Laura Liberale.
Intervista
Madreferro. Saga familiare minima
a cura di Iannozzi Giuseppe
PerdisaPop
In libreria dal 6 giugno 2012
Laura Liberale su Facebook
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1) Prima di quelle che saranno delle
domande un po' particolari, in alcuni casi forse fastidiose e/o impertinenti,
cara Laura Liberale,
ti porgo ora una richiesta semplice: in quanto
autrice, come si è evoluto il tuo modo di scrivere dopo il tuo esordio
letterario con Tanatoparty (Meridiano Zero)? Sei passata da un lavoro di pura fiction
a uno che è, a mio avviso, in parte autobiografico e confessionale, e solo in
minima parte di finzione.
Tanatoparty,
come ben sai, ha avuto tre diverse stesure. In Madreferro,
invece, la narrazione è fluita, da subito, quasi definitiva nella sua totalità
(una breve totalità – anche stavolta – visto che il
racconto lungo, o romanzo breve che dir si voglia, mi è congeniale). Forse è
stato per via del tema (elementi autobiografici, sì, liberamente romanzati),
forse anche grazie a una maggiore sicurezza circa i miei mezzi, ma mi sento di
dire che c'è stata sicuramente una maturazione.
2) Madreferro è edito dal Gruppo Perdisa Editore,
nella collana Arrembaggi diretta
da Antonio Paolacci.
Sarà in libreria a partire dal 6 giugno. Madreferro è una saga familiare minima:
leggendo Madreferro
mi sono tornati in mente Aspetta primavera, Bandini di
John Fante, Le correzioni
Jonathan Franzen, La
casa degli spiriti di Isabel Allende. Tuttavia qualcosa non mi
torna: perché “minima”?
Perché non ha le
dimensioni della saga! Ecco, ossimoricamente, è una
saga minima, ridotta.
3) Citi James Hillman:
“Ma forse la guarigione può iniziare soltanto quando ci saremo lasciati alle
spalle il mito della madre.” È dunque Madreferro un romanzo che
parla di una guarigione interiore, dell'affrancamento da quella “teoria” che
“attribuisce” un “potere fatale” alla Madre?
Ho molto amato Il Codice dell'Anima di Hillman, da cui ho tratto la citazione.
Madreferro
parla di miti personali e collettivi, di destino e vocazione, di chiamata. Non
c'è guarigione per la protagonista, ma per me c'è stata sicuramente, in corso
d'opera, la chiusura di alcuni conti aperti, una scrittura “fattiva”,
“performativa”: parola-atto quasi rituale.
4) Citi inoltre Robert Pogue Harrison: “Vi sono dei momenti in cui c'è bisogno
dell'aiuto dei morti”. E Madreferro parla anche dei tuoi morti, dei tuoi
antenàti. Chi sono i morti, i tuoi morti?
E: è, a tuo avviso, possibile liberarsi una volta per tutte
della necessità di chiedere l'aiuto dei propri àvi?
I miei morti sono ciò che
io sono e ciò a cui mi ribello, ciò che mi fonda e ciò
da cui devo affrancarmi.
Pogue Harrison ha scritto: “Se il campo d'azione dei
morti si limitasse ai nostri geni, la storia sarebbe più semplice e senza
dubbio più assennata; ma male o bene che sia, i morti non si accontentano di
abitare solo nei nostri geni, perché i geni non sono
mondi, e i morti cercano soprattutto di condividere i nostri mondi”.
È questo il punto: onorare tale condivisione.
5) In Madreferro ci sei (anche)
tu, Laura Liberale.
Credo questo sia innegabile. Sei tu che torni là dove sei nata e la gente ti ha
visto crescere per poi andare via. Torni in quei luoghi per iniziare una
ricerca: “[…] forse sono tornata per scoprire, fra queste, la mia imprimitura
più vera, seguendo la mappa realizzata da un'altra donna, Georgina
de Martignac”. Che tipo di eredità, tutta da
decifrare, ti ha lasciato Georgina?
