L'intervista
di Katia Ciarrocchi a Michele Lupo, autore de I fuoriusciti. Storie di fughe, ritorni e
trascurabili vendette, edito da Stilo.
- “Michele Lupo, critico letterario, scrittore, insegnante e quant'altro
la sua creatività necessità di confrontarsi”, sintetizzando ti presenterei con le parole
sopracitate, ma mi chiedo: se Michele Lupo si dovesse raccontare come lo
farebbe?
Critico letterario direi di no, leggo
libri e mi limito a tenerne una qualche traccia. Per quanto mi riguarda, temo
di essere un nevrotico che cerca di trovare scampo nella scrittura, propria e
altrui.
- Non sei nuovo dell'editoria, hai in attivo un
saggio su Boccaccio e un romanzo L'onda sulla pellicola: come ti rapporti con le case editrici, cosa pensi dell'editoria a
pagamento?
Con le case editrici è una fatica di
quelle eroicomiche. Molti non sanno fare il loro mestiere, nemmeno promuovere
ciò che fabbricano. La cosa più comica di tutte è l'assillo con cui cercano di
classificarti: ben prima di decidere se la tua scrittura è buona oppure no
debbono capire come potrebbero piazzarti. Poiché io sono inclassificabile,
capisci che le difficoltà aumentano… Poi ci sono quelli che non solo ti
chiedono soldi ma pretendono pure per contratto che tu faccia lo scemo in giro,
in modo da attirare l'attenzione. Una volta, negli uffici di un editore romano
ho provato a farlo con sua moglie ma non ha apprezzato – lui.
- Scrivere Boccaccio, uscendo della retorica, non è
cosa facile. Come nasce il tuo saggio su Boccaccio?
Dalla tesi di laurea. Amavo il comico.
Leggevo Bachtin. Pensai che fosse un modo, il carnevalesco
– categoria allora declinante ma ancora spendibile nei sonnolenti ambienti
accademici – per tirar fuori “il boccaccesco in Boccaccio”, come scriveva Guido
Almansi, ossia il suo proprium, benché tenuto fuori dalle aule scolastiche. Bachtin e Foucault e Bataille
come lasciapassare per ricordare che nel Decameron innanzitutto e perlopiù si scopa. Furono tutti
contenti. Vittore Branca – un'autorità mondiale in materia – mi inviò una
lettera che conservo gelosamente in cui registrò che avevo scritto le parole
definitive sul parodico in Boccaccio. C'est tout.
- Alain Elkann, scrittore e giornalista, ha detto: “Chi ha letto dei libri e ha il gusto della lettura
certamente si trova meglio di chi non li ha letti, perché leggere libri è come
laurearsi continuamente, come continuare ad andare avanti, a studiare, a
conoscere, nulla ti insegna più dei libri.”
Credi sia fondamentale leggere per
divenire un buono scrittore?
Mi pare il minimo. Se vi sono eccezioni,
appartengono al calcolo delle probabilità.
- Recensisci libri importanti, le tue letture non
sono mai banali e riesci ad essere critico rispettando sempre l'autore; come ti
poni, tu scrittore, dinanzi alle critiche soprattutto se negative?
Medito. Porto pazienza.
- Quali letture credi fondamentali per la formazione
di uno scrittore?
Ognuno ha le proprie. È utile anche la
lettura dei cattivi scrittori: quando un libro non ti convince, impari quello
che non devi fare.
- Ti metti in competizione, – perché il mondo
dell'editoria è una competizione non facile viste le uscite annuali di libri -,
con una raccolta di racconti, I fuoriusciti,
non credi possa essere una scelta azzardata visto che i lettori preferiscono in
gran lunga romanzi a raccolte di racconti?
Negli anni ho scritto un po' di racconti
e ora mi era venuta voglia di metterne insieme qualcuno. Leggo e scrivo da
tempo, il rischio lo conosco. A fine anno, la Edilet
pubblicherà un racconto lungo – o romanzo breve, non saprei bene come
definirlo. In mezzo, spero per maggio, un romanzo vero e proprio, il cui passo
forse mi si addice di più.
- C'è un abisso, narrativamente
parlando tra “Gatti
del sud” e “Ego te absolvo”, sia stilisticamente che nella trama, mentre il
primo è un racconto che vive e permette al lettore di viverlo, il secondo
sembra più un flusso di coscienza. Non credi che questa differenza di
narrazione sia penalizzante? Con quale criterio hai scelto i racconti da
inserire nella raccolta?
Ne ho proposti una decina all'editore e
lui ha fatto delle scelte – non le ho condivise completamente, ma abbiamo
trovato un punto d'intesa. Approfitto della tua osservazione per farne una a
mia volta – ribadita più volte. La differenza di lingua, tono etc è per me tutt'altro che accidentale. Per me, sono la
storia e i personaggi a fare lo stile, non l'autore. Si dice che uno scrittore
debba trovare la propria voce – è un assunto un po' specioso. Dipende dal
libro. Se riesco a sparire dietro un personaggio, credo di aver lavorato al
meglio. Cerco la sua voce, non la mia. Poi può darsi che la sua e la mia si assomiglino,
succede suppongo ne L'onda sulla pellicola, il mio primo romanzo, e probabilmente ancor più
nel terzo, che sto rivedendo. Se non avessi la possibilità di giocare con
queste voci per farne emergere una qualche verità profonda, non mi divertirei.
- Ne I fuoriusciti
penetri la mente umana, soprattutto in personaggi “contrari, usciti”,
descrivendo paturnie e disordini inerenti al mal di vivere. A tuo avviso cos'è
capace di fare la mente umana se lasciata libera di agire?
Nel peggio non le è precluso nulla, lo
insegnano i ducetti e le maggioranze silenziose che
li appoggiano – i criminali disperati e soli possono essere più dignitosi. Nel
meglio nemmeno, ma questo vale per i pochissimi che hanno concepito
l'inconcepibile. Al riguardo vorrei dire che bisognerebbe avere rispetto per la
vera grandezza (l'ammirazione oggi sembra fuori portata). Mi pare che la
democrazia liberale – almeno in Italia, se v'è mai stata – abbia appiattito le
differenze non meno di quanto abbia fatto il socialismo reale, solo che così la
vanità di ognuno può farla da padrona. S'inventano grandi scrittori da tutte le
parti, ma se ne citi uno grande davvero ti dicono, i nostri che tali si
credono, che guardano l'Isola dei famosi. Questo modo
di credersi snob è una cosa da idioti.
- Qual è la più grande aspirazione di Michele Lupo,
ma soprattutto cosa vuol trasmettere al lettore?
Raccontare personaggi indimenticabili,
anche pessimi, ma possibilmente più vivi dei troppi mai nati che ci circondano.
- In cantiere hai un secondo romanzo, Rosso in fuga, cosa ci anticipi?
Una gran brutta storia. Anzi, due in una, e altre limitrofe. Sottobosco editoriale e sentimenti
estremi. Humour nerissimo più che noir: un'ilaro-tragedia, con tutto il riguardo
possibile per l'inarrivabile Giorgio Manganelli.
Grazie Michele per la disponibilità che mi hai riservato. Sono
certa che “I fuoriusciti” non
mancherà di entusiasmare raggiungendo così il meritato successo.
I fuoriusciti.
Storie di fughe, ritorni e trascurabili
vendette
di Michele Lupo
Stilo Edizioni
Narrativa raccolta di racconti
Collana Nuovelettere
Pagg. 130
ISBN 9788864790251
Prezzo € 10,00
Katia Ciarrocchi
www.liberolibro.it