettività
della lettura. Nel 900 italiano ad esempio credo che
oltre i classici Montale e Ungaretti, osannati allo sfinimento, ci siano 4
poeti veramente grandi. Luzi, Bertolucci, Caproni e Sereni e poi gli altri.
Personalmente Luzi mi entusiasma e l`etichetta di ermetico che gli e`stata data
è limitativa e fuorviante. Casi a parte Quasimodo, autore sopravvalutato e a
mio avviso e della critica in generale, non genuino, ma non è qui adesso la sede giusta per
discutere di questo, e la Pozzi
deliziosa riscoperta. Non posso tralasciare anche la corrente nordamericana Confessional,
la Plath, la Sexton. Un altro poeta
che mi ha terribilmente affascinato è il norvegese Hauge
e la sua Terra azzurra. Poi leggo molto anche autori ancora sconosciuti
ispanoamericani, lusitani e italiani. Mi rendo conto di aver tralasciato molti
nomi.
Comprendo, ma la domanda, per essere precisi, riguarda l'autore o
gli autori che hanno esercitato su di te il maggiore ascendente e per quale
motivo. Magari, per semplificare, mettine uno e spiega il perché.
Tutti quelli che ho
citato sono in parte “colpevoli” del mio stile, chi per un fatto chi per un
altro. Uno soltanto e`troppo riduttivo, anche perché talvolta a seconda dei
nostri periodi personali siamo più o meno ricettivi alle influenze altre.
Diciamo comunque Luzi per la ricerca introspettiva che tocca livelli altissimi
ed anche per l`uso del verso, della sintassi; quindi sia da un punto di vista
del contenuto sia da quello formale. Eliot per la genialità con cui tratta la
poesia e la formazione di sovra e sottostrutture, non tralasciando tra l`altro
i contributi teorici dei saggi critici. Salinas per
la ricerca della parola esatta e per la concezione della Poesia come forma di malentendu per
cui ogni poesia scritta, termina ma non finisce, cerca un`altra poesia in se
stessa, in chi scrive, in chi legge, nel silenzio.
Sì, in effetti chi scrive è sempre
debitore di chi ha scritto prima di lui e a volte diventa difficile dire chi
più di tutti ha esercitato il suo influsso. Prima di passare all'ultima domanda
mi sembra logico chiedere i tuoi programmi, vale a dire se hai in corso di
stesura una nuova raccolta poetica e magari avere un'anticipazione di quel che
tratta.
I miei programmi attuali
al momento sono focalizzati sulla nuova collana Plaquette de Il Foglio e sulla
lettura degli autori che stanno iniziando ad inviare i loro lavori. La mia
casella postale è sempre aperta. A settembre ed ottobre poi ho in previsione
alcuni reading e presentazioni. In quanto ad una eventuale nuova
raccolta poetica ho già iniziato
a lavorare su un progetto ma allo
stato attuale non sono altro che
frammenti, ho difficoltà io stesso a darti una qualsiasi anticipazione
programmatica.
Giusto, non anticipiamo i tempi, soprattutto in un'intervista in
cui il tempo è stato un tema cruciale.
Ti ho già rivolto dieci domande, ma molto probabilmente non quella
a cui maggiormente ti sarebbe piaciuto rispondere. Lo so per esperienza che si
ha sempre un sogno nel cassetto e cioè parlare di qualche cosa a cui si tiene
molto e che spesso invece l'intervistatore ignora e quindi finisce con il
restare lì, ancora in attesa di altre opportunità. Quello che ti sto dicendo è
che se hai una domanda – e assai probabilmente l'hai – a cui tanto terresti,
puoi fartela tranquillamente e, ovviamente, fornire la risposta.
Ti rispondo volentieri.
C'è una frase in “Equinozio”, il delirio
è conoscere già il cammino, ecco se la domanda fosse ‘quale cammino
vorresti intraprendere?' risponderei che il mio desiderio è di avere la
possibilità di esplorarne il più possibile, non fermarmi mai, non diventare una
stalattite d'uomo.
Grazie Giulio per la piacevole conversazione e tanti auguri per
questa tua ultima raccolta.
Equinozio di girasoli
di Giulio Maffii
Prefazione
di Vanessa Vallascas
Edizioni Il Foglio Letterario
www.ilfoglioletterario.it
ilfoglio@infol.it
Poesia
Collana
Plaquette Poesia
Tascabile
– 11,5 cm.
x 16,5 cm.
Pagg.
100
ISBN:
9788876062377
Prezzo:
€ 6,00