Dai per scontato che Georgina e il suo bell'album di disegni non siano pura
invenzione…
E fai bene! Ma ho cambiato un po' le carte in tavola.
Per Laura personaggio e voce narrante, l'eredità di Georgina
è appunto una sorta di “mappa” per il ritrovamento e la ricostruzione di sé.
Per Laura autrice è un'eredità di bellezza, un oggetto che non poteva
assolutamente restare escluso dal suo mondo narrativo.
6) La genesi di Madreferro: quanta fatica e
ricerca ti sono occorse per dare forma compiuta a
questo non facile lavoro? Come hai lavorato?
In realtà è stato molto
più facile che lavorare a Tanatoparty. E c'è voluto anche molto meno
tempo. Le pagine in corsivo appartenenti al ventunesimo giorno narrativo sono
nate per prime, di getto, poi è venuto tutto il resto. Il germe del romanzo
risale comunque a molti anni fa: un racconto breve, “La poltrona (una strega
per ogni bambina)”, con cui nel 2001 vinsi il concorso
“ON WRITING-LEGGETE E SCRIVETE”, lanciato dalla casa editrice Sperling & Kupfer in collaborazione col Corriere della Sera online. Ho ritenuto che la
storia meritasse uno sviluppo, che alcuni scheletri dovessero essere tirati
fuori del tutto dall'armadio. C'era bisogno di risarcimento e di pacificazione
(fra vivi e morti).
Quando ne ho parlato con Antonio Paolacci
di Perdisa, mi sono espressa così: “È una mitopoiesi
familiare con sconfinamento nel fantastico. La storia di un ritorno. Ritorno a un piccolo paese della campagna canavesana,
in Piemonte. Una saga familiare minima, condensata massimamente. Il tentativo di recuperare uno spaesamento interiore, un
estraniamento al limite della patologia, proprio col ritorno concreto al PAESE,
alle radici. Buchi di storia generazionale, il
taciuto, il celato, il dissimulato, il narrato di famiglia riconsegnati a se stessa,
dalla protagonista, bambina-donna, in forma di cupa leggenda scritta col
suo primo sangue, in bilico fra realtà e immaginazione. È la mia fascinazione
per la Magna Mater, il Femminile nella sua ambivalenza, benevolo e malevolo a
un tempo. È un affondo ctonio, nei recessi corporali, umorali, attraverso una
lingua fortemente cesellata”.
7) Antonia De Alberto e Francesca Viglone. Nel tuo romanzo ci sono anche loro, in tempi remoti accusate d'essere delle masche. Furono dette le streghe
di Levone. Contro di loro 55
capi d'accusa. Moriranno entrambe sul rogo il 7 novembre 1474. È questa una
storia antica e non poco particolare, sono difatti coinvolte delle masche.
Chi erano le masche piemontesi? Come sei incappata nella
storia di Antonia e Francesca, e, soprattutto, che ruolo rivestono all'interno
di Madreferro?
I destini infami delle donne (e non
solo donne, naturalmente) accusate di stregoneria è un
tema di grande interesse per me. Sono stata particolarmente colpita, poi, dalla
tristissima vicenda di Antonia e Francesca perché Levone
(che fa parte della Comunità Montana Alto Canavese) è
uno dei luoghi della mia infanzia, essendo limitrofo al paese natio di mia
nonna, la “piccola nutrice di serpenti” del romanzo. Nella storia di queste due
donne sono incappata leggendo un testo: “Quando il Piemonte bruciava le
streghe”, di Delfina Sissoldo Fiorini, Daniela Piazza
Editore. Inserendole nel romanzo ho voluto onorarne la memoria.
Il termine “masca”, che in Piemonte vale “strega”, ha
forse un'origine francese, e nelle fonti medievali si accompagna spesso alla parola “stria”, di più non
so dirti.
