Poesie
future -
Carla Malerba - Puntoacapo Editrice,
2020
Ho
seguito il percorso artistico di Carla Malerba attraverso la lettura
di alcune raccolte di versi, “Luci ed ombre”, “Creatura
d’acqua e di foglie” e “Di terre straniere”.
L’ultima sua opera, “Poesie future”, mi ha dato la
sensazione di rottura a con le opere del passato ed il titolo stesso
ne sottolinea la novità. Non più ricerche formali, ma
la conquista di uno stile proprio, dove la parola esprime tutta la
purezza del suo significato.
E
i versi che aprono la raccolta sono come un manifesto della nuova
poetica:
Cercherò
la parola mare
Per
quante volte l’ho scritta
Cercherò
di non farmi dominare
Dalla
perversità della rima
O
dalle immagini aperte.
Meglio
la chiusa parola
Che
travesta il mistero
Meglio
celare il pensiero
Di
ciò che tocca a ciascuno.
L’autrice
va dichiaratamente alla ricerca di una lingua diversa, che esprima
nuovi contenuti e significati, pur con l’uso di parole comuni
al linguaggio poetico, come la parola “mare”. Un
riferimento a Montale, per il quale Carla Malerba nutre profonda
ammirazione? Ed ancora:
cercherò
di non farmi dominare/ dalla perversità della rima/ o dalle
immagini aperte.
Un
nuovo stile, quindi, dove gli artifici retorici siano controllati e
purificati fino a rendere l’immagine essenziale.
Anche
in “Poesie future”, come nelle altre raccolte, viene dato
particolare risalto al tema dello straniamento, un tema che ci
accomuna e che penso accompagni il percorso di vita di tante persone
che, staccate dalla terra natale, cercano invano una collocazione che
dia un senso autentico alla propria identità.
Nel
caso di Carla Malerba la terra natale è l’Africa ed il
distacco è stato doloroso.
In
“Luci ed ombre” il ricordo ha il tono forte
dell’esperienza autobiografica:
Ti
lascio, Africa mia,
i
tuoi colori,
il
suk chiassoso,
la
mia casa.
e
lo stesso possiamo dire per la poesia “Se fossi nata” che
fa parte della raccolta “Creatura d’acqua e di foglie”,
dove comunque si imprimono per la loro incisività i versi
emblematici:
Mia
madre è l’Africa,
già
madre di mia madre
In
“Di terre straniere” l’Africa diviene la
protagonista in alcune delle poesie che la compongono ed infatti la
raccolta è un omaggio dell’autrice alla sua terra che ha
dovuto abbandonare in seguito agli eventi drammatici del 1970.
Pubblicata nel 2010, è una commemorazione dovuta, ma anche
l’occasione per andare oltre alla pura esperienza
autobiografica e sviluppare il tema dello straniamento. E lo stesso
titolo non potrebbe esprimere meglio la sensazione di non
appartenenza di chi si ritrova a vivere in un luogo che non è
quello della nascita.
Altra
vita era
quella
di cui poco
è
rimasto;
memorie
di strada
e
di volti,
gialla
la luce
della
sera
sulle
case,
nei
vicoli
canti
e richiami.
……………………….
L’unico
paese
che
mi è rimasto
è
il mio cuore
Chi
è stato sradicato dalla terra natale, vive ogni nuova
esperienza con un senso di spaesamento, di inadeguatezza al luogo ed
alle situazioni, sottoposto al ricatto costante della nostalgia per
ciò che non le appartiene più. Carla Malerba già
in questi versi supera l’esperienza biografica che diventa
pensiero, riflessione, attraverso uno stile ormai sapientemente
articolato e di cui è completamente padrona.
E
in “Poesie future” viene ripreso il tema dello
straniamento, della solitudine:
Ti
rammenti
La
terra natale?
Anche
se non era la tua terra
L’hai
amata come tale,
e
se non era il tuo
il
suo idioma,
lo
sentivi familiare.
E
sempre
Ti
segue forte
Una
solitudine amara,
un
doloroso straniamento.
I
versi scaturiscono rarefatti, in un linguaggio comune, colloquiale
che esprime perfettamente la purezza del pensiero, divenuto autentica
poesia.
Ma
nell’ultima raccolta il tema dello straniamento, al di là
dell’esperienza personale, si arricchisce anche di immagini di
estremo realismo:
Come
un’arancia la luna
questa
notte,
un’arancia
mezza nera
e
mezza d’argento.
Basta
che allunghi il braccio
Che
la uncini.
Così
bianca e nebbiosa
la
luna
Deve
sapere di trielina.
Non
lo sanno gli innamorati,
quelli
che si aggirano sotto gli alberi.
Pensano
che sappia di panna
la
luna
La
luna, paragonata all’arancia, nella sua concretezza immediata,
un qualcosa che ti illudi di afferrare, riesce a farci percepire
l’estraneità dell’uomo al mistero dell’universo.
“Oggi
nessun paese ho nel mio cuore”, con la dedica “Alla terra
di Libia”, ci riporta ai ricordi del passato che hanno lasciato
in lei la sensazione di sradicamento, di non appartenenza. E
l’immagine lapidaria: “Oggi nessun paese / ho nel mio
cuore”, la accomuna, nel suo sentire, ad Ungaretti.
“Se
vuoi ti cerco”, poesia che dà il titolo ad un’altra
sezione, rivela la novità di un linguaggio che è
colloquiale, prosastico e nell’uso delle parole semplici, piane
e dirette, l’autrice riesce a creare immagini di notevole
forza espressiva. Come non pensare a Pavese poeta?
Una
lettura nuova, direi, quella che “Poesie future” è
stata per me, che ho percepito il lungo e attento processo creativo
di C.M. che, partendo dalla lezione dei grandi, ne ha colto il
messaggio universale ed è riuscita a trasmetterne la purezza
attraverso i propri versi.
Non
a caso, nella sezione “Ritorni”, leggiamo questa poesia:
(ad
A. T.)
Se
tu potessi accompagnarmi
per
le vie della poesia
ti
chiederei di districare
le
mie parole
da
intrichi di rami
secchi
e distorti
di
rischiarare i miei occhi
fino
a trovare quella pacata
forma,
quei voli.
Hai
lasciato sul tavolo
parole
lievi e alte.
Andando
via
sei
rimasto
più
vero e vivo di altri.
Gabriella
Zito
Nata
in Sicilia, Gabriella Zito è sempre vissuta ad Arezzo, dove ha
insegnato lettere negli istituti di scuola superiore. Ha una
particolare predilezione per la musica classica, di cui ha
approfondito la conoscenza attraverso lo studio del pianoforte.
Considera la poesia la forma d’arte che più si avvicina
alla musica, per lo stretto rapporto tra i due linguaggi che si
integrano e completano a vicenda.
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