La
caduta di Bisanzio –
Alessandro
Rivali – Jaca Book – Pagg. 134 – ISBN 9788816520394
– Euro 14,00
“Il
vento trascinava città/ e disperdeva eserciti…”
Una
donna non l’avrebbe scritto -mi dico- e donne, eccetto rari
riferimenti a qualche vittima non ce ne sono in questa poesia. Perché
protagonisti della storia fino a qualche decennio fa e per tutti i
millenni passati, sono stati gli uomini; e Alessandro Rivali è
ispirato dalla storia. Sulla falsariga dell’epica antica, ma
anche di Erza Paund, Rivali mette in versi i principali eventi
storici delle diverse civiltà, muovendosi nello spazio e nel
tempo senza un ordine preciso. E’ il lettore che deve
contestualizzare l’evento narrato tramite ricerche personali,
ripercorrendo anche lui la storia. Poesia colta di chi con la ragione
ha studiato e si è formato sui documenti storici e con il
cuore ha generato visioni poetiche impressionanti. Creta, Bisanzio,
Pompei, Santorini, la guerra di Spagna, villa Adriana, il genocidio
armeno, le visioni di Jaun de la Croce e quelle di Ezra Paund,
l’Eldorado, Persepoli, la Terra dei serpenti, la Terra di
Lamec, Atlantide, ma anche i Sacrari italiani sono i temi
ispiratori dei vari testi che compongono la raccolta, insieme alla
crudeltà, alla spietatezza e alla follia umana.
E
finalmente “la follia che ci abita” è presentata,
senza remore e giri di parole, nella sua esplosione e in tutta la sua
crudezza:
“…Iniziarono
a scorticare dalla testa,/disponendo le orecchie recise/sul catino
per i denti dei cani./La carne staccata continuava/A fremere alla
sferza del sole.” (pag. 26)
“Ventimila
alberi scuoiati/perché ventimila prigionieri/agonizzassero sui
pali…” (pag.27)
Anche
di fronte allo splendore di Villa Adriana, l’autore non può
fare a meno di pensare a tutte le vittime occorse per produrlo:
“nessuno
svelò il tumulto/dei formicai sotterranei, l’intrico/delle
gallerie sotto il porfido,/gli schiavi votati al buio,/lumache
sospinte nella calce (pag.21)
Ricorre
la figura del drago in varie e diverse situazioni, un simbolo per
Rivali, del male, della guerra e della perfidia umana.
Leggendo,
sembra che le più tremende efferatezze vengano presentate
senza un giudizio da parte dell’autore, tanto che ho proseguito
la lettura con molto interesse ma anche molta perplessità.
Eppure,
mi dico, Rivali pare sia cattolico. Come tale dovrebbe rifiutare in
toto i valori delle antiche civiltà fondati sulla guerra e
scegliere quelli fondati sul pacifismo. Invece mi sembra che, tra
inni ai profeti e ai mistici, il pacifismo latiti:
Sono
rossi gli occhi dei mistici/Metti la lingua nella loro
brace:/muoverai le sorgenti dei secoli.
Ma
poi, a poche pagine dalla fine, ecco i versi chiave (per me lettrice)
che illuminano e danno giustificazione a tutta la materia del libro:
Al
termine del deserto
vide
colui che fu morto e visse,
che
parlava con dolcezza
di
cieli e terre e tutte le cose
in
luce finalmente nuova.
E’
alla luce nuova che Rivali spera dunque possa giungere l’umanità,
ma sa che sarà molto difficile da conquistare perché in
noi tutti, sempre parlando per simboli, come diceva Quasimodo,
ribolle l’eredità di Caino.
E
non è un caso che dieci anni dopo, proprio in questo periodo,
l’autore abbia pubblicato una nuova raccolta di poesia
intitolata LA TERRA DI CAINO.
Franca
Canapini
https://lieve2011.wordpress.com/
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