8) Meo. Chi era Meo? “Una delle due sorelle,
la maggiore, ti prende per mano e ti porta via. Ven cun mi,
ti dice con un raschio di voce, e tu la segui di sopra. Si siede sul tuo letto,
ti guarda rapace, sotto la crocchia ha un ghigno, l'occhio è solo
razzia, depredazione. Si denuda il petto, si soppesa le grosse mammelle,
se le stropiccia fissandoti, poi solleva la gonna e allarga le gambe. Non porta
mutande, le calze nere sono arrotolate al ginocchio. […]
E tu, Meo? Tu vedi ciò che non
avresti dovuto vedere e che potresti andare a raccontare nei paesi vicini, per
questo si sbarazzeranno di te nel modo più semplice, facendoti internare”.
Un personaggio di pura
fantasia.
9) E Daniele, chi è stato per te Daniele?
In Madreferro
lo ritrai come un tuo ex, che gli anni hanno rovinato, forse perché tu lo hai
abbandonato a sé stesso, lasciandolo in balia della
sua fragilità.
È un ex della voce
narrante, che, come ben sai, può coincidere solo
parzialmente con la persona reale dello scrittore.
Per le confidenze e le rivelazioni ti do appuntamento
in privato…
10) In Madreferro ci sono anche dei
non poco taglienti accenni alla sinofobia. Alcuni
italiani nutrono davvero un sentimento anticinese? Per
quali motivi?
Penso
ai cortei anticinesi che certi movimenti nostrani di estrema destra s'ingegnano
a organizzare, ma soprattutto a un sentimento largamente diffuso, un
ragionamento temibilmente semplicistico che ho
cercato di sintetizzare nelle parole meschine e superficiali di uno dei miei
protagonisti: “Quelli arrivano con le loro conigliaie
familiari e le borse piene di soldi. Approfittano della
crisi, comprano in contanti da chi non riesce più a tirare avanti e coi prezzi stracciati dei loro commerci ammazzano qualsiasi
concorrenza (…) Sono loro il pericolo. Mimetici, resistenti,
inafferrabili”.
11) C'è un'urna con dei fiorellini… Hai
voglia di parlare del dramma, del mistero, delle ceneri che questa
urna contiene?
Nel romanzo è un'urna
doppia, contenente le ceneri di entrambi i genitori. Nella realtà è quella di mio padre, morto nel 2004. Ma di questo abbiamo
già parlato, Giuseppe, e lungamente.
12) “Penso a mia nonna occhigrigi,
nata poco lontana da qui, al serpente inoffensivo che da bambina nutriva a
latte, la ciotola posata sotto l'albero, lei accucciata ad aspettare che quello
uscisse, finché sua madre la scoprì e glielo ammazzò a bastonate”. A tuo
avviso, Laura, perché il serpente, dalla notte dei tempi, viene
identificato con il Male, con la corruzione dell'animo umano?
Al
di là degli immediati riferimenti all'astutissima
bestia tentatrice del libro della Genesi o al dragone – “il serpente antico” –
dell'Apocalisse, e senza andare a indagare le mie reminiscenze iconografiche e
mitologiche relative ad altri ambiti culturali, mi viene da risponderti,
abbastanza banalmente: perché è una creatura sotterranea, mutevole, velenosa e
decisamente brutta. È più o meno quel che ti direbbe
un bambino. Ma i miti non sgorgano forse dall'Infanzia
aurea dell'Umanità?
13) Credi nelle streghe e, più in
generale, nel mondo dell'occulto? Motiva la risposta, per cortesia.
Solo in quelle della
Rowling. Il mondo dell'occulto mi affascina da sempre, così come mi affascinano
i miti e le leggende, ma giuro che quando stavo a
Torino non ho mai frequentato circoli esoterici…
14) Nutri fede in un credo religioso?
Credi che l'uomo abbia un'anima immortale e che non sia una semplice macchina
biologica?
Non nutro alcuna fede in
un credo religioso particolare, ma spero in un senso e in un compimento.
