Storia
di un numero – Davide Rossi – Rossini
(Rende) – Pagg. 219 – ISBN 9788831469814 – Euro
13,99
Trama:
Un
numero non è fine a se stesso: ha un’esistenza, una
storia, un inizio e una fine. Un numero può essere umano,
vivere e morire. In una contemporaneità corrosa dalla malavita
e dall’opportunismo, Kenny nasce in un piccolo stato africano,
flagellato dalla povertà, messo in ginocchio dalla corruzione,
dimenticato e disprezzato dagli stessi esseri viventi. Condizioni
disperate per chiunque abbia un minimo di misericordia per se stesso,
difficilmente sopportabile per la sua natura estrema che si impone
nella quotidianità sugli esseri viventi. La sua infanzia la
trascorre a osservare il mondo che gli ruota intorno, che ansima,
grida, muore, violento e insensato. Lui scruta, annota, studia e
prova a conformarsi, ad adeguarsi alla realtà, che cruda e
violenta si manifesta, investendolo senza freni: la sparizione del
padre, il trasloco in un’altra zona, la morte della adorata
zia, la presunta anormalità. A confortarlo e a salvarlo dalla
solitudine c’è lo studio, i pensieri, vivaci e senza
limiti, la curiosità verso l’ignoto e la natura.
Camaleonte decide di adattarsi, di vivere secondo i canoni imposti
senza rischiare, coltivando un’irrazionale voglia di
responsabilità. Ciò non lo salva dai suoi simili,
spietati e potenti, che lo costringono a scappare via dalla sua
terra, verso un ignoto chiamato Europa. Un viaggio lungo e
pericoloso, attraverso posti incantevoli abitati da personaggi senza
scrupoli, poveri diavoli, disperati, dalla sopravvivenza e dalla
morte. Storie di tanti numeri uniti nella speranza di una
resurrezione e dall’infame destino di rappresentare solo delle
anonime cifre. Un percorso lungo, attraverso deserto e mare,
prigionia e amore, fra carcasse umane e di civiltà.
Riflessioni:
Quando
parliamo di immigrazione non andiamo al di là delle difficoltà
che possa avere un paese nell’accoglienza, certamente argomento
complesso e che aprirebbe un dibattito politico non indifferente, e
ci perdiamo la parte umana e le difficoltà, la
spersonalizzazione che vivono i protagonisti dei “viaggi della
speranza”.
Quanto costa la realizzazione di un sogno, il
sogno di sfuggire a una vita di soprusi e difficoltà? Cose che
magari, per sua fortuna, il protagonista non viveva nel suo
quotidiano, ma la speranza di una vita migliore, di un futuro diverso
da uomo libero in un paese diverso lo porta ad affrontare il viaggio
che attraverserà l’Africa precorrendone la parte più
brutta quella della corruzione e malvagità.
Davide Rossi
ci accompagna per tutto il viaggio del protagonista, che non sarà
solo un viaggio fisico con tutti i suoi dolori, ma e soprattutto un
viaggio psicologico ed emotivamente devastante.
In “Storia
di un numero”, si avverte l’urgenza dell’autore nel
voler diffondere una realtà che va al di là della
politica e dell’accoglienza, che va al di là di un
numero come catalogazione di un essere umano, ma questa urgenza,
penalizza la narrazione che è poco coinvolgente.
Citazioni
tratte da: Storia di un numero
Mentre
si allontanava, e io lo guardavo, rideva.
Si
girò e mi disse «Sai cosa ti serve per partire?».
«I
soldi?» risposi.
«No»
ridendo «quelli servono a chi non ha il cervello». Mi
allungò una vecchia valigia di finta pelle, nera, tagliata in
più punti, scolorita. «Prendila, e riempila di tutte le
tue speranze. Questo è tutto quello che ti serve. Speranza e
tenacia». Si allontanò. «Addio» mi disse
sparendo nella polvere.
Un
seme viene trasportato dal vento, dagli animali e dagli esseri umani.
Quattro attecchisce nel terreno germoglia e poi cresce. Parte del
mondo, si nutre con ciò che la terra gli offre.
A
dieci anni abbandonare le piccole sicurezze senza aver deciso o
scelto, è difficile. Ciò ti porta a vivere
un’esperienza di rottura rispetto al passato.
Fango
come catarsi, via di fuga e catalizzatore verso se stessi, ciò
che spaventa.
Eppure
quella bara era troppo piccola per contenerla. Troppo. Lei era tanto,
troppo per essere contenuta in quella cassa di legno. Era il suo
primo battito e gli occhi della madre, era i giochi sulla terra arida
e sul fango, era nel suo primo amore, era nelle guerre e nella fame,
era nel matrimonio, nei suoi viaggi. Mia zia era coraggio, passione,
testardaggine, chiacchiera… Tutto questo non poteva essere
contenuto lì dentro.
Rompi
l’involucro, abbatti le barriere, scaccia via le paure e le
ansie. Respira a pieni polmoni la vita, calda e impetuosa, annegando
dolori e incertezze. Crescere è come abbandonare, esistere
nonostante tutto.
Sognatori
destinati a essere schiacciati dalla cruda realtà.
La
malattia non è una nostra scelta. Nessuno sceglie di
ammalarsi. L’unica cosa di cui ci ammaliamo, giorno dopo
giorno, è di vita. Io bramo di vita. Eppure, ragazzo, arriva
il giorno, per tutti, che questa brama, la voglia, svanisce. La
malattia ragazzo mio è ciò che porta alla fine di
tutto. La malattia di un altro, o la tua, poco cambia, ma alla fine
la causa è la malattia. Ho capito che noi non ci scegliamo mai
il destino, lo subiamo.
…
tutto
ciò che hai è quel che sei, allora ti rendi conto che
c’è qualcosa che non va nel mondo.
Il
tempo è la chiave, il pensiero la serratura. Devi pensare che
non hai tempo, allora agirai sempre d’impulso nella vita,
aggirando le paure.
Aspettavamo
un’occasione, l’opportunità giusta che la vita
ogni tanto concede, quella irrinunciabile.
Il
potere è una malattia, ti uccide lentamente e si prende
possesso di te.
…
quale
terrore avranno dovuto vivere quelle persone. Quante prove, quanta
paura. La disumanizzazione a cui vai incontro non la puoi insegnare a
nessuno. Non la leggi, e anche i racconti dei superstiti mancano di
dettagli fondamentali, mancano di immagini abbinate a sensazioni.
Queste cose le puoi vivere solo sulla tua pelle.
IL
nostro arrivo fu filmato e trasmesso in diretta nelle case del popolo
italiano. Fu così che mentre noi respiravamo a polmoni aperti
quell’incredibile sensazione di libertà e di sicurezza,
molti rabbrividivano nelle loro case. Qualcuno, seduto al tavolo con
tutta la famiglia, riservava contro il televisore la sua rabbia.
Altri si commuovevano per la nostra salvezza. Un giornalista scriveva
di quanto fosse fiero di essere italiano un altro incitava i
cittadini a ribellarsi contro questa invasione. La politica si
nutriva degli umori generali, promettendo soluzioni per entrambi le
fazioni. Alla fine di tutto questo caos c’erano gli esseri
umani, con le loro paure e i loro desideri. Tanto diversi per
provenienza, religione e razza, quanto uguali nell’anima.
Bianchi e neri, su quella spiaggia rocciosa, si confondevano, stretti
nel loro desiderio in un domani migliore.
Katia
Ciarrocchi
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