15) In Madreferro parli di un
piccolo cimitero. Che valore hanno oggi le tombe per chi ha perso i propri
affetti? Sono ancora validi quei versi di Ugo Foscolo che
cantava: “Proteggete i miei padri. Un dì vedrete/
mendico un cieco errar sotto le vostre/ antichissime ombre, e brancolando/
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,/ e interrogarle […]”.
Mi tocca citare di nuovo Pogue Harrison: “Perché fintanto che pensiamo alle nostre
abitazioni, alle nostre città e nazioni solo come luoghi in cui vivere, e non
come posti in cui morire, quelle stesse case, città e nazioni non potranno mai
diventare vere case (…) Una casa è un luogo di
chiusura nell'apertura della natura, dove i morti, grazie alle attenzioni dei
vivi, continuano a condurre la loro vita postuma e promuovono gli interessi dei
non ancora nati”.
I cimiteri sono un'estensione della “casa”, luoghi di cura e di relazione.
Quando mi reco in un nuovo posto, cerco sempre di visitarne il cimitero,
soprattutto se monumentale o particolarmente vetusto. Anzi, ti anticipo qui che
sono in cerca di editore per un'antologia di racconti che sto curando… racconti cimiteriali (e non di horror si tratta!).
16) Venerdì 11 Maggio
2012, Madreferro
sarà presentato in anteprima al Salone del libro di Torino: hai già una qualche
idea di quello che dirai?
Solo a grandi linee.
17) Posso dire che Madreferro è un romanzo di gran lunga superiore al tuo precedente Tanatoparty,
o in qualche modo ti reco offesa?
Fortunatamente i romanzi
non si offendono, e io, come persona, mi impegno
sempre a prendere una sana distanza dai giudizi espressi sul mio lavoro.
Comunque lo credo anch'io. In termini di autenticità, di
consapevolezza, di pensiero e scrittura.
18) Qual è la differenza sostanziale fra
fiction e Letteratura (o cultura alta, come qualcuno ama definirla)?
Non mi piace
questo manicheismo, Giuseppe. A parer mio, la distinzione andrebbe fatta solo
tra buona e cattiva scrittura, tra potenza e debolezza espressiva, tra opere
“sorgive” e semplici paraculate di mercato.
19) Dopo due romanzi all'attivo, diverse
raccolte poetiche, traduzioni e molto altro ancora, hai
già delle idee in merito ai tuoi progetti futuri?
Per fartela proprio
breve, sto lavorando a un terzo romanzo, aspettando la grazia
di nuove poesie, e ho in ballo delle registrazioni musicali a cui tengo
molto.
20) Grazie infinite, Laura Liberale. Le
domande non erano poche e soprattutto non erano facili, e alcune – non lo nego
– erano un po' fastidiose. Per mia esperienza, posso dire che non tutti
avrebbero avuto il coraggio di rispondere. A Te, Laura, ogni
bene in campo professionale e personale.
Contraccambio, Giuseppe
caro.
Laura
Liberale è nata a
Torino nel 1969 e vive a Padova. Studiosa di Religioni e Filosofie dell'India e
dell'Estremo Oriente, dopo la laurea ha conseguito il titolo di Dottore di
ricerca in Studi Indologici. Dal 2006 tiene corsi e
seminari di scrittura creativa. Autrice di saggi indologici,
insegnante e bassista, ha ottenuto riconoscimenti in
svariati premi di poesia e narrativa.
Nel 2009 ha
pubblicato il suo primo romanzo, Tanatoparty (Meridiano Zero) e la silloge poetica Sari – poesie per la figlia (d'If); nel 2011, la raccolta di poesie Ballabile terreo (d'If).
È inoltre tra gli autori di Nuovi
poeti italiani 6, a cura di Giovanna Rosadini
(Einaudi, 2012).
Madreferro. Saga familiare minima – Laura Liberale
– PerdisaPop – Collana Arrembaggi
diretta da Antonio Paolacci – pagine 152 – Isbn 978 88 8372 584 5 – euro 10,00
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